L'ex premier aveva chiesto al direttore del Fatto 500mila euro per i danni “morali, esistenziali, patrimoniali e non patrimoniali” causati dai gadget presenti sulla libreria del giornalista. Il Tribunale di Firenze ha dato torto al leader di Italia Viva, accusandolo anche di aver abusato dello strumento processuale
Costerà cara a Matteo Renzi la causa promossa contro Marco Travaglio per il celebre rotolo di carta igienica con sopra la sua faccia comparso in diretta tv alle spalle del direttore del Fatto Quotidiano. L’ex premier aveva chiesto ben 500mila euro per i danni “morali, esistenziali, patrimoniali e non patrimoniali” causati da quel gadget da scaffale e da una cartolina in cui il volto dell’ex premier era accompagnato da un segnale di pericolo e da feci. “Feci umane fumanti”, le aveva definite l’ex premier nell’atto di citazione. Ma ora a pagare sarà lui, perché il tribunale di Firenze ha stabilito che l’episodio non comportò alcuna diffamazione e che anzi Renzi, per aver abusato dello strumento processuale, dovrà risarcire Travaglio con 42mila euro, oltre ad altri 30.641 tra spese legali, oneri accessori e Iva.
La sentenza della giudice Susanna Zanda ricostruisce la vicenda dando atto del fatto che rotolo di carta igienica e cartolina non erano quasi nemmeno visibili durante il collegamento di Travaglio a Tagadà su La 7. Tant’è vero che nelle ore subito dopo la trasmissione nessuno aveva parlato in Rete o sui social di quel rotolo di carta igienica. Solo il giorno successivo erano iniziati a circolare, rilanciati dal quotidiano online Open, alcuni fotogrammi ingranditi in cui si riconosceva il volto di Renzi. E nemmeno si poteva incolpare Travaglio, che durante il collegamento non aveva detto nulla di diffamatorio, di aver posizionato quegli oggetti apposta dietro di sé per realizzare “una tecnica comunicativa ad hoc, finalizzata ad inviare messaggi mediatici particolari”, come avevano sostenuto i legali di Renzi. Quei gadget sono venduti su Ebay e Amazon anche con i volti di altri politici, ritratti “scherzosamente”. Oggetti non accostabili al concetto di diffamazione quanto piuttosto a quello di satira. “Le vendite di questi prodotti sono lecite – scrive la giudice – per cui è verosimile che trattasi di regalo o gadget recapitato a Travaglio e da lui riposto tra i vari regali nella sua libreria della stanza personale”.
E qui arriva la lezione di democrazia che la giudice dà all’ex presidente del consiglio: come ribadisce la Corte di giustizia europea, “la satira è espressione di libertà democratica e un uomo politico deve sempre tollerarla indipendentemente dal contesto di critica politica, mettendo in conto di essere sottoposto a caricature, accostamenti ridicolizzanti anche privi di significati politici ben precisi. La satira ai politici è l’anima della democrazia perché solo nei regimi totalitari la satira è vietata e gli uomini politici non possono essere rappresentati in forma satirica caricaturale e ridicolizzante”. Dunque, sottolinea la sentenza, “se anche si volesse intendere che in un’intervista televisiva si possa prescindere dalle parole dell’intervistato per dare valore, invece, agli oggetti posti in secondo piano e alla loro valenza comunicativa (…), resta comunque il fatto che un personaggio politico in uno stato democratico deve tollerare immagini satiriche della sua persona e del suo volto, anche impresse su gadget come quello di causa, perché solamente in un regime totalitario è vietato criticare o ridicolizzare un personaggio politico”.
E visto che in Italia non viviamo sotto un regime totalitario, Renzi deve accettare che il suo volto impresso sulla carta igienica o accanto a feci fumanti possa finire in diretta tv. “Farò l’elenco di tutti quelli che querelo e a cui chiedo un sacco di soldi di risarcimento, a cominciare da un direttore di un quotidiano che è andato in televisione con la mia faccia sulla carta igienica”, diceva tre anni fa Renzi mentre presentava uno dei suoi libri. “Pagheranno caro e pagheranno tutto”. Ma ora a pagare sarà lui: oltre 72mila euro in tutto, tra spese legali, Iva, oneri accessori e condanna per abuso del processo. Cioè quello che, per i manuali di diritto accade quando “le facoltà lecite consentite dall’ordinamento vengono utilizzate per scopi ingiusti”.