“Penso che il gesto di Chiara Ferragni di devolvere all’associazione D.i.Re-Donne in rete contro la violenza il compenso pattuito per la sua partecipazione al Festival di Sanremo sia da tenere in grande considerazione, molto utile per far emergere il dramma che tante donne vivono”. Non dobbiamo essere schizzinosi, aggiungo io, anzi se qualche cantante o calciatore, qualcuno di molto noto al grande pubblico, la imitasse darebbe una gran mano alla causa.

Il momento decisivo è stato quando sono riuscita a dare un nome a quello che vivevo in casa. Prima pensavo che quella che vivevo io fosse la normalità. Ora so che la catena della violenza si può spezzare: così parla una delle protagoniste di Ho detto no (Edizioni de Il Sole 24 ore) il bel libro che hanno scritto Simona Rossitto e Chiara Di Cristofaro.

Simona Rossitto e Chiara Di Cristofaro sono due giornaliste del Sole 24 Ore Radiocor, con formazioni diverse e complementari, l’una specializzata in finanza e giudiziaria, l’altra psicologa e giornalista finanziaria, ma sono anche due nodi di una rete che attraverso i libri (ne hanno scritti quattro, tre digitali e uno cartaceo) la radio e i giornali, i convegni, da anni concretamente si battono contro la violenza sulle donne e di riflesso sui bambini che assistono a queste violenze o ne sono oggetto soprattutto in ambito familiare.

Ormai è appurato che sia la famiglia il luogo “privilegiato” per questi fatti. A parlare con me assieme a Simona è Ella Ceppi. Compongo questo triangolo telefonico con lei perché come sostiene anche Simona “è fondamentale che a riflettere siano anche gli uomini”, come avviene in varie situazioni anche con l’Associazione Maschile plurale, associazione di uomini che combatte la cultura patriarcale e che in carcere si occupa di uomini maltrattanti (quelli con cui Vivere con Lentezza, l’Onlus di cui Ella è presidente, ha operato per anni nella casa circondariale di Piacenza), mentre nel libro si riporta la storia di Francesco, uomo che ha agito la violenza. Uno degli argomenti di cui parlare con la nostra autrice non può che essere il modo edulcorato in cui ancora i media si esprimono: “La cultura del raptus, il fidanzatino, l’altro, femminicidio-suicidio, il troppo amore”.

Infatti, se l’attenzione dei media per poche ore o giorni si accende di fronte al femminicidio, quella che manca è proprio un’attenzione alla cultura da cui questi fenomeni emergono e la carenza di formazione di molti degli operatori di fronte ai casi di violenza di genere, dagli psicologi del tribunale (Ctu spesso ancora sostenitori del concetto di Pas, l’alienazione parentale che ha portato a privare tante madri dei propri figli, anche di fronte a padri violenti e condannati) agli operatori sanitari, ai magistrati, ai servizi sociali: “Ho trovato grande attenzione da parte degli agenti di polizia, che sono cresciuti in consapevolezza e preparazione”.

Ma questo libro non vuole essere semplicemente una denuncia, vuole soprattutto far risaltare la testimonianza di donne come Yvette, Antonella, Clara, Mara Francesca, Luisa, Stefania che in situazioni inimmaginabili hanno trovato la forza e fortunatamente gli strumenti e le alleanze per uscirne; è una dichiarazione di ottimismo, pur senza tralasciare le criticità e le difficoltà esistenti, quella di Simona e Chiara, soprattutto se si guarda al passato.

Allora si viene al punto, la chiave da cui partire per spezzare questo nodo gordiano: “I centri antiviolenza devono essere rafforzati, c’è bisogno di case alloggio per le donne dove si possano riparare, di assistenza e soprattutto chi aiuti le donne a comprendere che quello che stanno subendo non può essere accettato ancora”.

Formazione quindi, ma anche uno scavo oltre il fatto di sangue, per perforare la dura superficie che consiste negli ostacoli che ognuna deve affrontare per arrivare a liberarsi di uomini all’apparenza gentili, spesso narcisi violenti, che tra le mura domestiche si scatenano non solo con la forza ma privando le compagne dei mezzi economici, frustrandole con la parola e i gesti, umiliandole davanti ai figli.

I figli, i bambini, le vittime inascoltate: “Se un bambino non vuole stare con il padre, con la madre o con i nonni, bisogna capire quali sono le ragioni, e non passare sopra i loro desideri” sostiene il giudice Roia, Presidente facente funzione del Tribunale di Milano. “In tanti si stanno adoperando e le associazioni di volontariato spesso sono il primo bastione e punto di attracco per una donna disperata”. Grazie a loro e grazie a Simona Rossitto e Chiara Di Cristofaro.

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