Spintoni, dispetti e vessazioni, o abbandonato per ore. E’ quello che avrebbe subito un bambino di 9 anni con autismo in una scuola elementare della Bassa Padovana, dall’inizio dell’anno scolastico fino al 20 dicembre, quando gli accertamenti investigativi hanno raggiunto prove sufficienti. Ad essere accusata di maltrattamenti è una insegnante di sostegno di 40 anni per la quale il pm Giorgio Falcone ha chiesto il rinvio a giudizio, ma non sono state disposte misure cautelari. Fondamentali per la ricostruzione degli eventi sono state le telecamere installate nella scuola, che avrebbero ripreso gli atteggiamenti aggressivi della maestra nei confronti del bimbo affidatole. Ad accorgersi che qualcosa era cambiato è stato il padre del piccolo, notando nel figlio segnali di malessere crescente, irrequietezza e aggressività apparentemente immotivati. I sospetti hanno spinto l’uomo a rivolgersi ai carabinieri che hanno avviato le indagini coordinate dal pubblico ministero che ha poi recapitato all’indagata l’avviso di garanzia. L’accusa di maltrattamenti ha un’aggravante perché le condotte sono ai danni “di minore o persona disabile“, scrive Il Gazzettino che riporta le prove raccolte dall’Arma e valutate dal pm, secondo le quali sarebbe dimostrato che si tratta di maltrattamenti reiterati nel tempo.

Oltre agli insegnanti, sono stati ascoltati anche il dirigente scolastico, gli educatori e i collaboratori scolastici, le cui testimonianze si sono sommate alle immagini registrate dalle telecamere installate apposta all’interno della scuola. L’avviso di garanzia descrive come la maestra avrebbe “più volte strattonato l’alunno, trascinandolo per un braccio”. Il bimbo sarebbe anche stato costretto a sedersi su una sedia e a rimanere lì “anche contro la sua volontà”. E ancora provocazioni e dispetti, come la torre di mattoncini “pazientemente costruita dal bimbo” e distrutta dalla donna. La reazione del piccolo, si legge, “è stata quella di mordersi il braccio”. Peggio, “in quella circostanza, l’insegnante non sarebbe nemmeno intervenuta per interrompere l’atto di autolesionismo, limitandosi poi a dire al bimbo di coprirsi il braccio con la manica del maglione, che così sarebbe guarito”.

Episodi tra i tanti, che provocavano reazione aggressive del bambino e alle quali la maestra “rispondeva con violenza, contenendo fisicamente il bambino, strattonandolo, afferrandolo per le braccia e tentando di colpirlo con una ginocchiata al corpo”. Ci sono poi gli episodi di abbandono del minore. “Lo trascurava ripetutamente e per periodi prolungati per consultare e utilizzare il proprio telefono cellulare”. Inoltre si rivolgeva a lui “con toni bruschi, alzando la voce e sgridandolo”, scrive chi ha coordinato l’inchiesta. Che aggiunge: “Inventava le scuse più varie per liberarsi del minore o comunque per mortificarlo, in un’occasione affermando che lo stesso si era sporcato i pantaloni e la biancheria intima con i propri bisogni fisiologici, circostanza rivelatasi del tutto inventata all’arrivo del padre”.

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