“Io sono convinta che, come hanno fatto i cattolici democratici durante la resistenza, quando si resiste per difendere la democrazia la resistenza vada aiutata. Sono molto preoccupata dal fatto che i partiti della sinistra europea e più in generale l’Europa non stiano facendo abbastanza per arrivare alla pace. Ma la pace non è una resa dell’Ucraina, non può esserlo, perché c’è un aggressore e un aggredito”. Così la candidata alla segreteria Pd, Paola De Micheli, intervistata dal direttore del Fattoquotidiano.it, Peter Gomez, e dalla giornalista Martina Castigliani, in vista del prossimo voto alle primarie, rispondendo a una domanda su come si possa conciliare l’essere “cattolici di sinistra” con la volontà di inviare armi a Kiev. L’ex ministra però puntualizza: “Avendo chiaro ciò che è accaduto in Ucraina, io so da che parte stare, con la resistenza ucraina”.

Alla domanda se teme o meno che, data l’altissima inflazione e i bassi stipendi, la popolazione europea nei prossimi mesi si possa opporre all’invio di ulteriori armi, De Micheli sottolinea che non bisogna “scambiare” la democrazia con l’economia. “L’impianto economicista delle democrazie europee è stato uno dei motivi per cui abbiamo perso le elezioni, abbiamo messo prima gli interessi economici e finanziari dei diritti delle persone e quindi lo sviluppo democratico”, dice De Micheli, evidenziando che “l’inflazione non è figlia della guerra“. Secondo la deputata dem l’inflazione è iniziata prima dell’inizio della guerra ed è stata sottovalutata, sia al livello italiano che al livello europeo. “Noi dobbiamo essere molto chiari – continua – le politiche antinflattive ci sono comunque, a prescindere dalla guerra”.

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