Venerdì scorso, a cinquemila metri di profondità e a 350 chilometri dalle coste del Brasile, ha trovato definitiva sepoltura l’ex portaerei Foch. A dare l’annuncio la stessa Marina brasiliana che l’ha affondata nell’Oceano Atlantico, innescando le proteste delle organizzazioni ambientaliste per l’amianto, le vernici e gli altri rifiuti tossici gettati irrecuperabilmente buttati a mare.
“L’affondamento pianificato e controllato è avvenuto nel tardo pomeriggio di venerdì”, ha affermato la marina in un comunicato. Una scelta che è stata giustificata dallo stato di degrado del vecchio scafo lungo 266 metri. Costruita alla fine degli anni ’50 nel cantiere navale di Saint-Nazaire, nella Francia Occidentale, è stata per 37 anni al servizio della marina di Parigi, prima di essere acquistata nel 2000 dal Brasile, che l’ha ribattezzata San Paolo. Ma a causa del suo degrado e di una serie di problemi legati in particolare a un incendio nel 2005, e quando il suo ammodernamento sarebbe costato troppo, Brasilia ha deciso di disfarsene.
Diventata ormai un ingombrante rottame galleggiante, è stata venduta al cantiere navale Sok Denizcilik perché la smantellasse, cosa che avrebbe dovuto avvenire nell’aprile 2021. Ma non riuscendo a trovare un porto che la accogliesse, il cantiere ha minacciato di abbandonarla. Nel giugno 2022 arriva finalmente ottenuto l’autorizzazione dalle autorità brasiliane per portarla in Turchia per lo smantellamento. Ma ad agosto, mentre si trova all’altezza dello Stretto di Gibilterra, le autorità ambientali turche fanno sapere che non la vogliono più. Il Brasile non ha potuto far altro che farle invertire la rotta, ma ancora una volta senza autorizzazione ad attraccare, nonostante l’accertamento di un “aggravamento dei danni” allo scafo.
“Di fronte ai rischi connessi al traino e a causa del deterioramento dello scafo, l’unica soluzione è abbandonarla affondandola in modo controllato“, aveva spiegato mercoledì la marina in un comunicato stampa congiunto con il Ministero della Difesa brasiliano. Da subito il Pubblico ministero federale del Brasile, che ha cercato di fermare l’operazione moltiplicando i ricorsi ai tribunali, ha avvertito delle conseguenze, sottolineando che la portaerei “contiene 9,6 tonnellate di amianto, una sostanza potenzialmente tossica e cancerogena, oltre a 644 tonnellate di inchiostri e altri materiali pericolosi”. E ancora: “Si rischiano gravi danni ambientali, in particolare perché lo scafo è danneggiato”.
Di “pacco tossico da 30mila tonnellate” ha parlato l’associazione Robin des Bois. E e le ong ambientaliste Greenpeace, Sea Shepherd e Basel Action Network hanno denunciato “una violazione di tre trattati internazionali” sull’ambiente. Questo affondamento causerà danni “incalcolabili”, con “impatti sulla vita marina e sulle comunità costiere”, hanno denunciato in una dichiarazione congiunta. Sebbene i funzionari della difesa abbiano affermato che avrebbero affondato la nave nella “zona più sicura”, la decisione è bastata a innescare le critiche per le tonnellate di amianto, metalli pesanti e altri materiali che potrebbero inquinare la catena alimentare marina. I dati ufficiali relativi alle navi affondate rivelano che nei mari ci sono già oltre ottomila relitti potenzialmente inquinanti, comprese 1.500 petroliere. La maggior parte dei relitti risale alla Seconda Guerra mondiale e, oltre agli altri materiali, conterrebbero tra i 2,5 e i 20 milioni di tonnellate di petrolio che per gli effetti corrosivi di un immersione durata decenni potrebbero fuoriuscire.