La vicenda dell’anarchico Cospito è materia di interpretazione delle norme del diritto ed è bene che sia trattata dai giudici e dal Ministero della Giustizia; però solleva alcuni interrogativi di interesse generale che in un paese democratico investono tutti i cittadini. Non mi riferisco qui alla visita del parlamentari del Pd: che i parlamentari vistino le carceri e parlino coi detenuti è una garanzia di democrazia del paese, anche se tra i detenuti ci sono mafiosi e assassini.
Il problema che mi sembra più interessante e importante è quello del complicato rapporto tra sinistra e giustizia, che alla stragrande maggioranza del pubblico arriva in modo confuso. Cominciando dall’ovvio: l’anarchia è parte della galassia storica della sinistra, ed ha un fondo ideologico utopistico e irrealizzabile ma nobile, di rifiuto del dominio dell’uomo sull’uomo. Alla prospettiva storica della sinistra appartiene anche l’afflato rivoluzionario, e, in un senso ideologico più profondo, il concetto che la giustizia è espressione della lotta di classe, e strumento di dominio della classe egemone: tutte idee in parte accettabili, ma che non possono essere estremizzate e che anzi richiedono di essere interpretate con competenza e cautela; non per nulla Gramsci riteneva irrealizzabile la rivoluzione nei paesi avanzati.
D’altra parte la sinistra ha anche sostenuto con forza un concetto apparentemente opposto della giustizia, interpretata come difesa dei deboli contro il potere e strumento di liberazione: porre la legge al di sopra del re significa proteggere dall’arbitrio chi re non è. Anche in questo senso va interpretata, ad esempio, la questione morale di Enrico Berlinguer, così come non si può dimenticare che i Presidenti dell’Assemblea Costituente furono prima Giuseppe Saragat, socialista, e poi Umberto Terracini, comunista: è chiaro che è impossibile applicare l’idea marxista del secolo precedente alla Costituzione Italiana.
La stragrande maggioranza degli elettori conosce superficialmente Marx e Gramsci e recepisce brandelli confusi del pensiero di questi grandi, che poi tenta di applicare di volta in volta al caso che si presenta. Emblematica in questo senso la propaganda del Movimento 5 Stelle, né di destra né di sinistra, che sposava senza alcuna remora tanto gli atteggiamenti più repressivi e giustizialisti, quanto il supporto a movimenti anarcoidi capaci anche di azioni più o meno criminali, come avvenne, ad esempio, quando Di Maio e Di Battista andarono ad incontrare i leader dei gilet gialli francesi.
La vicenda di Alfredo Cospito mette quindi in evidenza le aporie della sinistra, basti confrontare la posizione del collettivo Wu Ming, schierata sull’opposizione alla giustizia di classe, con quella fortemente legalitaria del Pd. Totalmente inutile, invece, andare a guardare le posizioni espresse dalla nostra destra di governo, completamente priva di idee e di cultura.
Non è scopo di questo articolo il prendere una posizione netta sul 41bis (che si applica quando il detenuto comunica con l’esterno del carcere a fini delittuosi) e tanto meno sull’art. 41bis applicato ad Alfredo Cospito, ma cercare di rendere esplicita una aporia irrisolta nel pensiero “di sinistra”, che si riflette inevitabilmente nell’insoddisfazione di un elettorato che si aspetta una cosa e ne riceve un’altra.