La lezione che i detentori del potere ai diversi livelli hanno imparato dal cambiamento climatico in atto è semplicemente che occorre cambiare le fonti di produzione energetica. Dai prodotti petroliferi alle energie cosiddette “rinnovabili”. Stop. In realtà non stanno nemmeno facendo questo, ma non è il punto. Il punto è che, magari non se ne rendono conto, ma quello che occorre cambiare è la loro visione del mondo, come se esso fosse immutabile, mentre invece tale non è.
Ho pensato a questo preparando una relazione sullo sci di pista per un convegno in centro Italia. Ora, è cosa arcinota che il cambiamento climatico nel giro di pochi decenni non consentirà più di produrre neve finta (che finora ci ha messo una pezza, e se non ci fosse molte stazioni sarebbero chiuse da tempo) a determinate quote. In Svizzera, un recentissimo studio, ha concluso che da loro l’innevamento artificiale potrà garantire una stagione sciistica di circa cento giorni nelle zone più alte, cioè a più di 1800 metri sul livello del mare, e solo fino al 2100. Si noti che si parla dell’interno delle Alpi e che attualmente si pretende di sciare da novembre ad aprile. A sud delle Alpi dobbiamo pensare che i tempi previsti nello studio si accorcino ancora.
Eppure non solo non si assiste ad una presa d’atto di ciò che è sotto gli occhi di tutti ma ci si comporta come se nulla fosse, addirittura prevedendo di ampliare stazioni esistenti o recuperandone di già fallite.
La realtà è che, a meno di una drastica quanto improbabile inversione di tendenza, la stragrande maggioranza delle stazioni sciistiche non potrà più essere denominata tale. E che l’economia di montagna dovrà essere completamente ripensata, mettendo sul piatto che, per quanto si possa puntare su ciaspole e scialpinismo d’inverno (quando ci sarà un po’ di neve), oppure downhill tramite funivie ed accompagnatori naturalisti di montagna d’estate, questa economia subirà una drastica contrazione.
Discorso analogo e più generale riguarda le risorse idriche. È cosa nota che i ghiacciai stanno scomparendo, è notizia di questi giorni che manca la pioggia in pianura e manca la neve in montagna. È del tutto evidente che pensare di risolvere realizzando diecimila laghetti come propone Coldiretti significa solo consumare un’enorme quantità di suolo e semplicemente rimandare la soluzione del problema, che è anche e soprattutto rappresentato dalle nostre abitudini alimentari visto che buona parte dell’acqua in agricoltura viene destinata alle colture per animali.
La visione si potrebbe estendere alle industrie, specie quelle inquinanti; si potrebbe estendere alle grandi opere, utili solo per mantenere i posti di lavoro nell’edilizia e comparti affini e/o collegati. Insomma, più in generale è il discorso legato alla nostra impronta ecologica: che non ci possiamo permettere. I politici dovrebbero rendersi conto che certa economia è destinata a morire ed occorre attrezzarsi per il futuro. Occorre confrontarsi con la Terra che si surriscalda per colpa nostra e con la finitezza delle sue risorse e prepararsi ad un futuro comunque tutt’altro che semplice, di cui si notano peraltro già i prodromi.
Politici: basta comportarsi come le tre scimmiette! “The times they are a-changin’”.