Siamo inondati da libri su Internet: un genere letterario a sé, ormai, con spazi dedicati nei palchetti delle librerie. Di solito sono libri di denuncia, con titoli apocalittici per attirare il lettore: Come internet sta uccidendo la democrazia, ad esempio. Capita più raramente, invece, che uno stesso libro contenga, insieme, tre cose indispensabili: un’introduzione aggiornata alla rivoluzione digitale, un sondaggio su cosa ne pensano gli italiani, un’analisi dei tentativi in corso di regolamentare Internet. Sono questi gli argomenti dei tre capitoli de Il governo delle piattaforme. I media digitali visti dagli italiani (Meltemi, 2022), di Gabriele Giacomini e Alex Buriani.
Giacomini, dell’Università di Udine, già autore di molti libri sul tema, è ormai uno dei maggiori esperti italiani dei rapporti fra internet e politica; Buriani è direttore di ricerca dell’istituto di sondaggi Ixè di Trieste, presieduto da Roberto Weber, già fondatore di SWG. Dal loro incontro è nata l’idea di un sondaggio specificamente dedicato a ricostruire lo stato dei rapporti fra gli italiani e Internet, sia che lo usino, come fanno tre su quattro, sia che non lo usino: dopotutto, l’ottanta per cento dichiara di informarsi soprattutto sulla televisione. In altri termini, il nostro sistema informativo è ibrido: sempre più spesso la tv riprende notizie da internet, e viceversa.
Il primo capitolo aggiorna appunto sullo stato dell’arte degli studi sul digitale, definendo i termini indispensabili per comprenderlo, e spiegando fenomeni e processi in un linguaggio comprensibile a tutti. In particolare, Giacomini approfondisce la sua critica alla (pretesa) disintermediazione: il fenomeno per cui noi utenti crediamo di aver accesso diretto e gratuito, dis-intermediato, appunto, a informazioni e contatti un tempo gestiti da commercianti, tecnici, scienziati, giornalisti, politici. Lo crediamo. In realtà, dipendiamo da motori di ricerca e piattaforme ancora più incontrollabili dei mediatori tradizionali, e che paghiamo con i dati estratti da mail, post, tweet, in un processo detto neo-intermediazione.
Il secondo capitolo fornisce i risultati del sondaggio curato soprattutto da Buriani, e conferma che i sospetti sui nuovi media si stanno diffondendo anche fra i loro utenti. Come scrive Antonio Casilli nell’Introduzione, fra la pratica e l’opinione degli italiani c’è una sorta di disallineamento (p. 13): da un lato, il 75% usa i social, dall’altro l’83% sa benissimo che i suoi dati verranno usati per scopi pubblicitari e commerciali. Eppure, dovendo indicare chi dovrebbe rimuovere o almeno segnalare le fake news che circolano in rete, oltre il 60% degli italiani preferisce che lo facciano le stesse piattaforme private – cioè loro dipendenti spesso impreparati e sottopagati – piuttosto che autorità pubbliche (27%) o indipendenti (9%).
Se si aggiunge che il sondaggio è stato condotto prima della pandemia, quando eravamo meno dipendenti da internet, e su un campione di intervistati che ha accettato di rispondere alle domande, forse non si dovrebbe indulgere all’ottimismo.
Infatti, il terzo capitolo, dedicato alle riforme in atto mostra che gli italiani sono ampiamente favorevoli a regolamentare la rete, specie nei tre settori che sollevano più problemi: la protezione dei dati personali, su cui c’è già il GDPR dell’Unione europea (2016, in Italia dal 2018); l’antitrust, cioè la legislazione contro i monopoli dei giganti della rete; la qualità dell’informazione, cui tutti teniamo moltissimo salvo non fare proprio quel che sarebbe necessario, ossia controllare le fonti delle informazioni per valutare se siano credibili o no.
Nel complesso, il libro assume un atteggiamento di riformismo costruttivo, che tiene conto delle richieste degli utenti. È favorevole alle regole europee perché a problemi globali, ormai, possono rispondere solo istituzioni sovranazionali, e fra queste la Ue, a differenza degli Usa, non ha interessi nazionali da difendere. Pure i diritti a Internet, richiesti dagli utenti anche in vista di una loro costituzionalizzazione, sono elencati dal libro in ordine di preferenze.
Primo non viene più il diritto di accesso a Internet, ormai dato per scontato, ma il diritto all’oblio, cioè alla rimozione delle informazioni personali imbarazzanti, richiesto da quasi il 95% degli italiani.
Mauro Barberis
Docente universitario e scrittore
Media & Regime - 5 Febbraio 2023
Finalmente un libro non apocalittico su Internet. Ecco ‘Il governo delle piattaforme’
Siamo inondati da libri su Internet: un genere letterario a sé, ormai, con spazi dedicati nei palchetti delle librerie. Di solito sono libri di denuncia, con titoli apocalittici per attirare il lettore: Come internet sta uccidendo la democrazia, ad esempio. Capita più raramente, invece, che uno stesso libro contenga, insieme, tre cose indispensabili: un’introduzione aggiornata alla rivoluzione digitale, un sondaggio su cosa ne pensano gli italiani, un’analisi dei tentativi in corso di regolamentare Internet. Sono questi gli argomenti dei tre capitoli de Il governo delle piattaforme. I media digitali visti dagli italiani (Meltemi, 2022), di Gabriele Giacomini e Alex Buriani.
Giacomini, dell’Università di Udine, già autore di molti libri sul tema, è ormai uno dei maggiori esperti italiani dei rapporti fra internet e politica; Buriani è direttore di ricerca dell’istituto di sondaggi Ixè di Trieste, presieduto da Roberto Weber, già fondatore di SWG. Dal loro incontro è nata l’idea di un sondaggio specificamente dedicato a ricostruire lo stato dei rapporti fra gli italiani e Internet, sia che lo usino, come fanno tre su quattro, sia che non lo usino: dopotutto, l’ottanta per cento dichiara di informarsi soprattutto sulla televisione. In altri termini, il nostro sistema informativo è ibrido: sempre più spesso la tv riprende notizie da internet, e viceversa.
Il primo capitolo aggiorna appunto sullo stato dell’arte degli studi sul digitale, definendo i termini indispensabili per comprenderlo, e spiegando fenomeni e processi in un linguaggio comprensibile a tutti. In particolare, Giacomini approfondisce la sua critica alla (pretesa) disintermediazione: il fenomeno per cui noi utenti crediamo di aver accesso diretto e gratuito, dis-intermediato, appunto, a informazioni e contatti un tempo gestiti da commercianti, tecnici, scienziati, giornalisti, politici. Lo crediamo. In realtà, dipendiamo da motori di ricerca e piattaforme ancora più incontrollabili dei mediatori tradizionali, e che paghiamo con i dati estratti da mail, post, tweet, in un processo detto neo-intermediazione.
Il secondo capitolo fornisce i risultati del sondaggio curato soprattutto da Buriani, e conferma che i sospetti sui nuovi media si stanno diffondendo anche fra i loro utenti. Come scrive Antonio Casilli nell’Introduzione, fra la pratica e l’opinione degli italiani c’è una sorta di disallineamento (p. 13): da un lato, il 75% usa i social, dall’altro l’83% sa benissimo che i suoi dati verranno usati per scopi pubblicitari e commerciali. Eppure, dovendo indicare chi dovrebbe rimuovere o almeno segnalare le fake news che circolano in rete, oltre il 60% degli italiani preferisce che lo facciano le stesse piattaforme private – cioè loro dipendenti spesso impreparati e sottopagati – piuttosto che autorità pubbliche (27%) o indipendenti (9%).
Se si aggiunge che il sondaggio è stato condotto prima della pandemia, quando eravamo meno dipendenti da internet, e su un campione di intervistati che ha accettato di rispondere alle domande, forse non si dovrebbe indulgere all’ottimismo.
Infatti, il terzo capitolo, dedicato alle riforme in atto mostra che gli italiani sono ampiamente favorevoli a regolamentare la rete, specie nei tre settori che sollevano più problemi: la protezione dei dati personali, su cui c’è già il GDPR dell’Unione europea (2016, in Italia dal 2018); l’antitrust, cioè la legislazione contro i monopoli dei giganti della rete; la qualità dell’informazione, cui tutti teniamo moltissimo salvo non fare proprio quel che sarebbe necessario, ossia controllare le fonti delle informazioni per valutare se siano credibili o no.
Nel complesso, il libro assume un atteggiamento di riformismo costruttivo, che tiene conto delle richieste degli utenti. È favorevole alle regole europee perché a problemi globali, ormai, possono rispondere solo istituzioni sovranazionali, e fra queste la Ue, a differenza degli Usa, non ha interessi nazionali da difendere. Pure i diritti a Internet, richiesti dagli utenti anche in vista di una loro costituzionalizzazione, sono elencati dal libro in ordine di preferenze.
Primo non viene più il diritto di accesso a Internet, ormai dato per scontato, ma il diritto all’oblio, cioè alla rimozione delle informazioni personali imbarazzanti, richiesto da quasi il 95% degli italiani.
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Roma, 13 feb. (Adnkronos) - Il Milleproroghe è un provvedimento routinario, in teoria nell'esame tutto doveva andare liscio. Invece l'iter di questo provvedimento è stato un disastro, la maggioranza l'ha gestito in modo circense, dando prova di dilettantismo sconcertante". Lo ha detto la senatrice Alessandra Maiorino, vice presidente del gruppo M5S al Senato, nella dichiarazione di voto sul Milleproroghe.
"Già con l'arrivo degli emendamenti abbiamo visto il panico nel centrodestra. Poi è arrivata la serie di emendamenti dei relatori, o meglio del governo sotto mentite spoglie, a partire da quelli celebri sulla rottamazione delle cartelle. Ovviamente l'unica preoccupazione della maggioranza, a fronte di 100 miliardi di cartelle non pagate, è stata solo quella di aiutare chi non paga. Esattamente come hanno fatto a favore dei no vax, sbeffeggiando chi sotto il Covid ha rispettato le regole. In corso d'opera abbiamo capito che l'idea di mettere tre relatori, uno per ogni partito di maggioranza, serviva a consentire loro di marcarsi a vicenda, di bloccare gli uni gli sgambetti degli altri. Uno scenario surreale! Finale della farsa poi è stato il voto di un emendamento di maggioranza ignoto ai relatori e una ignobile gazzarra notturna scoppiata tra i partiti di maggioranza. Non avevamo mai visto tanto dilettantismo in Parlamento".
Roma, 13 feb. (Adnkronos) - "Il decreto Milleproroghe rappresenta una sfida importante, un provvedimento cui abbiamo dato un significato politico, un’anima. L’azione di questo governo punta a mettere in campo riforme e norme strutturali ma esistono anche pilastri meno visibili che hanno comunque l’obiettivo finale della crescita delle imprese e della nostra economia, di sostenere il sistema Italia nel suo complesso. Ecco perché col decreto Milleproroghe abbiamo provveduto ad estendere o a sospendere l’efficacia di alcuni provvedimenti con lo scopo di semplificare e rendere più snella la nostra burocrazia, sempre con l’obiettivo dichiarato della crescita. Fra questi norme sulle Forze dell’ordine e sui Vigili del Fuoco, sostegno ai Comuni e all’edilizia, nel campo sociale e sanitario come in quello dell’industria e della pesca e sul contrasto all’evasione fiscale. Più di 300 emendamenti approvati, tra cui anche quelli dell’opposizione, al fine di perseguire, con questo esecutivo, la finalità di fornire alla nostra Nazione gli strumenti per crescere e per questo il voto di Fratelli d’Italia è convintamente a favore”. Lo dichiara in aula il senatore di Fratelli d’Italia Andrea De Priamo.
Roma, 13 feb. (Adnkronos) - "Dico al ministro Crosetto che l’aumento delle spese per armamenti, addirittura fino al 3%, ruba il futuro ai nostri figli. Ruba risorse alla sanità, alla scuola, ai trasporti. L’aumento delle spese per le armi non ci renderà più sicuri, ma alimenterà conflitti e guerre, come la storia dimostra”. Così Angelo Bonelli, deputato di AVS e co-portavoce di Europa Verde, in merito alle dichiarazioni di Crosetto sull'aumento delle spese militari.
Palermo, 13 feb. (Adnkronos) - "Il problema della situazione carceraria nel Paese è un problema che ogni giorno ci tocca da vicino, stiamo gia' predisponendo le dovute soluzioni. Abbiamo gia' definito il piano carceri e il commissario straordinario". Lo ha detto il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, intervenendo in video collegamento di ritorno dalla Turchia alla "Giornata dell'Orgoglio dell'appartenenza all'avvocatura e dell'accoglienza dei giovani" istituita dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Palermo.
Palermo, 13 feb. (Adnkronos) - "Criticità nel disegno di legge costituzionale non ve ne sono tali da alterare il testo, ma sarà seguito da una serie di leggi ordinarie. Per esempio, manca nella disegno di legge costituzionale la riserva per le quote cosiddette rosa, ma questo lo metteremo nelle leggi di attuazione che saranno leggi ordinarie. Anche il sistema del sorteggio potrà essere meglio definito. Ma una cosa e' certa: questa legge costituzionale non si modifica". Lo ha detto il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, intervenendo in video collegamento di ritorno dalla Turchia alla "Giornata dell'Orgoglio dell'appartenenza all'avvocatura e dell'accoglienza dei giovani" istituita dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Palermo, parlando delle dichiarazioni del vicepresidente del Csm Fabio Pinelli che ieri, aveva parlato dei "punti di criticità della riforma del Csm" sui quali si e' appuntata anche l'attenzione della Commissione Ue, aveva sottolineato la necessita' di "un'approfondita riflessione.
Palermo, 13 feb. (Adnkronos) - "Oggi in Turchia, parlando con il mio omologo, il ministro di giustizia turco, quando ho detto che probabilmente i magistrati italiani faranno uno sciopero, lui è rimasto sorpreso e mi ha domandato 'ma è legale?'. Se i magistrati vogliono fare lo sciopero che lo facciano, ma quello che è certo e che, senza alcun dubbio, noi andremo avanti perché e' un nostro impegno verso gli elettori". Lo ha detto il ministro della Giustizia Carlo Nordio intervenendo in vdieocollegamento di ritorno dalla Turchia alla Giornata dell'orgoglio dell'appartenenza degli avvocati a Palermo.
Palermo, 13 feb. (Adnkronos) - La separazione delle carriere dei magistrati "è un dovere verso elettorato perché lo avevamo promesso nel nostro programma e questo faremo. Il nostro e' un vincolo politico verso l'elettorato". Lo ha detto il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, intervenendo in video collegamento, di ritorno dalla Turchia, alla "Giornata dell'Orgoglio dell'appartenenza all'avvocatura e dell'accoglienza dei giovani" istituita dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Palermo. "Io sto girando un po' dappertutto per redigere protocolli - ha proseguito il ministro -, e ogni qualvolta parliamo di separazione carriere ci guardano con un occhio perplesso perché in tutti gli ordinamenti del mondo questo è normale".