Ai Grammy 2023, la cantante americana ha conquistato il suo 32esimo premio superando il record di Georg Solti. Kim Petras è la prima donna trans a vincere una statuetta, la rock band italiana torna da Los Angeles a mani vuote, ma con tante consapevolezze
Notte dei Grammy tra sorprese e conferme. Alla Crypto.com Arena, Beyoncé fa la storia. Dopo 88 nomination e sebbene anche quest’anno, per la quarta volta, sia sfumata la vittoria nella categoria “album dell’anno”, la cantante americana ha ottenuto il suo 32esimo Grammy, diventando la più premiata di sempre. Il record precedente apparteneva al direttore d’orchestra ungherese, poi naturalizzato inglese, Georg Solti, deceduto nel ’97 e fermo a 31 trionfi. Tutto secondo le previsioni, anche se l’ennesima esclusione dell’artista texana dai riconoscimenti più prestigiosi ha provocato non poche polemiche. Del resto, Beyoncé “è l’artista del nostro tempo”, ha dichiarato la rapper statunitense Lizzo, rendendole omaggio dal palco.
Se la serata della cantante di “Renaissance” ha avuto un sapore agrodolce, a rimanere con l’amaro in bocca sono stati i Maneskin, in corsa nella categoria “Best new artist”. La vittoria, infatti, è andata alla cantante jazz Samara Joy, 23enne del Bronx e idolo della generazione Z. Al gruppo romano restano, comunque, la soddisfazione per la candidatura (la prima volta per una rock band italiana) e l’entusiasmo e l’emozione per il red carpet. “Ci sembra ancora strano, dobbiamo ancora abituarci, ma ogni volta che partecipiamo a questi eventi e abbiamo l’occasione di incontrare i nostri idoli è sempre meraviglioso”, hanno detto i quattro durante le interviste di rito, prima di partecipare alla cerimonia a Los Angeles.
A “Harry’s House” di Harry Styles il Grammy per l’album dell’anno, il premio più prestigioso tra quelli assegnati dalla Recording Academy, considerati gli Oscar della musica. Contro i favori del pronostico, il cantautore britannico ha battuto la concorrenza delle favorite Adele e Beyoncé. Altri riconoscimenti di rilievo sono stati conquistati da Lizzo per la registrazione dell’anno con “About damn time” e, a sorpresa, dalla 73enne Bonnie Raitt, cantante chitarrista e chitarrista blues, per la canzone dell’anno “Just like that”, un brano folk tradizionale su un trapianto di cuore. Trionfi, poi, per Adele nella categoria “Best pop performance” con “Easy on Me” e per Kendrick Lamar, come da previsione, con il miglior album rap “Mr. Morale & the Big Steppers”.
Nel club esclusivo degli Egot, i vincitori di Emmy, Grammy, Oscar e Tony, ha fatto il suo ingresso Viola Davis con l’audio libro del suo memoir “Finding Me”. Kim Petras, 30enne cantante tedesca, è stata invece la prima donna transgender a vincere un Grammy, con il premio per la miglior Pop Duo/Group Performance con il brano “Unholy” (in coppia con Sam Smith). “Sono cresciuta vicino a un’autostrada in mezzo al nulla. Mia madre ha creduto in me, nel fatto che io fossi una ragazza. E io ora non sarei qui se non fosse stato per il suo sostegno”, ha dichiarato ricevendo la statuetta. Originaria di Colonia e figlia di una coreografa e di un architetto, a 13 anni ha partecipato a uno show in Germania, annunciando la sua transizione di genere. Da quel momento, dopo una vera battaglia allo scopo di ottenere il lasciapassare per l’intervento prima dei 18 anni e superato un esame psichiatrico, nel novembre 2008 ha annunciato il completamento della transizione.
“Baraye”, inno delle prostese in Iran e manifesto dei motivi per cui il popolo soffre e combatte tra dolore, rabbia e speranza, invece, ha vinto il Grammy per “la miglior canzone per il cambiamento sociale”. Ad annunciarlo è stata la first lady americana Jill Biden. Un trionfo per il giovane autore 25enne Shervin Hajipour – incarcerato lo scorso ottobre 24 ore dopo aver condiviso il brano e rilasciato poi su cauzione – che, dopo la vittoria, ha condiviso la sua felicità su Instagram: “Abbiamo vinto”, ha scritto accompagnando la didascalia con le emoji di una nota musicale e un cuore bianco. Durante la cerimonia, la 65esima della storia, è stato reso omaggio all’hip-hop (che celebra il suo primo mezzo secolo) con un tributo di 12 minuti curato da “Questlove”. Tra i momenti più emozionanti, poi, l’esibizione di Steve Wonder, accompagnato dalla coreografia dei quattro fratelli WanMor, figli del leader dei Boyz II Men (gruppo soul fondato più di trent’anni fa) Wayna Morris. Sul palco anche un altro ospite d’eccezione come William Robinson che, a 82 anni, ha duettato con Wonder sulle note di “Tears of a Clown” ottenendo, insieme al collega, l’ovazione del pubblico.