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Morto Massimo Piersanti, il fotografo che incontrò Orson Welles e collaborò con Achille Bonito Oliva

L’associazione, fondata da Graziella Leonardi Buontempo a Roma, ha iniziato ad operare nel 1970 con lo scopo di promuovere la creatività contemporanea, diventando in questo modo un luogo fondamentale per il confronto della comunità artista. Sotto la guida del critico Achille Bonito Oliva, Piersanti fu il fotografo ufficiale degli Incontri rendendo indelebile, con i suoi scatti, la descrizione accurata della lunga stagione di fermento sociale e politico di quei tempi

di F. Q.

Grave lutto per il mondo dell’arte. È morto all’età di 84anni Massimo Piersanti. Fotografo tra i più attivi all’interno della scena culturale italiana sin dagli anni ’70, è stato tra i protagonisti indiscussi degli Incontri Internazionali d’Arte. L’associazione, fondata da Graziella Leonardi Buontempo a Roma, ha iniziato ad operare nel 1970 con lo scopo di promuovere la creatività contemporanea, diventando in questo modo un luogo fondamentale per il confronto della comunità artista. Sotto la guida del critico Achille Bonito Oliva, Piersanti fu il fotografo ufficiale degli Incontri rendendo indelebile, con i suoi scatti, la descrizione accurata della lunga stagione di fermento sociale e politico di quei tempi.

Piersanti, nato a Roma nel 1939, ha sempre avuto la passione per la fotografia, nonostante non abbia potuto seguirla sin da subito. Nel ’52 venne infatti mandato in Svizzera dalla famiglia per seguire la scuola di commercio e dopo poco a Londra per imparare l’inglese. Un percorso interrotto dalla notizia della gravidanza della sua fidanzata: “La mia fidanzatina di allora rimase incinta, non avevo neanche 20 anni, a quel punto dovevo essere responsabile. Tornai a casa e andai a lavorare nell’industria di mio padre e dei miei zii”. Qui lavorò per diverso tempo, fin quando la società non venne venduta. A 28 anni il ritorno a Roma e l’avvio di un percorso votato alla sua passione: la fotografia.

Autodidatta, come lui stesso riferì durante un’intervista al giornale Il Manifesto: “Ero pignolo, mi sono messo a leggere tutti i libri sullo sviluppo, il colore, il contrasto, le tecniche. Ho lavorato molto anche con il banco ottico e lì ci vuole una grande precisione. Tra i fotografi italiani avevo una preferenza per Piergiorgio Branzi, che ha proposto un’immagine più sgranata e movimentata. Ma è soprattutto William Klein che ho amato. Fu una sberla vedere le sue foto. Ciò mi ha portato a cercare i giapponesi, Daido Moriyama e la rivista Provoke di cui uscirono solo tre numeri tra il 1968 e il ’69”.

La sua carriera inizia come fotografo di cinema e architettura, poi arriva la fotografia pubblicitaria. Notevoli le realizzazioni delle sue campagne per compagnie dal calibro di Alitalia, General Motors, Esso, Frau, FIAT, Renault, Honda, Jaguar, Valtur, Motorola. Importante e spesso ricordato l’incontro con Orson Welles: “Un personaggio fantastico, ricordo che ci faceva il teatrino delle marionette. Immagini? Proprio lui, in albergo, nelle giornate brutte ci faceva gli spettacoli. Avevo 14 anni e non sapevo neanche chi fosse!”.

Uno dei momenti più importanti della sua carriera è sicuramente segnato dall’incontro con Graziella Leonardi Buontempo e Achille Bonito Oliva, grazie ai quali diventerà, dal 1971, il fotografo ufficiale degli Incontri Internazionali d’Arte. “Con Graziella diventammo subito molto amici, tra noi c’era un grandissimo affetto e tanta stima. Era una donna raffinatissima e generosa, che ha portato una profonda innovazione nell’arte. Era anche la più intensa mediatrice che conoscessi, brava a trattare la gente e a ricucire strappi, bastava che aprisse quella sua agenda impossibile da decifrare, con mucchi di foglietti in mezzo, e alzasse il telefono”, le sue parole nel ricordare l’amica.

Da questo lungo sodalizio con Incontri Internazionali d’Arte, nasce poi la collaborazione anche con Contemporanea, a cura di Achille Bonito Oliva, della quale diventa fotografo responsabile. Piersanti ricorda come durante gli incontri che si susseguivano a Palazzo Taverna regnava sempre un caos creativo: “Andavo lì per due ore con la Nikon e facevo quello che potevo, spesso senza neanche sapere cosa avrei trovato. Fotografavo soprattutto in bianco e nero con pellicola 400 asa che potevo spingere a tempi lenti, così, con molta attenzione potevo fotografare anche con poca luce. Un problema di cui oggi, con il digitale, non ci si rende più conto”. Da sempre innovatore nel suo campo: “Qualche volta usavo anche il colore, come per Christo. Sono l’unico fotografo che ha avuto l’idea di salire sui tetti degli alberghi lì intorno, l’Hotel Jolly e il Flora, per riprenderlo dall’alto mentre impacchettava Porta PincianaCapita ancora che qualcuno mi dica ‘quella foto fatta dall’elicottero’. ‘Ma quale elicottero? Ero sul tetto!’”.

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