Si può essere felici per aver limitato i danni, perso di misura, evitato l’ennesima imbarcata? Sì, se sei una squadra qualsiasi che viene da una serie imbarazzante di goleade e deve frenare l’emorragia, in attesa di tempi migliori. No, se ti chiami Milan, sei campione d’Italia e giochi contro l’Inter. Un derby (non) giocato così è un’offesa alla storia rossonera. Se Inter-Milan doveva essere lo snodo di quel che resta della stagione, si può dire che il campo indirizza Stefano Pioli dritto verso lo sprofondo. Ben più di quel che dica il punteggio: un 1-0 che poteva essere molto più largo, due gol annullati (giustamente, per fallo di Romelu Lukaku e fuorigioco millimetrico di Lautaro Martinez), un paio di parate decisive del tanto bistrattato Ciprian Tatarasanu, che non sarà all’altezza della situazione ma non è certo il problema della situazione. E ancora: 15 tiri a 4, nessuno verso lo specchio della porta, 65% a 35% di possesso palla, 8 angoli a zero. Sono numeri da testacoda, non da sfida scudetto.
E infatti lo scudetto quest’anno entrambe le milanesi lo stanno guardando col binocolo. Anche l’Inter, la solita Inter che pure contro un avversario ai minimi termini è apparsa superiore ma molle, bella e svagata, che invece di schiacciare l’avversario come avrebbe potuto benissimo fare, specie nel primo tempo, l’ha tenuto in vita e portato nell’ultimo quarto finale, dove avrebbe potuto persino subire la beffa del pareggio. Ma non da questo Milan impresentabile. Un film già visto troppe volte per la squadra di Simone Inzaghi, che non a caso si ritrova a -13 dalla vetta e alla fine della stagione, più dei trofei, conterà soprattutto le occasioni perse. Ma questa non è una novità. La notizia è il Milan.
Non la sconfitta, in realtà, visto che i rossoneri venivano da 3 ko consecutivi, la miseria di due pareggi nelle ultime sei partite 17 reti subite. Nel derby è stata solo una, tutto sommato un buon risultato per lo stato di forma e quanto visto in campo. E il problema è proprio quello. Il Milan è sembrato giocare non per il pareggio, ma addirittura per una sconfitta onorevole, se così si può chiamare una stracittadina passata a subire. Si è presentato in campo con 3-5-2 mai visto prima, totalmente rinunciatario, con Divock Origi in marcatura a uomo su Hakan Calhanoglu, roba da provinciali, e il suo uomo migliore, Leao, in panchina. Prima non prenderle, senza però praticamente mai darle. Non si è scomposto di una virgola neanche dopo il gol di Lautaro, ha continuato a difendere lo svantaggio, e si può dire che ci sia riuscito. Magra consolazione, anzi nessuna.
Il derby di ieri è peggio della peggior sconfitta. Anche dello 0-3 in Supercoppa Italiana che tanti sfottò aveva procurato. Perché lì il Milan se l’era giocata, o almeno aveva provato a farlo. Stavolta no. Si è snaturato. Pioli ha rinnegato il suo modulo, le sue idee, il suo spirito. Tutto. Si è consegnato definitivamente alla crisi, le cui ragioni a questo punto andranno indagate a fondo, a partire dall’allenatore, che sembra davvero aver perso il filo della sua squadra. Dopo le ultime uscite, a Pioli si chiedeva solo più solidità, non rinunciare completamente a giocare a calcio. E quando un allenatore che ha giocato praticamente in un sol modo negli ultimi tre anni, cambia completamente formazione nella serata più importante, o è un genio o è semplicemente disperato. Il sospetto, per Pioli, è che si tratti della seconda. Il suo Milan si è perso, e questa rischia di essere la partita che lo condanna. Perché un derby si può anche perdere. Non si può non giocare.