Mafie

Rinascita Scott, revocata la custodia cautelare per l’ex senatore di Fi Pittelli: “Non ha passato notizie alla ‘ndrangheta, millantava soltanto”

In seguito a un rinvio della Cassazione, il Riesame ha accolto il ricorso degli avvocati dell'ex parlamentare, che però non uscirà dai domiciliari: resta infatti in piedi la misura cautelare emessa nell'ambito del procedimento “Mala Pigna”. Per i giudici, la "messa a disposizione" nei confronti della cosca Mancuso per recuperare i verbali di un pentito "è qualificabile come una millanteria del Pittelli, il quale in realtà non era a conoscenza di notizie riservate"

Il Tribunale del Riesame di Catanzaro ha revocato l’ordinanza di custodia cautelare per l’ex senatore di Forza Italia Giancarlo Pittelli, imputato di concorso esterno con la ‘ndrangheta nel processo “Rinascita-Scott” contro la cosca Mancuso. In seguito a un rinvio della Cassazione, il collegio ha accolto il ricorso presentato dagli avvocati Guido Contestabile e Salvatore Staiano. L’ex parlamentare non uscirà però dai domiciliari: resta infatti in piedi la misura cautelare emessa nell’ambito del procedimento “Mala Pigna” in cui è a processo sempre per concorso esterno con la cosca Piromalli.

Stando all’impianto accusatorio, Pittelli, nella sua qualità di avvocato dei Mancuso, si è reso disponibile a recuperare per loro i verbali contenenti le dichiarazioni del pentito Andrea Mantella. Per i giudici del Tribunale della Libertà era una millanteria: “Ritiene il collegio che la condotta dell’imputato di messa a disposizione, mostrandosi propositivo e attivo per recuperare i verbali contenenti le dichiarazioni del collaboratore, connotata da espressioni suggestive quali “spacca diverse persone“, nel dialogo con Giamborino (altro imputato, ndr), enfatizzando il rischio derivante dal pentimento di Mantella per i consociati, e quindi il consequenziale ruolo cruciale dell’avvocato per recuperare i verbali, pur concretizzandosi in una promessa di aiuto alla consorteria in un momento di fibrillazione della stessa, tuttavia è qualificabile come una millanteria del Pittelli, il quale in realtà non era a conoscenza di notizie riservate né è dimostrato, a livello indiziario, che egli abbia usufruito o tentato di sfruttare entrature particolari in ragione del suo ruolo per agevolare la consorteria”.

Secondo il Riesame, infatti, “la messa a disposizione del Pittelli non ha dispiegato alcun contributo concreto alla consorteria, trattandosi appunto, per come acclarato nei precedenti provvedimenti giudiziali, di una sorta di millanteria per far considerare dai propri assistiti come cruciale il suo ruolo, alla luce delle sue conoscenze ed entrature”. In un’intercettazione del 12 settembre 2016 tra Pittelli e il suo cliente Giovanni Giamborino (oggi coimputato in “Rinascita”), gli investigatori sentono la frase: “Dice (Mantella, ndr) che ha scritto una lettera alla madre e che accusa il fratello”. In realtà la notizia delle accuse mosse da Mantella ai propri familiari più stretti era già apparsa su alcuni siti online: “Era semplice per il Pittelli affermare che le accuse riguardassero il fratello, sulla scorta di un mero ragionamento logico e non perché avesse avuto conoscenza di verbali e del contenuto degli stessi attraverso l’attivazione di canali riservati e illeciti”, scrivono i giudici. Il Riesame va oltre la valutazione delle esigenze cautelari ed entra nel merito della posizione di Pittelli: “Tale condotta non è qualificabile come concorso esterno in associazione mafiosa, per carenza dell’elemento oggettivo della fattispecie del nesso causale tra condotta contestata e aiuto concreto al sodalizio”.