Secondo i giudici della Corte d'assise di Cassino non ci furono depistaggi e "si deve necessariamente desumere l’implicazione nella commissione del delitto in esame i soggetti terzi, che sono rimasti ignoti"
A poco più di sei mesi dall’assoluzione degli imputati, sono state depositate le motivazioni della sentenza del processo per l’omicidio di Serena Mollicone, la giovane di Arce (Frosinone) trovata morta il 3 giugno 2001 in un boschetto nel 2001. Gli “esiti dibattimentali non offrono indizi gravi, precisi e concordanti sulla base dei quali possa ritenersi provata, oltre ogni ragionevole dubbio la commissione in concorso da parte degli imputati della condotta omicidiaria contestata. Come già ampiamente esaminato, numerosi elementi indiziari, costituenti dei tasselli fondamentali dell’impianto accusatorio del pm, non sono risultati sorretti da sufficiente e convincente compendio probatorio” scrivono i giudici della corte d’Assise di Cassino nelle motivazioni con le quali hanno assolto le cinque persone accusate dell’omicidio di Serena Mollicone. Marco Mottola, suo padre Franco, ex comandante della caserma di Arce, e la madre Anna Maria sono stati assolti per non aver commesso il fatto dopo che la procura aveva chiesto una condanna a 24 anni per Marco Mottola, 30 per il padre Franco, e 21 anni per la madre Anna Maria per concorso in omicidio.
“Non sono stati provati molti degli asseriti depistaggi che secondo l’accusa il maresciallo Mottola avrebbe compiuto in sede di prime indagini”. Per la corte “sono emerse delle prove che si pongono in termini contrastanti rispetto alla ricostruzione dei fatti da parte della pubblica accusa” e alcuni tasselli sostenuti dalla Procura “si sono rivelati inconsistenti” e “sono emersi degli elementi a discarico dei singoli imputati”. Per i giudici, inoltre, “di “fronte di tali carenze probatorie nei confronti dei singoli imputati” si “deve evidenziare come dall’istruttoria dibattimentale siano emersi consistenti e gravi elementi indiziari nei quali si deve necessariamente desumere l’implicazione nella commissione del delitto in esame i soggetti terzi, che sono rimasti ignoti” e ci si “riferisce in primo luogo al rinvenimento di impronte dattiloscopiche all’interno dei nastri adesivi che legavano le mani e le gambe di Serena, impronte ritenute utili per l’identificazione e che non appartengono agli imputati. Su una impronta risulta essere stato rinvenuto un profilo genetico misto con contribuente maschile, di cui è stata esclusa la patenità degli imputati”. Il 15 luglio 2022 i giudici hanno fatto cadere le accuse nei confronti di Marco Mottola (che ha sempre negato), il padre Franco, ex comandante dei carabinieri di Arce e la moglie Anna Maria per l’accusa di omicidio di Serena Mollicone e Vincenzo Quatrale, all’epoca vice maresciallo e accusato di concorso esterno in omicidio, e l’appuntato dei carabinieri Francesco Suprano a cui era contestato il favoreggiamento.
“Si ritengono in particolare convincenti le critiche formulate dai consulenti medico legali delle difese, i quali, valorizzando la prima consulenza tecnica della dott.ssa Conticelli, hanno sostenuto l’incompatibilità tra il quadro lesivo presentato da Serena e l’impatto contro una superficie piatta e ampia (come una porta, appunto), ciò in particolare in assenza di altre lesioni, che siano oggettivamente indicative di una colluttazione, nonché dell’afferramento e della violenta spinta della vittima contro la porta”. Per i giudici “d’altronde, l’ipotesi dell’impatto della testa di Serena contro la porta non si ritiene neanche univocamente dimostrata dalle consulenze merceologiche e genetiche”. Una consulenza del Ris aveva individuato una compatibilità tra le tracce di legno sul nastro adesivo e la porta della caserma. E anche la consulente Cristina Cattaneo c’era compatibilità.