L’azoto cambia forma nel suo percorso tra aria, acqua, suolo e vita. Per esempio, i suoli emettono azoto sia come gas inerte, componente principe dell’atmosfera sotto forma di diazoto, sia come monossido di azoto (NO), sia come ossido di diazoto, vale a dire biossido di azoto e un tempo chiamato protossido di azoto (N2O). Sono entrambi gas a effetto serra (v. Figura 1). E, per di più inquinanti.
L’ossido di azoto è un inquinante primario prodotto dalla combustione a temperatura elevata; è inodore, incolore e poco tossico. Per contro, il biossido ha un odore forte e pungente, è irritante e di colore giallo-rosso, contribuisce al cosiddetto smog fotochimico e alla formazione di piogge acide, non fa bene alla salute. L’importanza degli ossidi di azoto nell’incremento dell’effetto serra emerge confrontando il potenziale riscaldamento globale di una molecola di NOx con quello di una molecola di CO2 su un orizzonte di lungo periodo (da 20 a 100 anni). Una molecola NOx equivale a circa 300 molecole di CO2 (v. Effetto serra. Istruzioni per l’uso, 1994).
Capire la tipologia delle emissioni di azoto serve a gestire le politiche di contenimento delle emissioni di gas a effetto serra, valutando correttamente il bilancio globale dell’azoto. Ma poiché l’atmosfera terrestre è ricca di questo gas (l’80% dell’aria che respiriamo è diazoto) non è facile misurare le piccole emissioni di questo gas dai suoli, a causa dell’alta concentrazione di fondo. E misurare con cura il ciclo dell’azoto è molto importante non solo per affrontare meglio l’inquinamento di origine antropica, ma anche per conoscere meglio come si comportano le foreste tropicali, il polmone del pianeta.
Una ricerca sui suoli tropicali della Foresta Sperimentale di Luquillo a Porto Rico con tecniche innovative modifica alcune convinzioni (v. Figura 2). I campioni prelevati per diverse pendenze del terreno – valli e pianori, creste e pendii – hanno dimostrato la notevole variabilità topografica delle diverse forme di azoto rilasciate dal terreno, anche in funzione del grado di umidità. Per esempio, le emissioni di gas neutro e di ossidi di azoto dei pianori umidi sono molto più elevate di quelle che si misurano sui pendii e sulle creste.
La ricerca suggerisce che le emissioni di azoto da parte delle foreste tropicali si possano stimare in 37 kilogrammi di azoto all’anno per ogni ettaro di foresta tropicale, per il 99% come diazoto. È un risultato che mostra come si siano sistematicamente sottostimati i flussi di azoto di questi paesaggi, aree d’importanza fondamentale nella dinamica del clima. Non andrebbe perciò trascurata la necessità di rivalutare il bilancio globale dell’azoto alla luce di quello degli ecosistemi delle foreste tropicali.
Le foreste della Terra hanno subito cambiamenti enormi negli ultimi 20 anni (v. Figura 3). E questi cambiamenti sono stati assai più rapidi della capacità di interpretare scientificamente la dinamica delle foreste stesse. Ora si sta facendo qualcosa per capire meglio il ciclo della CO2; per esempio, nella foresta amazzonica il progetto AmazonFACE (Free-Air CO2 Enrichment) sta iniettando artificialmente CO2 per comprendere meglio la resilienza della foresta più importante della Terra. E cercare di prevedere se questa foresta, in un’atmosfera più ricca di CO2, potrà continuare a svolgere il ruolo di serbatoio del carbonio svolto oggi, quando cattura un quarto delle emissioni antropiche.
Meno sappiamo sul ciclo dell’azoto. Quando scrissi il libro che ho citato, si riteneva che su 17 miliardi di kilogrammi di protossido di azoto in ciclo ogni anno tra suolo e atmosfera, circa 9 e mezzo fossero di origine naturale e solo tre di questi fossero emessi dalle foreste tropicali. Vale perciò la pena di approfondire anche aspetti meno noti, come il ciclo dell’azoto, se si vogliono impostare davvero politiche efficaci di mitigazione e di adattamento.
Sappiamo per certo che la distruzione apparentemente ineluttabile della foresta si profila come una catastrofe di grandi proporzioni. Questa certezza trascina con sé una certa rassegnazione scientifica. Da vari anni, parecchi studiosi hanno abdicato alla propria missione. In parte, convinti del grado di conoscenza ormai esaustivo sui meccanismi fondamentali della macchina infernale che controlla il riscaldamento globale. In parte, delusi dalla indifferenza e dalla indolenza della politica e della società. Qualche volta, perfino vergognosi del proprio ruolo di uccelli del malaugurio. E hanno abbracciato la triste ma egemonica vulgata che il riscaldamento globale sia principalmente una questione di economia politica e finanziaria.
L’entusiasmo di molti giovani ricercatori verso la sperimentazione di campo, che percepisco assai cresciuto in risposta alla pandemia, promette una inversione di tendenza, un ritorno al futuro, la riscoperta della missione più autentica dello studioso.
Renzo Rosso
Docente di Costruzioni idrauliche e marittime e Idrologia a Milano
Ambiente & Veleni - 7 Febbraio 2023
Clima, per contenere i gas serra bisogna studiare anche il ciclo dell’azoto nelle foreste tropicali
L’azoto cambia forma nel suo percorso tra aria, acqua, suolo e vita. Per esempio, i suoli emettono azoto sia come gas inerte, componente principe dell’atmosfera sotto forma di diazoto, sia come monossido di azoto (NO), sia come ossido di diazoto, vale a dire biossido di azoto e un tempo chiamato protossido di azoto (N2O). Sono entrambi gas a effetto serra (v. Figura 1). E, per di più inquinanti.
L’ossido di azoto è un inquinante primario prodotto dalla combustione a temperatura elevata; è inodore, incolore e poco tossico. Per contro, il biossido ha un odore forte e pungente, è irritante e di colore giallo-rosso, contribuisce al cosiddetto smog fotochimico e alla formazione di piogge acide, non fa bene alla salute. L’importanza degli ossidi di azoto nell’incremento dell’effetto serra emerge confrontando il potenziale riscaldamento globale di una molecola di NOx con quello di una molecola di CO2 su un orizzonte di lungo periodo (da 20 a 100 anni). Una molecola NOx equivale a circa 300 molecole di CO2 (v. Effetto serra. Istruzioni per l’uso, 1994).
Capire la tipologia delle emissioni di azoto serve a gestire le politiche di contenimento delle emissioni di gas a effetto serra, valutando correttamente il bilancio globale dell’azoto. Ma poiché l’atmosfera terrestre è ricca di questo gas (l’80% dell’aria che respiriamo è diazoto) non è facile misurare le piccole emissioni di questo gas dai suoli, a causa dell’alta concentrazione di fondo. E misurare con cura il ciclo dell’azoto è molto importante non solo per affrontare meglio l’inquinamento di origine antropica, ma anche per conoscere meglio come si comportano le foreste tropicali, il polmone del pianeta.
Una ricerca sui suoli tropicali della Foresta Sperimentale di Luquillo a Porto Rico con tecniche innovative modifica alcune convinzioni (v. Figura 2). I campioni prelevati per diverse pendenze del terreno – valli e pianori, creste e pendii – hanno dimostrato la notevole variabilità topografica delle diverse forme di azoto rilasciate dal terreno, anche in funzione del grado di umidità. Per esempio, le emissioni di gas neutro e di ossidi di azoto dei pianori umidi sono molto più elevate di quelle che si misurano sui pendii e sulle creste.
La ricerca suggerisce che le emissioni di azoto da parte delle foreste tropicali si possano stimare in 37 kilogrammi di azoto all’anno per ogni ettaro di foresta tropicale, per il 99% come diazoto. È un risultato che mostra come si siano sistematicamente sottostimati i flussi di azoto di questi paesaggi, aree d’importanza fondamentale nella dinamica del clima. Non andrebbe perciò trascurata la necessità di rivalutare il bilancio globale dell’azoto alla luce di quello degli ecosistemi delle foreste tropicali.
Le foreste della Terra hanno subito cambiamenti enormi negli ultimi 20 anni (v. Figura 3). E questi cambiamenti sono stati assai più rapidi della capacità di interpretare scientificamente la dinamica delle foreste stesse. Ora si sta facendo qualcosa per capire meglio il ciclo della CO2; per esempio, nella foresta amazzonica il progetto AmazonFACE (Free-Air CO2 Enrichment) sta iniettando artificialmente CO2 per comprendere meglio la resilienza della foresta più importante della Terra. E cercare di prevedere se questa foresta, in un’atmosfera più ricca di CO2, potrà continuare a svolgere il ruolo di serbatoio del carbonio svolto oggi, quando cattura un quarto delle emissioni antropiche.
Meno sappiamo sul ciclo dell’azoto. Quando scrissi il libro che ho citato, si riteneva che su 17 miliardi di kilogrammi di protossido di azoto in ciclo ogni anno tra suolo e atmosfera, circa 9 e mezzo fossero di origine naturale e solo tre di questi fossero emessi dalle foreste tropicali. Vale perciò la pena di approfondire anche aspetti meno noti, come il ciclo dell’azoto, se si vogliono impostare davvero politiche efficaci di mitigazione e di adattamento.
Sappiamo per certo che la distruzione apparentemente ineluttabile della foresta si profila come una catastrofe di grandi proporzioni. Questa certezza trascina con sé una certa rassegnazione scientifica. Da vari anni, parecchi studiosi hanno abdicato alla propria missione. In parte, convinti del grado di conoscenza ormai esaustivo sui meccanismi fondamentali della macchina infernale che controlla il riscaldamento globale. In parte, delusi dalla indifferenza e dalla indolenza della politica e della società. Qualche volta, perfino vergognosi del proprio ruolo di uccelli del malaugurio. E hanno abbracciato la triste ma egemonica vulgata che il riscaldamento globale sia principalmente una questione di economia politica e finanziaria.
L’entusiasmo di molti giovani ricercatori verso la sperimentazione di campo, che percepisco assai cresciuto in risposta alla pandemia, promette una inversione di tendenza, un ritorno al futuro, la riscoperta della missione più autentica dello studioso.
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Roma, 9 gen. (Adnkronos) - "Su George Soros nessuno ha fatto o fa la campagna antisemita, però si potrà giudicare quello che fa? Io sono libera di giudicare quello che fa e lo considero molto più ingerente di quanto lo sia Elon Musk e l'ho argomentato, quella è un'ingerenza seria". Lo ha affermato il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nella conferenza stampa di fine anno.
Roma, 9 gen (Adnkronos) - Sui giudici della Consulta "non si è giunti al risultato perchè all'inizio c'era solo un giudice da eleggere, la maggioranza ha tentato di farlo e l'opposizione ha fatto Aventino. Ora ce ne sono 4 complessivamente, penso che questo renderà più facile trovare una soluzione con le opposizioni. Per quel che ci riguarda siamo consapevoli di quanto sia importante, cercheremo di procedere spediti. Non dipende solo da noi, abbiamo avviato le interlocuzioni con le opposizioni". Lo ha detto Giorgia Meloni.
Roma, 9 gen. (Adnkronos) - Le vicende dell'acquisto della sede di Acca Larenzia "non sono state condivise con me. È una storica sede del Movimento sociale italiano, ho letto che l'immobile era stato messo all'asta da Inps. Sono contenta che non sia diventato un fast food". Lo ha affermato il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nella conferenza stampa di fine anno.
Roma, 9 gen (Adnkronos) - "Penso che questo governo si debba concentrare sulle materie che ha nel suo programma, non metterei altra carne al fuco. Dopo di che sono convinta che quella che c'è sulla cittadinanza sia un'ottima legge". Lo ha detto Giorgia Meloni.
"L'Italia è una delle Nazioni che concede il maggior numero di cittadinanze ai minori" e "la soluzione o il tema da affrontare è il tempo per ottenere la cittadinanza una volta che hai il diritto per ottenerla", ha spiegato la presidente del Consiglio.
(Adnkronos) - Rizzi, ha ricordato quindi la premier, "è vicedirettore di Aisi, ha alle sue spalle una carriera estremamente prestigiosa nella Polizia di Stato, all'interno della quale ha raggiunto straordinari risultati operativi, apprezzati sia all'interno che al di fuori dei confini nazionali. Uno dei suoi incarichi è stato quello di vicedirettore generale del dipartimento di Pubblica sicurezza. Ricordo anche l'esperienza internazionale che in un ruolo come quello del Dis è importante: copresidente del Gruppo di lavoro dei 27 Paesi dell'Unione europea che devono prevenire il rischio di infiltrazione della criminalità organizzata nelle risorse del Next generation Eu; membro titolare dell'Italia nel management board di Europol; ha guidato per ben due volte la delegazione italiana nel G7 dei ministri degli Interni".
Roma, 9 gen. (Adnkronos) - "Credo" che di una riforma della responsabilità civile dei magistrati "si debba discutere all'interno della maggioranza, attualmente non ne stiamo discutendo". Lo ha affermato il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nella conferenza stampa di fine anno.
Roma, 9 gen (Adnkronos) - Il viaggio a Mar a lago da Donald Trump "era una idea nata durante l'incontro avuto a Parigi. Era occasione, è stata occasione, per confermare un rapporto che si annuncia molto solido, non so se dire privilegiato" e "l'accoglienza è stata al di là delle aspettative". Lo ha detto Giorgia Meloni.
"Italia e Stati Uniti hanno rapporti saldi, questo indipendentemente dal colore dei governi. Io ho avuto un ottimo rapporto con l'amministrazione democratica e con Biden, uno scenario in cui alla guida ci sono due leader conservatori può rafforzare la convergenza. Sarebbe anche un valore aggiunto non solo per l'Italia ma per l'Europa", ha spiegato la presidente del Consiglio.
"Dopo di che a Mar a lago abbiamo parlato del quadro generale senza entrare nello specifico dei singoli dossier, le regole degli Stati Uniti su questo sono rigide. Poi dopo il 20 entreremo nel merito dei vari dossier", ha detto ancora Meloni.