Cronaca

Grugliasco, “stipendi gonfiati e incarichi senza gara”: 765mila euro di danno erariale contestati a politici e dirigenti del Comune

Le somme contestate ai singoli arrivano fino a novantamila euro. Nel Comune del Torinese, sostengono i pm, la quota di retribuzione attrbuita ai dirigenti sulla base degli obiettivi è “rimasta invariata dal 2010 e identica per tutte le posizioni dirigenziali”: trentamila euro a testa. Il responsabile Risorse umane ha giustificato la scelta con la necessità "di non creare elementi di frizione fra i dirigenti" e "contribuire a un miglioramento del clima"

Dirigenti senza contratto per anni, incarichi assegnati senza gara, retribuzioni accessorie oltre i limiti di legge, delibere approvate senza parere dei revisori. Sono alcune delle irregolarità che la Procura della Corte dei Conti del Piemonte contesta a 21 tra dirigenti e amministratori del Comune di Grugliasco, quarantamila abitanti alle porte di Torino. I magistrati chiedono conto di un danno erariale valutato in 765mila euro, frutto – secondo l’accusa – di una gestione quantomeno disinvolta della macchina amministrativa. Tra le persone coinvolte compaiono l’ex assessore e attuale sindaco Emanuele Gaito, il suo predecessore Roberto Montà, l’ex assessora al Personale Gabriella Borio e il segretario generale Luca Costantini, chiamati a restituire somme che vanno da poco più di duemila a oltre novantamila euro. Nell’atto di citazione notificato a metà gennaio, il capitolo più corposo riguarda le “irregolarità nella costituzione del Fondo per il trattamento accessorio della dirigenza”, ovvero la quota variabile dello stipendio che viene erogata ai funzionari in base alle responsabilità e ai risultati raggiunti. A Grugliasco, rilevano i magistrati, questa componente è “rimasta invariata dal 2010 e identica per tutte le posizioni dirigenziali”: trentamila euro a testa. Non solo: dal 2015 al 2018 i dirigenti sono sempre stati nominati con atto unilaterale del sindaco, senza mai firmare un regolare contratto che indicasse per ciascuno la durata dell’incarico, lo stipendio, le mansioni e gli obiettivi (fondamentali, questi ultimi, per determinare il trattamento accessorio).

Dal 2016, poi, il Comune è accusato di aver messo a punto una sorta di welfare domestico contra legem: le sforbiciate agli stipendi pubblici decise con la legge di Stabilità sono state compensate da un uguale aumento nel Fondo per il trattamento accessorio “finanziato col minor costo derivante dalla soppressione di una posizione organizzativa”, con buona pace del bilancio e dei vincoli di spesa. In quell’anno, invece – annotano i magistrati – “il fondo non solo non avrebbe potuto superare l’entità fissata per il 2015, ma avrebbe dovuto essere ridotto di un sesto, considerato che, a far data dal 1° gennaio 2016, erano rimasti in servizio, come sopra indicato, solo cinque dirigenti”. All’appello mancano anche i pareri obbligatori del Collegio dei revisori, che dovevano stabilire se l’integrazione fosse o meno compatibile con i vincoli di bilancio. E poi ancora incarichi conferiti senza gara e rinnovati “con procedura selettiva non adeguatamente pubblicizzata”, in conflitto d’interesse o a persone già in forze presso altri uffici pubblici. Su tutte queste accuse decideranno i giudici contabili nell’udienza fissata per giugno: in quella sede gli amministratori dovranno difendersi dall’accusa di aver agito con “colpa grave”.

“Sembra che abbiamo regalato i soldi, ma non è così: i magistrati contestano un vizio di forma”, commenta l’attuale sindaco Emanuele Gaito, chiamato a rispondere per il periodo in cui era assessore. “Le cifre maggiori vengono chieste agli amministratori, perché si riconduce tutto al fatto di aver votato le delibere: si sostiene cioè che la Giunta non poteva non sapere. Ma noi politici non abbiamo una competenza tecnica tale da sapere cosa è conforme e cosa no, per quello ci sono i tecnici”, si difende. L’inchiesta contabile è stata aperta sulla base dei verbali redatti dagli ispettori del ministero delle Finanze, che tra gennaio e febbraio 2020 hanno passato in rassegna la documentazione dell’ente. Nel carteggio con gli ispettori, il Comune ha ammesso alcune irregolarità e in qualche caso ha accampato delle motivazioni un po’ naïf. Come quella fornita dal responsabile delle Risorse umane, secondo cui il trattamento accessorio uguale per tutti rispondeva all’esigenza “di non creare elementi di frizione fra i dirigenti stessi e, attraverso questo, di contribuire a un miglioramento del clima organizzativo”. Senza contare che in occasione della riorganizzazione straordinaria avviata nel 2015, scrivono i magistrati, il Comune avrebbe dovuto adeguare la “pesatura” delle posizioni dirigenziali, vecchia di 15 anni, e migliorare la valutazione delle performance. “È surreale: ora dobbiamo avere anche il timore di firmare le delibere. Di questo passo nessuno vorrà più fare l’amministratore in Italia”, commenta il sindaco.