Lo cercavano tutti: giornalisti, amici, conoscenti. Da quando era finito sotto inchiesta con l’accusa di aver favorito la latitanza di Matteo Messina Denaro, Alfonso Tumbarello era praticamente sparito dalla circolazione. Almeno fino a oggi, quando i carabinieri del Ros sono andati a notificargli un’ordinanza di misura cautelare firmata dal gip Alfredo Montalto. I militari sono arrivati nella sua casa di Campobello di Mazara, il piccolo comune in provincia di Trapani che nelle ultime settimane sembra essersi trasformato in una sorta di Twin Peaks di Cosa nostra. È infatti un clima inquietante quello tracciato nella richiesta di misura cautelare del procuratore di Palermo, Maurizio De Lucia, dell’aggiunto Paolo Guido e dei sostituti Gianluca De Leo e Pierangelo Padova. Gli investigatori sottolineano come le indagini abbiano offerto “uno spaccato dell’assordante silenzio dell’intera comunità di Campobello di Mazara che, evidentemente con diversi livelli di compiacenza omertosa, paura, o addirittura complicità, ha consentito impunemente al pericoloso stragista ricercato in tutto il mondo di affrontare, almeno negli ultimi due anni, cure mediche e delicatissimi interventi chirurgici in totale libertà, godendo della disponibilità di somme di denaro, macchine, appartamenti, addirittura relazioni sentimentali”.
Camice bianco e grembiulino nero – Del resto, fino a ora, è da questo centro di 11mila abitanti che vengono tutti i personaggi accusati di aver aiutato Messina Denaro nell’ultima parte della sua latitanza. Dopo l’autista Giovanni Luppino, seguito dal geometra Andrea Bonafede, il nipote incensurato dell’ex capomafia del Paese, adesso tocca al medico Tumbarello finire agli arresti. I pm gli contestano una “melliflua e sfuggente” capacità delinquenziale, perché “celata attraverso lo svolgimento di una nobile professione”. Massone iscritto alla loggia Valle di Cusa (dalla quale è stato sospeso dal Grande Oriente d’Italia, dopo essere finito sotto inchiesta), Tumbarello è un personaggio molto rispettato a Campobello. In passato è stato consigliere provinciale dell’Udc, appoggiato da Tonino Vaccarino, l’ex sindaco di Castelvetrano, massone pure lui, l’uomo che per conto del Sisde instaurò una controversa corrispondenza con Messina Denaro, sotto lo pseudonimo di Svetonio. Fu proprio Vaccarino, durante un’udienza di un processo di dieci anni fa, a spiegare di aver agganciato il latitante dopo aver chiesto proprio a Tumbarello di incontrare Salvatore Messina Denaro, fratello dell’ex primula rossa di Cosa nostra. L’incontro si tenne nello studio del medico, “evidentemente luogo ritenuto sicuro per non esporre i partecipanti a rischi”, scrivono gli investigatori. Una vicenda, quella della “risalente conoscenza del medico con la famiglia Messina Denaro”, che nelle 32 pagine dell’ordinanza di misura cautelare viene citato più volte: per il gip Montalto è elemento a sostegno “della consapevolezza da parte del Tumbarello di prestare quell’intensa attività professionale in favore, non del vero Bonafede Andrea, ma del latitante“.
Nel paese degli Andrea Bonafede – Oltre a essere il contatto per agganciare i Messina Denaro, infatti, Tumbarello era pure il medico di famiglia di Andrea Bonafede, il geometra già arrestato due settimane fa per aver “prestato” la sua identità all’ex latitante. Oggi in carcere, insieme a Tumbarello, finisce pure un altro Andrea Bonafede, l’ennesimo di questa storia: si tratta del cugino del geometra, accusato di favoreggiamento e procurata inosservanza di pena. Era Bonafede junior (di 6 anni più giovane del primo) a ritirare e consegnare allo studio Tumbarello le prescrizioni per i farmaci e le visite specialistiche formalmente intestate a suo cugino: in realtà erano destinate a Messina Denaro. Per aver redatto quelle impegnative il medico è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e falso ideologico: per i pm le sue prestazioni sono state “indispensabili nel corso degli ultimi due anni per consentire al latitante di essere curato e assistito dalle diverse strutture sanitarie pubbliche che lo hanno preso in carico, oltreché per ottenere i farmaci la cui somministrazione è stata necessaria per la sua attuale sopravvivenza”. Secondo le indagini il medico ha prescritto a nome di Andrea Bonafede almeno 95 farmaci per gravi patologie tumorali, più 42 esami e analisi. Grazie a queste prescrizioni Messina Denaro si è sottoposto a due interventi: il primo, per un tumore al colon all’ospedale Abele Ajello di Mazara del Vallo, risale al 13 novembre del 2020, dunque in piena pandemia; il secondo, il 4 maggio del 2021, per rimuovere le metastasi al fegato alla clinica La Maddalena di Palermo. Lo stesso luogo dove Messina Denaro è stato arrestato.
“Bonafede? Mai stato all’ambulatorio, lo vedevo in paese” – Bonafede era l’intestatario di quelle prescrizioni: interrogato dai pm ha sostenuto che Tumbarello non sapesse come in realtà a sottoporsi a quelle terapie sarebbe poi stato Messina Denaro. E ha pure assicurato di essersi recato personalmente allo studio medico o di aver comunque sentito direttamente direttamente per avere quelle impegnative. Affermazioni che i pm hanno smentito in vari modi. Intanto seguendo la logica: come era possibile che Tamburello prescrivesse terapie tumorali al suo assistito, senza capire che lo stato di salute di Bonafede era palesemente incompatibile con quanto invece documentato dal percorso clinico? Ma a smentire il geometra e a inguaiare Tamburello sono state soprattutto le indagini: i tabulati telefonici hanno escluso contatti tra i due almeno dal 2019. E la segretaria di Tumbarello ha negato di aver visto Bonafede all’ambulatorio del medico, almeno negli ultimi 17 anni. La donna lo incontrava solo in giro per Campobello: “Perché ci conosciamo tutti essendo un paese piccolo“, ha spiegato agli investigatori. A ritirare le prescrizioni, ha detto la segretaria, era sempre il cugino omonimo del geometra, quello che oggi è finito in carcere.
“Come sta tuo cugino? Si sta riprendendo” – Bonafede junior era una sorta di postino: andava all’ambulatorio a prendere ricette, ma consegnava anche documentazione medica rilasciata dalle cliniche dove Messina Denaro era in cura, come La Maddalena di Palermo. Tutti certificati intestati a suo cugino. Logico dunque che, in una realtà piccola come quella di Campobello, la segretaria del medico s’informasse ciclicamente sulle condizioni di salute di Bonafede senior. “Si sta riprendendo“, mentiva Bonafede junior, visto che a essere malato era Messina Denaro. Un elemento che fa scrivere al gip come Bonafede junior fosse “pienamente consapevole” della vera identità del malato oncologico. Nell’ordinanza si legge anche che “sono ancora necessari approfondimenti anche per delineare meglio il ruolo del predetto avuto riguardo all’estrema fiducia nello stesso riposta allorché gli è stato affidato quell’incarico così delicato ed importante per la sicurezza del latitante Messina Denaro”. Insomma: il boss delle stragi si fidava davvero tanto dei Bonafede.
“Così ha visitato Messina Denaro” – Ma evidentemente il boss si fidava pure di Tumbarello. Ecco perché, secondo il pm, il professionista sapeva benissimo di essere il medico di Messina Denaro, visto che rea diventato il suo “stabile interlocutore del lungo e tormentato percorso terapeutico”. È il capomafia che ha partecipato alle bombe di Firenze e Milano l’uomo che beneficiava delle prescrizioni di Tumbarello. E il medico lo sapeva, quando firmava impegnative per esami costosissimi, tutti a carico dei contribuenti: nell’elenco sequestrato dagli inquirenti c’è una ricetta per una Pet, una l’estrazione di Dna o Rna, un’altra per l’analisi di mutazione Dna. Nelle carte dell’inchiesta, gli investigatori spiegano che il primo intervento subito da Messina Denaro è stato possibile grazie a una falsa scheda creata da Tumbarello, nella quale il medico “ha dato atto di aver eseguito personalmente un’accurata anamnesi e valutazione clinica del paziente, che già aveva eseguito una colonscopia ed era in cura farmacologica, sollecitandone il ricovero a causa della neoformazione stenosante del giunto retto-sigma, ricovero cui faceva seguito, a distanza di pochi giorni, l’intervento chirurgico del 13 novembre 2020”. In calce alla scheda il medico ha chiesto di essere informato – attraverso una “esauriente relazione clinica” – delle condizioni di salute del paziente Bonafede/Messina Denaro al termine del ricovero. Tutti questi elementi portano i pm a scrivere nella richiesta di misura cautelare che Tumbarello “ha personalmente visitato il paziente Messina Denaro, raccolto l’anamnesi, indicatogli un percorso terapeutico, poi seguito con estrema attenzione, prescritto in più di un centinaio di occasioni farmaci e analisi mediche, per patologie molto gravi, di cui effettivamente soffriva e soffre Messina Denaro, intestandole a un proprio assistito, che in realtà godeva di ottima salute”. E ancora il medico era diventato per il capomafia “il punto di riferimento per l’intero Servizio sanitario, con conseguenti assunzioni di oneri, responsabilità e tutto ciò che notoriamente consegue al monitoraggio del malato oncologico, che dunque vanno ben oltre la semplice e occasionale prescrizione di farmaci. Ruolo evidentemente da egli assunto solo in quanto consapevole e informato della reale identità del paziente”.
Il gip: “Intensa e incondizionata opera a vantaggio del boss” – Il gip è d’accordo con l’accusa: “Non può minimamente dubitarsi della consapevolezza da parte del Tumbarello di prestare la sua attività professionale in favore di un soggetto diverso da quello da lui indicato in Bonafede Andrea” e “non si vede quale altra ragione possa esservi nell’utilizzare una falsa identità in un percorso terapeutico per una patologia di siffatta gravità se non quella di assicurare al suo effettivo e reale beneficiario, Messina Denaro, di accedere alle cure sanitarie nonostante il suo notorio stato di latitanza perdurante da decenni”. Secondo il giudice Montalto, l’indagato “ha consapevolmente ‘coperto’ la vera identità del Messina Denaro, bisognoso di accedere alle cure del servizio sanitario nazionale, con quella del suo paziente Bonafede Andrea classe 1963, mai ricevuto e tanto meno visitato e che conseguentemente ben sapeva non potere essere effettivamente affetto da patologie così gravi”. Per questo il gip evidenzia “l’intensa, incondizionata e continuativa opera prestata dal predetto a vantaggio del più importante esponente mafioso della consorteria mafiosa”.
Proseguono le indagini sui medici: “Inquietante reticolo di connivenze”- Per tutti questi motivi i pm hanno chiesto e ottenuto l’arresto del medico, al quale contestano “una non comune e spregiudicata capacità delinquenziale, ancor più melliflua e sfuggente perché celata attraverso lo svolgimento di una nobile professione, e ancor più grave perché manifestata attraverso l’abuso delle pubbliche funzioni certificative che ha il medico di base”. La richiesta di misura cautelare in carcere, e non ai domiciliari come normalmente avviene per le persone che hanno più di 70 anni, viene motivata col fatto che il medico “non avrebbe alcuno scrupolo o timore a commettere reati della stessa specie, finalizzati a coprire (anche documentalmente) ulteriori responsabilità dei correi che hanno consentito al latitante di continuare a gestire e governare l’associazione mafiosa nonostante le gravissime patologie di cui era afflitto”. Secondo le accuse della procura Tumbarello ha curato lo stragista fino al suo ultimo giorno di lavoro, nel novembre del 2022: poi è andato in pensione. Sono ancora operativi, invece, diversi altri medici sui quali si sta concentrando l’attenzione degli investigatori: le prime indagini, infatti, “hanno svelato un inquietante reticolo di connivenze e complicità in diversi luoghi e in svariati ambiti professionali, a cominciare da quello proprio dell’odierno indagato, cioè quello medico – sanitario, reticolo sul quale sarà necessario proseguire le investigazioni”. Chi indaga assicura che l’inchiesta sui favoreggiatori di Messina Denaro è “in pienissimo e frenetico svolgimento”. Qualcuno, nell’ombra, trema.