La Giornata mondiale per la sicurezza in Rete è promossa dalla Commissione Europea e viene celebrata, da ben vent’anni, in contemporanea in oltre cento nazioni. Caffo (Telefono Azzurro): "Il digitale non è solo intrattenimento". Brighi, docente di psicologia dello sviluppo: "Bullismo e cyberbullismo coesistono"
Si informano solo attraverso i social network; li usano persino per guadagnare qualche soldo; temono per i loro dati ma accedono sempre prima al mondo della Rete dove un ragazzo su due incappa in contenuti inappropriati. E ora spunta un altro pericolo: il gaming, finora sottovalutato nel nostro Paese. E’ la fotografia che diverse ricerche ci consegnano in occasione del Safer Internet Day, la Giornata mondiale per la sicurezza in Rete promossa dalla Commissione Europea e celebrata, da ben vent’anni, in contemporanea in oltre cento nazioni. Due, tra le tante, sono in modo particolare le più eloquenti: i dati della ricerca realizzata da “Generazioni Connesse” sulla quantità e sulla qualità delle ore passate in Rete dalle ragazze e dai ragazzi in Italia, che quest’anno ha coinvolto 3.488 studentesse e studenti delle Scuole secondarie di primo e secondo grado; il report di “Telefono Azzurro” e “Doxa” dal titolo “Tra realtà e metaverso. Adolescenti e genitori nel mondo digitale”.
Partiamo, da un dato positivo. Forse l’unico: dopo la pandemia, gli adolescenti iniziano a ripensare il proprio rapporto con le nuove tecnologie, iniziando con il tempo speso online e dalle finalità d’uso, sempre più costruttive e meno “ludiche”. Rispetto agli anni passati, c’è un’ulteriore diminuzione di coloro che affermano di essere connessi oltre cinque ore al giorno: oggi sono il 47%, contro il 54% del 2022 e il 77% del 2021. Non siamo ancora ai livelli di febbraio 2020, quando gli “iperconnessi” si fermavano alle soglie del 30% del campione, ma appare ormai alle spalle la tendenza dello scorso biennio.
Detto ciò in tantissimi hanno ricreato sulle piattaforme una sorta di microcosmo digitale. Tra chi usa Internet per informarsi, 4 su 10 lo fanno attraverso il feed social, mentre solo 1 su 4 si orienta principalmente verso i siti di news. Fari puntati sull’Intelligenza Artificiale: 2 su 3 la usano per generare contenuti, ma la fiducia nell’algoritmo spesso è eccessiva.
Ma c’è una novità; c’è persino chi sulle piattaforme investe sul proprio futuro: se, complessivamente, quasi 1 su 5 (18%) parallelamente agli studi dice di svolgere anche piccole attività lavorative, tra questi poco meno di un terzo (5%) ha deciso di puntare sul digitale. La porzione più consistente si è orientata proprio sui social media, ad esempio creando pagine personali, dal carattere anche commerciale, o gestendo pagine social di altri. Il 51% pensa che quella possa diventare, un domani, un’occupazione a tempo pieno. Tra gli intervistati, 2 su 3 hanno già sperimentato l’Intelligenza Artificiale per creare testi vari da utilizzare per lo studio o per usi personali. Nonostante, analogamente a quanto avviene per l’algoritmo dei social, il 45% degli intervistati non ne abbia approfondito il funzionamento e circa 1 su 10 non mostri interesse a farlo neanche in futuro.
Ed è proprio su questi nuovi aspetti della Rete che hanno puntato i fari “Telefono Azzurro” e “Doxa”: il 35% degli intervistati ritiene che il gaming possa essere utile nel creare un clima positivo di classe tra i compagni (lo affermano soprattutto i maschi). Il 27% lo considera il un possibile strumento utile per l’insegnamento delle materie scolastiche e la stessa percentuale lo ritiene applicabile nella pratica sportiva. Per quanto riguarda l’area della salute, 1 ragazzo su 4 suggerisce come il gaming possa essere utile nell’aiutare ad affrontare le difficoltà psicologiche e il 15% lo considera potenzialmente importante nell’ambito della salute mentale.
Oltre all’utilizzo dei social, anche il gaming, non di rado, si protrae fino a tarda notte; il 29% riporta di giocare fino a tarda notte almeno una volta alla settimana, mentre il 14% almeno una volta al mese. Il 4% lo fa tutti i giorni.
E anche qui non mancano i rischi: “Abbastanza frequentemente – cita la ricerca – accadono episodi riconducibili alla discriminazione e all’esclusione: l’11% dice di aver preso le difese di qualcuno, l’11% ammette di aver preso in giro qualcuno, 1 ragazzo su 10 riferisce di essere stato/a preso/a in giro, l’8% di essere stato/a escluso/a e il 6% di aver assistito a qualcosa che l’ha fatto/a sentire a disagio”. I tre argomenti principali che gli studenti vorrebbero, d’altro canto, maggiormente approfondire a scuola tramite l’Educazione digitale sono: come evitare di stare troppo tempo online, la difesa della propria privacy e la capacità di riconoscere le fake news.
Lo sa bene Ernesto Caffo, presidente di “Telefono Azzurro” che a ilfattoquotidiano.it spiega: “C’è una forte differenza tra generazioni rispetto alla percezione dei pericoli in Rete. Per i ragazzi il digitale non è solo intrattenimento è fonte di autonomia, di potere, significa diventare soggetti attivi. I giovani si rendono persino conto che i loro dati sono un patrimonio, ma di fronte a tutto ciò non basta il parental control ma serve una cultura del digitale da parte del Paese. L’economia sta giocando un ruolo fondamentale in questa partita per questo noi insistiamo su una reale verifica dell’età di accesso ai social da parte dei ragazzi”. Caffo pensa soprattutto al futuro: “Il gaming è diventato non solo divertimento, ma un’occasione di acquisizione di esperienza sociale. La ricchezza dei gaming si svilupperà con il metaverso”.
La pandemia ha fatto la sua parte su questo aspetto: “Durante il Covid – spiega il numero uno di “Telefono Azzurro” – si è raggiunto un picco di tutta la popolazione. Dobbiamo affrontare al più presto il tema dell’uso del denaro in Rete da parte dei giovani. È inutile dire: ‘I bambini non devono usare questo o quello!’. E’ pura fantasia. Dobbiamo, invece, arrivare preparati, pensare a soluzioni a medio e a lungo termine come è stato fatto in Francia e in Inghilterra”. I percoli sono quotidiani.
Il gioco può fungere da scher-mo protettivo nei confronti del mondo, finendo per isolare il ragazzo o la ragazza: il 32% ammette di perdere la cognizione del tempo, il 13% teme di essere dipendente dal gioco, l’11% ha l’impressione di essere protetto dal mondo esterno e l’8% si sente isolato. Il rischio ritenuto più probabile dai ragazzi intervistati è quello di essere contattati da parte di estranei adulti. Seguono il bullismo (57%), oversharing di dati personali (54%), la visione contenuti vio- lenti (53%) o sessualmente espliciti (45%), l’invio di contenuti di cui ci si potrebbe pentire (36%), le spese eccessive (19%), il gioco d’azzardo (14%).
“Il bullismo e il cyberbullismo – spiega Antonella Brighi, professoressa ordinaria in psicologia dello sviluppo a Scienze della formazione a Bolzano e coautrice con Annalisa Guarini di “Cyberbullismo a scuola” (Erikson) – sono due dimensioni che coesistono. Spesso si passa dalla Rete alla realtà o il contrario. Oggi il capitale sociale si è trasferito, spesso, online e lì vi è un uso distorto delle possibilità che la Rete offre. Assistiamo ancora a un’onda lunga della pandemia dal punto di vista del malessere psicologico, ma non possiamo puntare il dito solo contro il Web. La scuola deve investire maggiormente su di essa comprendendo che non basta un corso sul bullismo, ma vanno modificate le metodologie didattiche; le relazioni tra docenti e alunni”.