Signori neomelodici della corte, giudice Mogol, giurati demoscopici vari. A Sanremo 2023 nei testi della canzoni in gara c’è il ritorno definitivo dell’ “amore”. Sarà l’effetto rigetto dai Maneskin, ma i brani, ben 16 su 28, straboccano di “amore” e “cuore”. Come tradizione italiana e sanremese vogliono. L’avevamo già riscontrato l’anno scorso, ma quest’anno l’Ariston diventa meeting assoluto di romanticherie sussurrate che farebbero invidia ad Achille Togliani. E cosa ancora più curiosa è che non è l’usato sicuro dei veterani (Oxa, Giorgia, Articolo 31, Grignani) a ricorrere all’espediente lessicale più antico del mondo. Bensì ragazzini e ragazzine che Baudo avrebbe messo in castigo tra le Nuove proposte. Shari, ad esempio, mostra di intendere il suo lato romantico più sul piano muscolare. “Vorrei qualcuno da idealizzare che mi tenga apposto il cuore/forse vorrei solo qualcuno da amare per poi fargli del male”, canta in Egoista cavalcando in pieno il #MeToo. Tananai è invece uomo di una volta, anche un po’ crudele, e subito alla prima strofa attacca, in Tango: “Non c’è un amore senza una ragazza che pianga”.
Olly, anni 21, deve aver avuto brutte esperienze con la ragazze (ma ha ancora tempo) e in Polvere fa andare in tilt tutte le certezze dell’allergologia: “Io, innamorato, come i ciechi con gli odori, come i muti con i rumori”. Mr.Rain, invece, che di anni ne ha 31 anni mostra in Supereroi che tra i 20 e i 30 si vive lo spartiacque che Olly ancora non immagina: “Il cuore è un’armatura/ci salva ma si consuma”. Leo Gassman, addirittura, si propone come evoluzione della specie in ambito cardiologico, novello Barnard più come il nonno, che come il papà, esagera, straborda, travolge intitolando il suo brano in gara Terzo Cuore sostenendo di avere ben “tre cuori dentro al petto”. Un delirio percettivo generalizzato sembra attraversare i brani di Sanremo 2023. I Modà, ad esempio, per descrivere un amore finito in Lasciami, stanno lontani della classicità sanremese ma si avventurano in lapilli di sinestesie accavallate da visita di controllo: “Ho bevuto il tuo bacio e ho sentito la parte migliore di me (…) lasciami un po’ di profumo e un bicchiere con dentro un ricordo, mettici un bacio e veleno con ghiaccio”. Paola e Chiara hanno visioni da Lsd anni Settanta (“dentro ai tuoi occhi/c’è un fuoco, una strobo”), mente il 17enne LDA si rivolge all’amata (dopo Sanremo probabilmente non più) e le dice “tu che disegni i silenzi a matita”. Giorgia invece è quella più allusiva e sibillina, le sue esperienze le ha fatte e può tornare ad accostarsi e aggiornare il celebre verso di Massimo Ranieri, “quel prato di periferia, ti ha visto tante volte mia”. Eccola che, in Parole dette male, lancia il sasso e tira indietro mezza mano: “Le tue risate e fare i cretini nei prati/andare a dormire ancora bagnati”.
Levante vorrebbe pure lei, ma non sembra poter mai (“Vivo il digitale/vivo l’uomo e l’animale/vivo l’attimo che c’è”), mentre i Colla zio avvisano le groupies che andranno in tour con loro: “bimba, sai che la mia lingua è un mitra”. Numerosi gli artisti che, infine, si pongono interrogativi sulla contemporaneità. Mengoni, ad esempio, rinfocola un dibattito non di poco conto: “Che nessuno si sente così/che nessuno li guarda più i film”, mentre Mara Sattei vincerà a mani basse il premio Codacons. Da un lato intitola il suo brano Duemilaminuti che farebbe gola a molti sponsor della telefonia mobile, ma appena attacca fa capire che il 5G più che un gombloddo è la solita minestra: “Ti chiamerei anche se non prende”.