Pelù è così, prendere o lasciare. Terzo palco e porta a casa. Chi vuol essere lieto sia, del doman non v’è certezza
Terremoooooto! Ma anche meno. L’Iggy Pop del Mugnone ripassa da Sanremo ma nemmeno stavolta sarà stage diving. Quando pensi a Piero Pelù sul palco dell’Ariston ti immagini quei momenti in cui scatta la bestemmia in fiorentino alla dama impellicciata di Bordighera assopita in seconda fila. Invece nel 2020 in gara con Gigante il nulla. Nemmeno gli ammiccamenti di Arbore modello Clarinetto. È la “ribellione” à la Pelù che si imbottiglia nel collo stretto dell’aplomb del Festival. Prima Piero fa pace (ma ha mai fatto davvero la guerra?) con Ghigo (Renzulli) e compie con L’ultimo girone dei Litifiba un tour rock definitivo (chissà?) della madonna in mezza Europa (c’era pure il Bataclan parigino), poi eccolo sul “terzo palco” che sa un po’ di “terzo polo”. Mi si nota di più se vengo e sto in un angolo a rimescolare il brodo della diretta tv infinita, ad uso e consumo di mamma Rai, o se non vengo per nulla? Sessant’anni e un fisico scolpito, come un David marmoreo nella sua Firenze, Pelù è da tempo social friendly come i Ferragnez.
C’è sempre uno scatto a petto nudo, e anche a figura intera, nuda, più Borat che Iggy, a contornare i frame più classici dei live. E poi, sull’onda lunga del progressismo dei Novanta, del dualismo ribellione/governabilità, ecco un dito nel naso e una foto sull’alluvione nelle Marche; il dito medio e un acuto di El Diablo. Anche se c’è un must peluiano che ricorre oramai più di accordi e note rock and roll: l’ecologismo apocalittico. Proprio quando Piero è in versione Borat su una spiaggia marocchina, ipoteca la linguaccia, dimentica il maledettismo, raccoglie le sportine di plastica che nemmeno i volontari del WWF, si butta in acqua e poi scrive: “bagno nell’Atlantico quasi caldo (troppo caldo e sappiamo i perché)”. Il tempo passa e se ne va, cantava Celentano. Mentre Piero coi Litfiba passa dalla new wave dei novanta con “dice che è proibito, che è proibito anche fumare/Io vi lascio il giorno, ma la notte è solo mia, mia!”, alle rime alla Rodari dei duemila inoltrati, “Io mangio tutto/Lo mangio a poco/E alla fine mangerò anche il vuoto/Io mangio mangio mangio/Tutto l’ingranaggio/Perché sono l’opportunista a medio e lungo raggio”. Pelù è così, prendere o lasciare. Terzo palco e porta a casa. Chi vuol essere lieto sia, del doman non v’è certezza.