Schifani, sei un traditore. Hai fatto come Bruto. Ma le piazze le dedicano a Giulio Cesare, non a Bruto”. L’ultimo stappo, quello definitivo, viene registrato a Sala d’Ercole, sede dell’Assemblea regionale siciliana, durante l’esame della legge di stabilità. Il commissario siciliano di Forza Italia, Gianfranco Micciché, attacca senza mezzi termini il presidente della Regione di Forza Italia, Renato Schifani. Il governatore non risponde, ma il gruppo berlusconiano in Assemblea sì: “Micciché? Volgare e ridicolo”.

Azzurri contro – Micciché, in Assemblea regionale, è rimasto solo. E non è un modo di dire. È, infatti, l’unico componente del gruppo misto. Un paradosso tutto siculo: il coordinatore di una delle forze politiche a sostegno del governo regionale è non solo fuori dal gruppo che rappresenta quella forza politica, ma è un “battitore libero” nel parlamento regionale.

“Tu Bruto, io Cesare”- “Io sono contento – l’intervento di Micciché in Aula – perché il lavoro che ho fatto insieme ad altri, perché si potesse cambiare il presidente della Regione nella passata legislatura (il ministro in carica per la Protezione civile e per le Politiche del mare, Nello Musumeci, ndr), mi dà ragione. Qui c’è un altro stile, un altro metodo: voi avete cominciato a parlare con l’aula, cosa che prima non esisteva, prima c’era l’odio nei confronti dell’aula. Oggi questo governo, sta facendo bene sta facendo male lo vedremo, quanto meno dialoga. Questo che significa – l’affondo – che io improvvisamente adoro il presidente Schifani? No, lo detesto. Lo dico con grande sincerità perché mi sono sentito tradito. Però penso al bene della Sicilia, e quindi spero che questo governo prosegua positivamente la sua strada. Certo presidente Schifani, tanti sono stati traditi nella storia, a partire da Gesù, Giulio Cesare… vi ricorderete Bruto… Io sono certo, che alla fine della storia, Bruto sarà sempre lei – ha concluso Micciché – e io sarò Giulio Cesare”.

“Micciché ridicolo” – Schifani non ha replicato in Aula, né ha voluto rilasciare dichiarazioni a margine. Chi gli è vicino, assicura che il presidente della Regione è rimasto “impassibile” di fronte all’attacco del coordinatore di Forza Italia. Ma una replica a Micciché è arrivata, e molto ferma, da parte del gruppo di Forza Italia in Assemblea, tutto schierato con Schifani: “In una seduta d’Aula dedicata ad affrontare e risolvere i problemi della Sicilia e in un importante clima di dialogo e costruttivo confronto fra tutte le parti politiche, – si legge nel comunicato del capogruppo Stefano Pellegrino – l’unica nota stonata viene ancora una volta dall’on. Micciché che non sa più come cercare la ribalta e, purtroppo per lui, lo fa sempre più oltrepassando i limiti della volgarità, e scadendo nel ridicolo”. Traditore da un lato, ridicolo dall’altro. Gli stracci volano in aula.

“Ho il diritto di provare rancore” – Micciché, dal canto suo, si dice meravigliato dalla replica dei suoi ex colleghi di partito. “Dopo quello che ho subito negli ultimi mesi credo di avere diritto a provare del rancore. Ma nel mio intervento ho riconosciuto i meriti di Schifani”. Ma col governatore, ormai, il rapporto appare compromesso. “Non mi hanno voluto in giunta, – ricorda Micciché – non hanno voluto gli assessori indicati da me che sono il coordinatore di Forza Italia, non mi hanno voluto accordare nemmeno un presidente di commissione. Hanno pure fatto un gruppo parlamentare senza convocare il coordinatore. Mi chiedo a questo punto: come mai non mi hanno voluto con loro?”.

Il coordinatore è solo – E così, Micciché oggi è un coordinatore solo. Formalmente guida il partito, ma nel parlamento siciliano è l’unico componente del gruppo Misto. “Un gruppo che “presiede”, come è stato comunicato, con un retrogusto ironico, durante la stessa seduta. Una situazione surreale che potrebbe esserre risolta dal leader di Forza Italia. Che però, al momento, non parla, di fatto confermando Micciché alla guida del partito in Sicilia, nonostante le liti col governatore. “Berlusconi? – dice Micciché – Fa bene a non intervenire. Schifani del resto gli aveva detto di no anche quando gli ha comunicato la lista degli assessori regionali scelti dal partito”.

La fuga da Miccichè – Eppure, Micciché – che ha rinunciato a un posto in Senato per restare in Sicilia – un gruppo parlamentare lo guidava. Erano i giorni in cui Forza Italia si era spaccata esattamente in due, al punto da spingere i deputati a intitolare uno dei gruppi frutto della scissione “Forza Italia 2”. A poco a poco, però, tutti hanno abbandonato il coordinatore. Anche alcuni dei suoi fedelissimi. È il caso del consigliere nisseno Michele Mancuso, che era stato anche nominato capogruppo da Micciché. Se ne era già andato, nel frattempo, il consigliere catanese Nicola D’Agostino, mentre un altro “miccicheiano”, Tommaso Calderone ha scelto lo scranno romano, visto che era stato anche eletto alla Camera dei deputati. In questo modo è entrata all’Assemblea regionale l’ex assessora regionale Bernadette Grasso, che si è subito posizionata dalla parte di Schifani. Il risultato? Micciché da solo nel gruppo Misto. Tradito, come Giulio Cesare, dice lui.

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