Ci sarà anche una tassa sui grandi patrimoni tra le misure che il presidente degli Stati Uniti Joe Biden presenterà oggi nel sui discorso sullo stato dell’Unione. Il presidente chiederà anche di quadruplicare dall’1 al 4% il prelievo sui buy back, ovvero il riacquisto di azioni proprie, strategia utilizzata dalle aziende per alzare il valore dei titoli e, in sostanza, distribuire utili agli azionisti. LO scorso anno solo negli Stati Uniti i buy back sono ammontati complessivamente a 1.260 miliardi di dollari. Un prelievo del 4% avrebbe significato un gettito di circa 50 miliardi di dollari. Dobbiamo ancora fare progressi sull’inflazione ma siamo assistendo a un rallentamento. Gli americani dovrebbero essere ottimisti. Il presidente nel discorso sullo Stato dell’Unione parlerà dei progressi per ridurre i costi e concedere una boccata di ossigeno alla famiglie“, afferma la Casa Bianca sottolineando che Biden nel suo discorso sullo Stato dell’Unione “metterà in evidenza il boom del settore manifatturiero e come la sua strategia economica è responsabile dal punto di vista di bilancio”. Biden, aggiunge la Casa Bianca, è perfettamente consapevole che “costruire un’economia dal basso verso l’alto è un lavoro lungi dall’essere finito”.

Un prelievo più deciso sui grandi patrimoni è da tempo sostenuto dall’ala sinistra del partito democratico e da senatori come Elizabeth Warren e Bernie Sanders. Warren in particolare ha fatto proprio il progetto elaborato dagli economisti Gabriel Zucman ed Emanuel Saez che hanno dedicato gran parte dei loro valori ad una tassazione più equa e al fenomeno del trasferimento delle ricchezze in giurisdizioni segrete dove sono esenti da prelievi. La proposta prevede soprattutto la tassazione delle plusvalenze non realizzate, ovvero l’aumento dei valori di mercato di azioni, altre attività finanziarie o immobiliari, guadagni che però rimangono “virtuali” finche il possessore non decide di vendere. È in questa forma infatti che si trovano le vere ricchezze dei miliardari e i loro flussi di introiti, non certo dai redditi da lavoro la cui tassazione incide solo minimamente su quelli che sono i reali guadagni. La Casa Bianca avrebbe deciso quindi di non aspettare che questi beni siano venduti per tassarne le rivalutazioni, ma di effettuare i prelievi fiscali direttamente sugli incrementi di valore anno per anno, considerandoli come reddito ordinario. L’idea è quindi quella di definire una sorta minimum tax per miliardari pari al 20% del loro reddito (guadagni da plusvalenze non realizzati inclusi)

La misura si applicherebbe soltanto alla famiglie con patrimoni al di sopra dei 100 milioni di dollari. Il gettito è potenzialmente elevato ma molto variabile. L’anno scorso ad esempio con il valori di azioni, obbligazioni e partecipazioni in calo di plusvalenze da tassare ce ne sarebbero state ben poche. Gli americani con un patrimonio di almeno 50 milioni di dollari sarebbero 63.505, per complessivi 12,8 trilioni di dollari. Tra il 2016 e il 2021 questo gruppo è quasi raddoppiato, passando da 37.140 a oltre 63.505, con un patrimonio complessivo incrementato del 51,84% in valori reali, da 8,4 a 12,8 trilioni di dollari. Sinora i più ricchi hanno beneficiato della possibilità, preclusa a chi ha redditi normali, di trasferire le proprie fortune in paesi dove le tasse praticamente non esistono. In pratica più si è ricchi meno tasse si pagano. Ora, di fronte a diseguaglianze in crescita costante, l’atteggiamento di governi ed opinionisti sta lentamente cambiando e si elaborano nuove strategie. Due giorni fa l’autorevole editorialista del Financial Times Martin Wolf ha suggerito di ripensare il sistema di tassazione sulle rivalutazione dei terreni.

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