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Brasile, il complotto contro il giudice della Corte Suprema “nemico” di Bolsonaro per impedire l’insediamento di Lula

Due senatori sono coinvolti nel presunto piano che avrebbe dovuto invalidare l'esito delle presidenziali. Al centro del caso il giudice De Moraes: uno dei due parlamentari avrebbe dovuto spingerlo ad ammettere di avere ha superato i limiti delle sue prerogative previste dalla costituzione. "Fatto questo Bolsonaro avrebbe potuto arrestarlo, annullare le elezioni e rimanere presidente”

Il senatore brasiliano Marcos do Val ha denunciato un nuovo presunto piano sovversivo ordito dall’ex presidente Jair Bolsonaro e dall’ex deputato federale Daniel Silveira per arrestare il giudice della Corte suprema Alexandre de Moraes, cancellare le elezioni dello scorso ottobre 2022 e impedire l’insediamento del presidente Luiz Inacio Lula da Silva. Poche ore dopo la pubblicazione dell’intervista-denuncia sul settimanale “Veja” e su “TvGlobo”, in cui do Val racconta di un incontro segreto con Bolsonaro dello scorso 9 dicembre, il senatore ha parzialmente ritrattato, cambiato più volte versione e alla fine denunciato lui il giudice de Moraes, che giurava di voler difendere, chiedendone l’allontanamento dalle indagini sul tentato colpo di stato dello scorso 8 gennaio che vedono il cerchio stringersi sempre più intorno a Bolsonaro. Il giudice ha a sua volta iscritto il senatore nel registro degli indagati nello stesso fascicolo. Ancora una volta dallo scontro politico-giudiziario emergono fitte e complesse trame che mostrano la fragilità del quadro istituzionale brasiliano, il cui rischio destabilizzazione non è mai stato così vivo.

Lo scorso venerdì il senatore do Val ha ricostruito tra le lacrime alla stampa il presunto piano. Il giorno 7 dicembre 2022 mentre era in parlamento avrebbe parlato al telefono con Bolsonaro con il cellulare di Silveira. Nella breve conversazione l’ex capo dello stato dichiarava di avere una questione “importante” e “urgente” da affrontare per cui aveva necessità di parlargli. L’incontro fu fissato per il 9 dicembre. Silveira avrebbe fornito le indicazioni per evitare la registrazione dell’accesso di do Val al palazzo presidenziale. “Mi diede appuntamento in un parcheggio dove venne a prendermi con un’auto del presidente Bolsonaro. Con quella sono stato condotto alla riunione”, ha raccontato. Circa 40 minuti di riunione in cui l’unico a parlare sarebbe stato Silveira mente Bolsonaro “si limitava ad annuire”.

Silveira disse che Do Val era stato scelto per diventare un “eroe nazionale”. “L’idea era che fissassi un appuntamento con il giudice de Moraes. Silveira – ricostruisce do Val in tv – voleva che andassi a parlargli con un registratore addosso. Nel corso dell’incontro avrei dovuto spingere De Moraes ad ammettere che ha superato i limiti delle sue prerogative previste dalla costituzione. Fatto questo Bolsonaro avrebbe potuto arrestarlo, annullare le elezioni e rimanere presidente”. Silveira avrebbe a quel punto riferito che tutto sarebbe già stato pianificato con l’appoggio del Gabinetto di sicurezza istituzionale (Gsi), e dell’Agenzia brasiliana di intelligence (Abin) che avrebbe fornito l’attrezzatura necessaria per le registrazioni e garantito ‘copertura legale’ all’operazione. Il senatore sostiene che al momento dell’uscita Bolsonaro che nel corso della riunione avrebbe solo annuito, gli avrebbe detto “aspettiamo una tua risposta”. Uscito dalla riunione do Val, aveva contattato il giudice de Moraes chiedendogli un incontro. Due giorni dopo, a margine di una riunione della Corte, lo aveva informato di tutto.

E a questo punto le versioni divergono. Secondo il senatore, de Moraes avrebbe bollato l’idea come ridicola e lasciato correre. Secondo de Moraes, invece, avrebbe chiesto a do Val di presentare una denuncia formale perché si potesse procedere con indagini e verifiche. Da questa differente ricostruzione nasce la denuncia per omissioni in atti d’ufficio presentata contro il giudice da parte di do Val, sentitosi tradito. Dal canto suo il giudice ha inserito il senatore della lista degli indagati del tentato colpo di stato di gennaio. Al netto della verità giudiziaria del caso, la questione è puramente politica. Mentre a caldo, anche negli ambienti vicini alla maggioranza e allo stesso presidente Lula si era gridato all’ennesimo tentativo di golpe sfumato, con il passare dei giorni la lettura degli eventi è cambiata. Quella che poteva sembrare una volontà coscienziosa di tutelare lo stato di diritto da parte del senatore bolsonarista, è oggi vista come invece un tentativo di squalificare il giudice della Corte suprema.

De Moraes, nemico giurato del bolsonarismo, ha in mano tutti i dossier più compromettenti per Bolsonaro e i suoi sostenitori. Indagini avviate sin dal 2019 su atti anti-democratici e azioni violente e sovversive contro parlamento e Corte suprema che hanno già portato all’arresto di numerosi sostenitori dell’ex presidente e alla condanna dello stesso ex deputato Silveira a 8 anni e 9 mesi per attentato contro lo stato di diritto, poi graziato dal presidente Bolsonaro. Il giudice de Moraes è anche il presidente del Tribunale supremo elettorale (Tse) che ha certificato l’elezione di Lula e che era nel mirino del governo Bolsonaro da anni nel corso della campagna per denunciare le falle del sistema elettorale e il rischio frodi, mai provato.

Inoltre, nella bozza dello “stato di emergenza” trovata nella casa dell’ex ministro Anderson Torres, la proposta era istallare una giunta a guida militare proprio al Tse, per sospendere il risultato delle elezioni e impedire a Lula di arrivare al potere. Il piano prevedeva l’intervento d’imperio a seguito del caos generato per le strade. Un caos che secondo le indagini sarebbe stato pianificato organizzato dagli stessi sostenitori di Bolsonaro nell’accampamento davanti al quartier generale dell’esercito. Da lì gruppi di facinorosi erano partiti il 12 dicembre per assaltare la polizia federale e da li il 24 dicembre erano partiti i tre responsabili dell’attentato sfumato nei pressi dell’aeroporto, dove avevano cercato senza successo di far esplodere un camion di combustibili. Un quadro di azioni sovversive in cui si inserisce anche il tentativo di registrare presunte conversazioni compromettenti del giudice de Moraes. Tutto a dicembre. Tutti tentativi sfumati che avrebbero generato la frustrazione sfogata l’8 gennaio contro i palazzi del potere, con il sostegno di pezzi dello stato. Un quadro che seppure di più facile lettura continua a tenere in stress la giovane e fragile democrazia brasiliana.