La stella 38enne dei Los Angeles Laker frantuma un primato che resisteva da 34 anni. È il più forte giocatore mai esistito? È stato l’erede di Michael Jordan? Il dibattito tra i fan e gli hater è più vivo che mai. Resta la certezza che da questa notte LeBron James è il miglior realizzatore della storia
The Chosen One, il prescelto. Un soprannome che milioni di persone associano a Harry Potter ma che nel mondo del basket rimanda a un solo uomo: LeBron James, diventato il miglior marcatore della storia Nba. Il record precedente di Kareem Abdul-Jabbar (38.387 punti) resisteva da 34 anni ma questa notte James ha scritto l’ennesima pagina di una carriera che sembra essere stata sceneggiata a Hollywood.
Il ragazzo da Akron
Akron è una città di duecentomila abitanti nel Midwest americano. Fino agli Anni ottanta era conosciuta come la “capitale della gomma”. Poi, nel 1984, è arrivato “il prescelto”. La mamma Gloria James lo partorisce a soli 16 anni crescendolo da sola. “Ho visto droga, pistole e omicidi”, raccontava un giovane LBJ in una storica intervista a Sports Illustrated. Ma il basket gli permette di di tenersi lontano dai guai. Negli anni del liceo trascorsi alla St. Vincent–St. Mary le gesta del nativo di Akron iniziano a varcare i confini dello stato dell’Ohio. Viene intravisto anche in Italia quando nel 2000, a sedici anni, partecipa con la rappresentativa dello stato dell’Ohio al memorial “Sergio Rizzi” di Varese. Da quelle parti in tanti se lo ricordano ma in pochi erano pronti a scommettere su di lui. “I migliori di quella squadra erano Chris Quinn, che ha poi giocato per diversi anni ai Miami Heat, e JJ Sullinger, apparentemente il più forte, che però ha sfondato solo nel campionato filippino”, racconta sul sito del torneo “Giovani Leggende” Filippo Forni che ospitò il giovane Lebron nella sua famiglia. Ma di lì a poco il suo nome diventa noto in tutti gli Stati Uniti. Le partite del suo liceo vengono giocate in palazzetti sempre più grandi e trasmesse in pay per view sulla Espn. A diciassette anni LeBron è pronto a sbarcare nella Nba ma le regole glielo impediscono. Dovrà aspettare ancora un anno. Nel frattempo arriva la consacrazione da parte del più grande di tutti: Michael Jordan. Nel gennaio del 2002 a Cleveland i due si incontrano e si stringono la mano. Un “battesimo” che viene equiparato al “giovane Bill Clinton che incontra Jfk” dalla rivista Sports Illustrated. Un mese più tardi LBJ finirà sulla copertina della rivista sportiva più celebre con un titolo di tre parole: “The Chosen One”. L’anno successivo arriva la chiamata al numero 1 in uno dei draft più prolifici di sempre. E come nelle migliori sceneggiature, James finisce a Cleveland, a soli 65 chilometri da casa sua.
The Decision
Una scossa per tutta la città che fino a quel momento era conosciuta in tutti gli Stati Uniti come “The mistake on the lake”, l’errore sul lago. Ma da quando LeBron veste la maglia numero 23 dei Cavs la storia cambia. Il giorno della scelta al draft si ritrovano in 10mila al palasport per seguire la diretta dell’evento. E “il prescelto” ricambia a suon di punti e di vittorie. In quattro anni i Cavs si trasformano da squadra con il peggior record in Nba a “contender”, cioè franchigia che lotta per il titolo. La prima finale Nba arriva nel 2007 contro i San Antonio Spurs di Duncan, Ginobili, Parker. Troppo anche per il “prescelto” che guida una squadra quasi interamente composta da giocatori che non hanno mai giocato una finale. Ricky Davis, “Booby” Gibson, il lituano Zydrunas “Big Z” Ilgauskas e il brasiliano Anderson Varejao. Nelle stagioni successive il cast di supporto viene cambiato più volte ma i Cavs non riescono a ritornare in Finale. E così nel 2010 arriva “The Decision”. In diretta nazionale LeBron annuncia che “porterà i suoi talenti a South Beach” con la maglia dei Miami Heat. Sul lago Erie non la prendono benissimo. C’è persino chi brucia le sue magliette in piazza. A Miami il “prescelto” riuscirà a vincere due titoli Nba con Chris Bosh e Dwyane Wade.
La missione a casa. E ora? È il più grande di tutti?
Ma c’è un’altra missione da compiere: vincere un anello con la squadra della sua città. E così nel 2014 ritorna a Cleveland. In due anni la missione è compiuta. I Cavs salgono sul tetto del mondo. “Cleveland, this is for you”, urla alla sua gente dopo aver conquistato l’anello. È il terzo titolo della sua carriera al quale seguirà il quarto nel 2020 con la maglia dei Los Angeles Lakers. Oggi a 38 anni James viaggia ancora a oltre 30 punti di media e la fine della sua carriera sembra ancora lontana. Ma dopo il record di questa notte ritorna una domanda che ha caratterizzato tutta la sua carriera. È il più forte giocatore mai esistito? È stato l’erede di Michael Jordan? Quesiti che Sports Illustrated si poneva già nel 2002 ma che sono rimasti ancora senza risposta. Il dibattito tra i fan e gli hater è più vivo che mai. Resta la certezza che da questa notte LeBron James è il miglior realizzatore della storia del gioco.