La lettera aperta di Filippo Zerilli, primario di oncologia dell’ospedale Sant'Antonio Abbate di Trapani, indagato dalla procura di Palermo per procurata inosservanza della pena aggravata per una visita del boss (che usava l'identità di Andrea Bonafede) nel suo reparto: "Non ho avuto con lui contatti personali per fissare la visita oncologica. Non ricordo neppure un mio eventuale contatto personale né ritengo si possa pretendere che ne abbia memoria considerato che allora tutte le visite avvenivano (come ancora oggi) indossando la mascherina"
“Coinvolto mio malgrado”. È con queste parole che il primario di oncologia dell’ospedale Sant’Antonio Abbate di Trapani, Filippo Zerilli, esordisce in una lettera aperta in cui chiarisce alcuni elementi sugli esami ai quali è stato sottoposto Matteo Messina Denaro nel suo reparto. Zerilli è indagato dalla procura di Palermo per procurata inosservanza della pena aggravata. Un atto dovuto, per gli inquirenti, che nei giorni immediatamente successivi all’arresto del boss di Castelvetrano hanno perquisito il reparto dell’ospedale trapanese.
La lettera di Zerilli, tra l’altro, arriva nel day after dell’arresto di Alfonso Tumbarello, il medico di base di Campobello di Mazara, che aveva in cura Andrea Bonafede, l’uomo che ha ceduto la sua identità a Messina Denaro. Secondo le accuse, però, Tumbarello ha curato “consapevolmente” il boss dele stragi. Per questo motivo la procura di Palermo, guidata da Maurizio De Lucia, ha chiesto e ottenuto l’arresto del medico ora in pensione, sottolineando come le indagini abbiano “svelato un inquietante reticolo di connivenze e complicità in diversi luoghi e in svariati ambiti professionali, a cominciare da quello proprio dell’odierno indagato, cioè quello medico – sanitario, reticolo sul quale sarà necessario proseguire le investigazioni”.
A parte Tumbarello, fino a questo momento l’unico altro medico di cui si ha notizia di un’iscrizione nel registro degli indagati è Zerilli. Ecco dunque che oggi arriva la lettera del medico di Trapani, che tenta di chiarire la sua posizione, dopo essere stato audito dal suo ordine professionale: “Non ho mai conosciuto Andrea Bonafede prima del suo ingresso in ospedale, né ho avuto con lui contatti personali per fissare la visita oncologica – scrive – Ho sempre esercitato la professione con scienza e coscienza e non fa eccezione quanto accaduto in relazione al paziente Andrea Bonafede (alias Matteo Messina Denaro) per il quale, in data 3 dicembre 2020, in risposta ad una richiesta di visita oncologica della chirurgia di Mazara del Vallo, supportata da un referto istologico del laboratorio di anatomia patologica dell’ospedale di Castelvetrano del 24 novembre 2020, è stata fissata una visita presso l’Uoc che dirigo, segnata nell’agenda di reparto in data 9 dicembre 2020. Non vi è altra documentazione, a mia conoscenza, dalla quale risulti la presenza del paziente Andrea Bonafede presso l’ospedale di Trapani”.
A Trapani, riferisce il medico, il mafioso può essere stato ricoverato solo in Day Hospital: “Aggiungo, a smentire alcune voci riprese da alcuni giornali e organi di stampa, che Andrea Bonafede non può essere stato ricoverato per circa un mese presso il mio reparto presso il quale possono essere disposti soltanto ricoveri in Day Hospital o Day Service e non certo ricoveri ordinari”. Mentre le visite, ricorda l’oncologo, avvenivamo con mascherina: “Non ho avuto con lui contatti personali per fissare la visita oncologica. Non ricordo neppure un mio eventuale contatto personale con il paziente il 9 dicembre, né ritengo si possa pretendere che ne abbia memoria considerato che allora tutte le visite avvenivano (come ancora oggi) indossando la mascherina”. Zerilli scrive anche che l’esame sul Dna nei pazienti sottoposti a chemioterapia, non serve a svelare l’identità del paziente: “Infine – conclude nella lettera aperta – un’osservazione che in sede di audizione all’ordine ho rivolto ai miei colleghi medici che ne possono cogliere pienamente il senso: l’esame del Dna nei pazienti da trattare con farmaci chemioterapici ha la funzione di individuare eventuali poliformismi che possono aumentare la tossicità del farmaco, non certo a individuare l’identità dei pazienti”.
Quindi Zerilli riferisce di una sola visita di Bonafede/Messina Denaro registrata all’Uoc di Trapani, di cui lui non ha memoria, dal momento che portavano tutti la mascherina. Tutti elementi già riferiti da Zerilli in audizione all’ordine dei medici. Il professionista, inoltre, ci tiene a sottolineare che “dall’inizio di questa vicenda, il 16 gennaio scorso non mi sono mai assentato dal lavoro, come dimostrano le mie presenze in ospedale. Auspico una rapida e positiva conclusione di questa vicenda. La magistratura chiarirà la mia totale estraneità a un contesto che non mi appartiene”. A riferire al Fatto Quotidiano che il medico non era presente in ospedale durante le perquisizioni – quindi tra il 16 e il 17 gennaio – perché era in malattia era stato personale del suo stesso reparto. Che quindi, evidentemente, erano male informate.
Il medico, in ogni caso, auspica “una rapida e positiva conclusione di questa vicenda” e si dice certo su una cosa: “La magistratura chiarirà la mia totale estraneità a un contesto che non mi appartiene”. La lettera di Zerilli arriva mentre le indagini della magistratura palermitana puntano proprio agli ordini professionali, quello medico in primis. Intanto domani ci sarà l’interrogatorio di garanzia delle due persone arrestate martedì: Tumbarello e Andrea Bonafede, il cugino dell’alias di Messina Denaro, che andava a ritirare le ricette e gli esami per il boss nello studio del medico. Ci andò pure la mattina del 16 gennaio, proprio mentre Messina Denaro veniva arrestato alla clinica La Maddalena di Palermo.