Germania e Spagna primeggiano tra solare ed eolico, nonostante ostacoli e risultati inferiori agli obiettivi. La Francia non riesce ancora a recuperare i ritardi, diversi Paesi continuano la loro corsa, Paesi Bassi e Polonia nel fotovoltaico e Svezia nell’eolico. Mentre l’Italia arranca tra stallo e il rovinoso anno dell’idroelettrico. Secondo l’European Electricity Review pubblicata dal think tank energetico Ember, nel 2022 eolico e solare hanno generato insieme il 22% dell’elettricità dell’Unione europea, superando per la prima volta la quota del gas (20%) e riuscendo – solo in parte – a controbilanciare il deficit del nucleare, tra interruzioni francesi e chiusure tedesche, e dell’idroelettrico, a livelli mai così bassi dall’inizio del millennio a causa della siccità in alcune aree strategiche. Queste due fonti hanno generato insieme il 32% dell’elettricità europea, percentuale che era a 37,5 nel 2021. Neppure l’aumento dell’1,5% della quota di generazione da carbone, arrivata al 16% dell’elettricità dell’Ue, ha colmato un deficit di 185 TWh, pari al 7% della domanda totale di elettricità. Certamente si è trattato di un anno particolare e certamente l’Europa è a un bivio, solo che i dati mostrano gap importanti tra i vari Paesi e non tutti potrebbero essere pronti alle scelte che si appresta a compiere l’Ue. Dopo il voto dell’Europarlamento sulla Direttiva per accelerare le rinnovabili, inserita nel pacchetto REPowerEU, a fine dicembre anche il Consiglio Ue ha approvato il proprio testo, così da far partire i negoziati con Strasburgo. “Secondo le proiezioni del REPowerEU, in Europa si dovrebbe raggiungere una capacità installata pari a 1.236GW entro il 2030 – ricorda il think tank italiano Ecco – contro i 1.067GW raggiungibili mediante l’attuazione del pacchetto Fit for 55”.
La Francia corre ai ripari – Così, ad alcuni stati non resta che correre ai ripari. È il caso della Francia, unico membro dell’Unione a non aver rispettato gli impegni presi nell’ambito del vecchio pacchetto su Clima ed energia. Parigi non ha raggiunto al 2020 l’obiettivo di portare la quota Fer nei consumi energetici nazionali al 23% e non ha neppure recuperato in tempo il gap con il meccanismo del ‘trasferimento statico’ dell’energia, che consente agli Stati membri di raggiungere i rispettivi obiettivi anche attraverso l’acquisto virtuale del surplus di altri Paesi. Secondo il report annuale di Observ’ER, di fatto, la Francia non raggiungerà neppure gli obiettivi previsti al 2023. Per uscire dallo stallo, Parigi ha appena dato il via libera al nuovo ddl per accelerare le rinnovabili, approvato dall’Assemblea nazionale con 271 voti a favore e 169 contrari. Si punta, in primo luogo, a snellire le procedure burocratiche. Come ha spiegato la ministra alla Transizione ecologica, Agnès Pannier-Runacher “è un testo che permette di dimezzare il tempo di istruttoria dei progetti, in particolare dei parchi eolici marini, e che li mette al sicuro rispetto a possibili ricorsi e controversie” in caso si tratti di installazioni di rilevante interesse pubblico. Per l’eolico offshore, una prima mappatura delle zone prioritarie dovrà essere pronta entro il 2024.
La Germania può dire addio al carbone – Sul fronte opposto la Germania: se da un lato il gruppo di esperti Agora Energiewende stima che Berlino ha bucato, nel 2022, gli obiettivi di riduzione delle emissioni gas serra, dall’altro nei giorni scorsi un rapporto dell’Agenzia federale per le reti elettriche, il gas, le telecomunicazioni, le poste e le ferrovie (BNetzA) ha sancito che il Paese potrà dire addio al carbone entro il 2030, nonostante la guerra e la crisi energetica che hanno sconvolto l’Europa. Sempre che vengano rispettati gli impegni per centrare i target del 2030: 360 gigawatt di capacità installata al 2030, 215 per il solare, 115 per l’eolico onshore e 30 per quello offshore. E la Germania si è già mossa, per esempio, con un emendamento alla legge sulla pianificazione regionale, che esclude la valutazione d’impatto ambientale per gli impianti eolici onshore e offshore e per le reti elettriche da realizzare in aree già definite idonee dai Land. Ma le politiche di Berlino hanno già dato diversi risultati, come mostrano i dati sulle rinnovabili in Europa.
Fotovoltaico: Germania, Spagna e Polonia installano di più – Nel 2022, in Unione europea la generazione solare è quella che ha registrato l’aumento più rapido, con una crescita record di 39 TWh (+24%), arrivando a un totale di 203 TWh e contribuendo, secondo le stime del think tank Ember, a evitare 10 miliardi di euro di costi del gas. In termini di impianti installati, sono stati aggiunti 41 GW, il 47% in più rispetto al 2021: si è passati da 168 a 209 GW installati. I Paesi con più capacità sono Germania (passata da 6 a 7,9 GW), Spagna (da 4,8 a 7,5 GW), Polonia (da 3,8 a 4,9 GW), Paesi Bassi (da 3,6 a 4 GW) e Francia (che scende, però, da 2,8 a 2,7 GW). L’Italia è al sesto posto con circa 2,5 GW rispetto ai 0,9 del 2021. In termini di generazione solare nel mix elettrico al primo posto sono i Paesi Bassi: hanno generato il 14% del fabbisogno dal sole, grazie a politiche che hanno permesso lo sviluppo del fotovoltaico sui tetti e la partecipazione di un milione di consumatori alle cooperative energetiche. Al secondo posto Grecia e Ungheria (al 13%). La più soleggiata Spagna è al 12%, seguita da Germania e Italia. Interessante anche l’analisi Eu Market Outlook di Solar Power Europe che segnala la performance della Polonia, dovuta non solo agli impianti su piccola scala nel settore residenziale, ma anche al segmento utility scale, ossia gli impianti industriali di taglia uguale o superiore al megawatt. Per rispettare gli obiettivi di REPowerEU, la Commissione Ue ha fissato target di capacità solare di 400 GW entro il 2025 e 740 GW entro il 2030 che, però, non sono abbastanza ambiziosi secondo i due scenari di Solar Power Europe. Già in quello medio si punta a 484 GW entro il 2026 e 920 GW al 2030, mentre in quello più ambizioso si parla di 591 GW entro il 2026 e 1184 GW entro fine decennio. In pratica, dal 2026, ogni anno bisognerebbe aggiungere tra gli 85 GW (scenario medio) e 120 GW (scenario alto).
L’eolico: 15 nuovi GW (solo 455 MW in Italia), ma si sfrutta poco il repowering – La produzione eolica è aumentata dell’8,6% (+33 TWh), passando da 387 TWh nel 2021 a 420 TWh nel 2022 e coprendo il 15% dell’elettricità. Attualmente è la seconda più grande fonte di elettricità in Ue (tra quelle considerate rinnovabili) con otto paesi in cui l’eolico produce oltre il 20% dell’elettricità, “ma – spiega Ember – questa fonte continuerà a crescere e a superare la generazione nucleare”. L’incremento è stato trainato da quelli ottenuti in Germania, Svezia e Polonia, che hanno controbilanciato i dati non incoraggianti di Italia, Ungheria, Cipro ed Estonia. D’altronde in tutta Europa ci sono circa 80 GW di progetti eolici bloccati dagli iter autorizzativi e per i quali si aspetta il nuovo regolamento europeo, che dovrebbe accorciare i tempi. Ad oggi, la Germania è il Paese che ne genera di più, 126 TWh, seguita dalla Spagna (62 TWh). Rispetto, invece, al mix elettrico la quota più alta è quella della Danimarca (il 55% della sua elettricità con 19 TWh), seguita da Lituania (38%), Irlanda (34%) e Portogallo (28%). Germania e Spagna sono entrambe al 22%. Altro parametro è la capacità installata: secondo i dati di Wind Europe e Anev (per l’Italia), nel 2022 sono stati installati 15 GW di nuovi parchi eolici, principalmente su terra ferma, con Germania, Svezia e Finlandia ai primi posti e l’Italia ferma a 456 MW. E c’è un altro aspetto. Le nuove installazioni riguardano quasi totalmente impianti realizzati in aree ex novo. Secondo Wind Europe, i governi europei stanno perdendo l’opportunità offerta dal repowering degli impianti già attivi che “triplica la produzione di un parco eolico con un quarto di turbine in meno. Le moderne turbine onshore – spiega l’associazione – producono in media 3 TWh di energia elettrica all’anno per ogni GW installato; quelle offshore in media 4,4 TWh all’anno”.
L’anno nero dell’idroelettrico – La produzione di energia idroelettrica nel 2022 (per un totale di 283 TWh, in calo di 66 TWh rispetto al 2021) è stata la più bassa dal 2000 ed ha rappresentato il 10% dell’elettricità dell’Ue. La Svezia è stato il più grande generatore di energia da questa fonte, con una produzione di 69 TWh (oltre il 40% del suo mix elettrico), davanti a Francia (46 TWh, 9,8%) e Austria (36 TWh) prima, però, come quota di idroelettrico sul mix, che è del 56%. L’idroelettrico fa i conti con i suoi limiti: in molte regioni dell’Europa si è già installato ciò che si poteva installare, mentre altri progetti con potenziale richiederebbero un costo ambientale troppo elevato. E poi ci sono gli effetti del cambiamento climatico, come mostra cosa è accaduto nel 2022 nell’area delle Alpi e della Penisola Iberica, particolarmente colpite dall’assenza di neve e, dunque, dalla siccità. In Italia, Francia e Spagna la produzione idroelettrica è diminuita rispettivamente del 34, del 23 e del 37%, anche se qualche calo è stato registrato anche nei Paesi più a Nord. Un problema c’è, dunque. E va affrontato, dato che nel 2020 l’idroelettrico ha soddisfatto un sesto della produzione globale di elettricità (circa 4.500 TWh), secondo le stime dell’Agenzia internazionale dell’energia (Iea). Un apporto a cui, al momento, neppure l’Europa può rinunciare.