Non ho certo dovuto faticare molto per dare inizio a questo quotidiano appuntamento con quello che mi è piaciuto e quel che è andato storto nella serata sanremese. A togliermi ogni dubbio nella prima categoria è bastata la prima mezz’ora abbondante. L’arrivo di Sergio Mattarella, l’inno cantato da Morandi e il monologo di Benigni – diviso come da tradizione in due parti, la prima ricca di battute, la seconda seria – sono stati un pezzo di televisione strepitoso. Non c’è spazio qui per un’analisi dettagliata del prodotto televisivo, ma non si può evitare di concentrarsi sul suo significato.

Piaccia o non piaccia, da tempo il Festival di Sanremo ha assunto il ruolo di un evento in cui si manifesta l’identità nazionale. A questa delicata funzione mancava come dire un sigillo istituzionale. La presenza per la prima volta del Capo dello stato, discretamente accomodato in un palco com’è nel suo stile, il canto commosso dell’inno, la celebrazione puntuale della Costituzione, della sua origine, della sua bellezza, del suo fondamentale articolo 21 hanno sancito questa dimensione identitaria. Ripeto: la cosa può non piacere, qualcuno avrà trovato eccessivo il rito messo in scena e pretestuosi certi legami tra la musica sanremese e la società ripetutamente sottolineati, ma non vi è dubbio che si sia trattato di un momento storico per la tv e che chi l’ha pensato, organizzato e gestito adeguatamente meriti un grosso applauso.

Quello che è andato storto è stato l’altro monologo, quello di Chiara Ferragni. Peccato perché la cosa era cominciata bene con l’esibizione dell’abito finto nude look della signora. Una trovata geniale, di stampo magrittiano: ceci n’est pas… Poi quando si è passati dai fatti alle parole il clima di sorpresa si è dissolto. Un racconto lungo, interminabile, prevedibile quando toccava i temi della condizione femminile e delle ingiustizie a cui è sottoposta. Quando invece si spostava sulla rievocazione della storia personale era inevitabile una reazione del tipo “machissene…”. E spiace persino un po’, vista l’innegabile sincerità di Ferragni che ha tenuto a far sapere che era tutto farina del suo sacco, come dicevano una volta i maestri a scuola.

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