Secondo l’accusa gli indagati avrebbero prodotto atti falsi e liquidato fatture maggiorate anche indicando l'iva al 22% per lavori che invece ne richiedono il 10
“Dottò chiss sò dieci! Vinticinq l’alda volt e dec, chiss, pe la pitturazion do”. I conti per gli appalti truccati alla Regione Puglia si facevano in dialetto barese: “Dottore questi sono dieci. Venticinque l’altra volta e dieci, questi, per la pitturazione qua”. A parlare era l’imprenditore Antonio Illuzzi, imprenditore barese che secondo l’accusa avrebbe ottenuto grazie alle mazzette una serie di affidamenti diretti dalla Regione Puglia: tra 2019 e il 2022 avrebbe ottenuto 9 lavori dal valore complessivo di oltre 2 milioni di euro. Il “dottore” a cui Illuzzi si rivolgeva era Mario Antonio Lerario, ex dirigente della Protezione civile pugliese arrestato a dicembre 2021 dopo che le microcamere dei finanzieri avevano immortalato il momento in cui un altro imprenditore depositava una bustarelle con migliaia di euro all’interno. Ed è proprio da quell’inchiesta che è nata la nuova bufera giudiziaria che imbarazza la Regione Puglia: ai domiciliari sono finiti l’imprenditore Illuzzi e il funzionario regionale Antonio Mercurio, ritenuto dal procuratore di Bari Roberto Rossi e dal suo aggiunto Alessio Coccioli, complice di Illuzzi e Lerario nel sistema illecito.
Dopo l’arresto di Lerario a dicembre 2021, infatti, lo sviluppo delle indagini ha permesso ai finanzieri guidati dal colonnello Luca Cioffi, di individuare anche i legami del funzionario Mercurio e i sistemi con i quali quest’ultimo e lo stesso Lerario avrebbero favorito le ditte di Illuzzi. Il meccanismo era semplice: frazionare grandi appalti in attività di valore inferiore a 150mila euro che consentono l’affidamento diretto. Non solo. Secondo l’accusa avrebbero prodotto atti falsi e liquidato fatture maggiorate anche indicando l’iva al 22% per lavori che invece ne richiedono il 10. I due dipendenti regionali, secondo il gip di Bari Anna Perrelli, avevano “un rapporto diretto e confidenziale con l’imprenditore Illuzzi” e avrebbe agito in modo da agevolarlo. Uno “schema criminoso” che “si è ripetuto in tutti i casi oggetto della indagine” secondo il magistrato che aggiunge come “i ‘giochetti’ effettuati con il conteggio dell’Iva a vantaggio delle ditte dell’Illuzzi, i ripetuti affidamenti in violazione degli obblighi di rotazione, il frazionamento artificioso di appalti che potevano essere unitari e che venivano parcellizzati solo per eludere le norme in materia di appalti, rappresentano solo alcuni degli elementi che connotano ed integrano la condotta delittuosa”.
La procura aveva chiesto l’arresto anche per Lerario, ma il giudice ha rigettato spiegando l’ex dirigente si è dimesso da circa un anno dal suo ruolo nell’ente e dal suo arresto è sottoposto alla misura cautelare quindi non ci sono esigenze cautelari che richiedano nuove misure. Per Mercurio, invece, il giudice ha chiarito come il suo “ruolo attivo e consapevole nella predisposizione di tutte gli atti dirigenziali” sia un elemento chiaro di quanto si sia adoperato “personalmente, in continua sinergia con lo stesso Illuzzi, per predisporre gli atti amministrativi in modo tale da non sforare la soglia dei 150mila euro oltre la quale non sarebbe stato consentito l’affidamento diretto”. Non un unico episodio, quindi, ma una “commissione reiterata e programmatica”.
Dalle indagini, inoltre, sono emersi i contatti e gli incontri che i finanzieri avevano monitorato tra Illuzzi e Lerario prima del suo arresto: riunioni segrete con accortezze per sfuggire a eventuali controlli o indagini in corso. Illuzzi, secondo quanto si legge nelle carte dell’inchiesta, “rifuggiva dai contatti telefonici con Lerario, presentandosi direttamente presso gli uffici della Regione con tanto di ‘mazzetta’ al seguito, per incontrare il suo interlocutore”. E i loro dialoghi per gli inquirenti ne sono la conferma: “e ieri mi hai bidonato? – chiede un giorno Illuzzi all’allora dirigente regionale – Mi hai fatto aspettare fino alle due… io poi non ti ho voluto chiamare… ho detto… che Mercurio disse che voi avete qualche problema… (…) non si sà mai… capito?”. Parole che secondo gli inquirenti era dettate anche “in ragione dell’avvertimento che lo stesso Mercurio gli aveva fatto circa la possibile esistenza di attività tecniche di captazione in corso”. Premure che evidentemente non sono bastate.