Tutte le abitazioni residenziali, salvo alcune eccezioni e deroghe, dovranno arrivare alla classe energetica “E” entro il 2030 e alla “D” entro il 2033. Mentre nel 2050 si dovrebbe arrivare alle emissioni zero. Sono gli obiettivi fissati dall’accordo di compromesso tra Popolari (Ppe) Socialisti (S&D), Liberali (Renew), Verdi e Sinistra sulla proposta di direttiva europea sulle “case verdi” (green house). Il testo ha ottenuto giovedì il via libera della commissione industria del Parlamento europeo con 49 voti favorevoli, 18 contrari e 6 astenuti. La proposta approderà a marzo al voto della plenaria e andrà poi al negoziato con le altre istituzioni europee. Contro gli ambiziosi obiettivi di efficientamento il governo Meloni e la maggioranza di destra hanno lanciato un’offensiva, dimenticando che – come ha ricostruito Repubblica – lo scorso 25 ottobre il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto, appena insediato, aveva espresso parere positivo.
“C’è stata molta disinformazione in Italia”, ha commentato il verde Ciaran Cuffe, relatore per l’Europarlamento. “Bruxelles non dirà agli Stati membri cosa fare”. Gli emendamenti adottati, assicura, “lasciano ampia flessibilità“. Perché i patrimoni immobiliari dei 27 Paesi interessati dalla direttiva sono molto diversi, anche per ragioni di latitudine e di storia. La stessa definizione di “classe D” che non è univoca su tutta l’Unione. Il testo per questo spiega che le classi andranno armonizzate inserendo nella G, il 15% delle abitazioni del Paese con le prestazioni peggiori, e procedendo di seguito. Dunque non è vero che il 40% delle case italiane risulterà in classe G, come paventano i critici.
Le eccezioni – La proposta prevede peraltro diverse eccezioni: case di vacanza, palazzi storici protetti, chiese e abitazioni indipendenti di meno di 50 metri quadrati. Inoltre, altre deroghe potranno essere concesse in caso di costi eccessivi delle materie prime, impossibilità tecnica di realizzare gli interventi e penuria di manodopera qualificata. E gli interventi – cappotto termico, sostituzione degli infissi, nuove caldaie a condensazione, pannelli solari – potranno essere cofinanziati non solo con risorse nazionali ma anche con un eventuale fondo europeo ad hoc. L’articolo 9 paragrafo 7 infatti, spiega Tiziana Beghin, capodelegazione del Movimento 5 Stelle al Parlamento europeo, “chiede la creazione di un fondo dedicato, chiamato Energy Performance Renovation Fund, che andrebbe a sostenere gli sforzi degli Stati membri per centrare gli obiettivi europei”. In ogni caso la Ue non imporrà agli Stati di sanzionare i proprietari, né vieterà la vendita o l’affitto delle case in classi basse: sarà il mercato a valutarle di meno. Principi di massima condivisibili anche per i due gruppi di Identità e Democrazia (Id) e Conservatori (Ecr), le due famiglie politiche europee rispettivamente di Lega e Fratelli d’Italia, che si sono però opposte al compromesso in disaccordo con tempistiche ritenute incongruenti.
Come stanno le case italiane – Sembra esagerata la profezia dei costruttori edili (Ance) secondo cui servirebbero 630 anni solo per riqualificare “al primo step” tutto il patrimonio immobiliare nazionale. Resta il fatto che al momento, secondo le stime di Enea, il 74% delle abitazioni italiane – 11 milioni – sarebbero in classe energetica inferiore alla “D”. Il presidente Gilberto Dialuce ha spiegato che per realizzare gli obiettivi della direttiva Ue sulle case green in base ai tempi previsti sarebbe necessario “uno sforzo notevole” che richiederebbe imprese pacaci di “interventi su larga scala”. I lavori fatti sotto la spinta del Superbonus hanno riguardato 290.000 unità abitative l’anno, “un target un po’ distante da quello atteso se restano immutati i tempi”. Senza contare l’impegno economico che dovrebbe ricadere sul privato o sullo Stato chiamato necessariamente a incentivare le ristrutturazioni energetiche con un nuovo meccanismo tipo superbonus.
Salvini: “No alla patrimoniale” – Il governo sostiene dunque che occorre tener conto delle “peculiarità” italiane da difendere, come ha ripetuto il ministro per Affari Europei, Sud, Politiche di Coesione e PNNR Raffaele Fitto al convegno “Le politiche europee sull’immobiliare allargato”, annunciando che l’Italia sta preparando il suo piano e predisponendo un percorso. Bisogna “aiutare e sostenere senza obbligare e senza penalizzare, perché altrimenti la direttiva che l’Europa vorrebbe imporre sulla testa delle famiglie italiane è una patrimoniale” attacca al solito il leader della Lega Matteo Salvini. “Non si possono imporre onerosi lavori ai privati” gli fa eco Pichetto, evidentemente immemore del parere positivo dato in autunno.