Non c’è solo la foto con il costume da nazista nella lunga carriera politica del viceministro di Fratelli d’Italia, Galeazzo Bignami. Il sottosegretario numero due di Salvini al ministero, diventato suo malgrado il personaggio principale del rap di Fedez a Sanremo, è finito più volte in bufere politiche per le sue uscite pubbliche, sempre connotate su posizioni di estrema destra. Basta scorrere le cronache locali per trovare proposte di legge contro l’interruzione volontaria di gravidanza, attacchi frontali alle associazioni Lgbt, fino a una schedatura in diretta social delle famiglie straniere nelle case popolari.
La foto era questa pic.twitter.com/RfU1VxTsZ2
— Fedez (@Fedez) February 8, 2023
Bignami ha dietro di sé quasi 35 anni di vita da militante e da eletto. Ha 14 anni quando inizia l’attività politica. La strada è tracciata su quella del padre. Nato a Bologna nel 1975, Galeazzo Bignami è infatti figlio di Marcello Bignami, membro della direzione nazionale dell’Msi prima e nella dirigenza di Alleanza nazionale poi, consigliere comunale e regionale. Un nome storico della destra bolognese, bersaglio negli anni di piombo anche di un attentato attribuito a Prima linea. “Fiero militante, condannato per ricostituzione del partito Fascista” lo ricorda il figlio Galeazzo in una seduta dell’Assemblea regionale. Di Marcello Bignami, il figlio Galeazzo eredita non solo il cognome. Dopo la militanza nel Fuan, movimento universitario di ispirazione neofascista, viene eletto consigliere comunale con Alleanza nazionale, per poi entrare in Forza Italia, con cui diventa campione di preferenze alle elezioni Regionali e il volto della destra a Bologna. Ritorna alle origini nel 2019, aderendo a Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni alla quale si è sempre detto vicino politicamente.
Nel mezzo una carriera politica segnata da parecchie crociate. Gli archivi dei giornali locali bolognesi ne sono pieni. Uno dei nemici principali è il Cassero, sede dell’Arcigay di Bologna e centro culturale per la difesa dei diritti delle persone omosessuali e contro l’omofobia. Nel 2012 inizia una battaglia alla Corte dei Conti per togliergli la sede e i fondi pubblici e si scaglia contro le varie iniziative del centro. Pride compresi, che vengono definiti “inutili manifestazioni di ostentazione della propria sessualità, spesso di cattivo gusto”, che “finiscono per svilire o condannare la famiglia tradizionale e il concetto stesso di eterosessualità“. Vicino agli organizzatori del Family Day, con i quali condivide la campagna contro la cosiddetta teoria gender, non ha mai nascosto le sue posizioni antiabortiste. Tanto che nel 2016 porta in Assemblea regionale un progetto di legge sui consultori che mira “alla tutela della vita e del figlio concepito già considerato membro della famiglia”. Testo che viene bocciato dalla maggioranza di centrosinistra.
La storia della foto strappata da Fedez in diretta Rai inizia invece nel 2015, quando nella redazione di Repubblica arriva in forma anonima un’immagine che lo ritrae con la camicia nera e la fascia con la svastica al braccio. “Risale al mio addio al celibato, nel 2005. Una goliardata, nulla di più” si giustifica lui. La difesa convince poco anche i suoi colleghi centrodestra che faticano a nascondere l’imbarazzo. Anche perché all’epoca dello scatto Bignami ricopriva già incarichi pubblici in Comune e aveva 29 anni, non proprio un ragazzino. Così l’istantanea continua a circolare. Finisce sulla stampa internazionale, e viene riproposta regolarmente da giornali e social in ogni ritratto dell’esponente del governo Meloni. Gli rimane incollata addosso, eppure Forza Italia lo ricandida comunque per il Parlamento. A pochi giorni dalla nomina nel governo Meloni ritorna sulla vicenda per riproporre una difesa migliore: “Provo profonda vergogna per quelle immagini” dice intervistato dal Corriere.
Nel 2019 un altro episodio gli permette di guadagnare un posto sulle cronache nazionali. Insieme al collega Marco Lisei, pubblica su Facebook una diretta video in cui mostra i citofoni delle famiglie straniere abitanti delle case popolari del quartiere della Bolognina, con tanto di nomi, cognomi e indirizzo. L’obiettivo, dice lui, è dimostrare come i criteri di assegnazione favoriscano gli stranieri. “Gli italiani vengono discriminati” sostiene. Il filmato, in seguito cancellato, scatena una pioggia di critiche e accuse di razzismo. Nemmeno questo caso però gli compromette l’ascesa in Fratelli d’Italia, che alle elezioni lo piazza capolista nel collegio emiliano romagnolo alla Camera. Fino alla nomina a viceministro alle Infrastrutture e trasporti accanto a Salvini.