“Non sapevo che fosse lui”. Così Alfonso Tumbarello ha risposto al gip di Palermo. Il medico di Campobello di Mazara è stato arrestato martedi pomeriggio su richiesta della procura di Palermo, guidata da Maurizio De Lucia, con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa e falso ideologico. Tumbarello, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, ha avuto in cura Matteo Messina Denaro, certificando il tumore al colon e disponendo per lui 137 tra visite ed esami medici. Il boss usava l’identità di Andrea Bonafede, assisistito dal medico di base di Campobello. Ma analizzando i tabulati telefonici gli inquirenti non hanno trovato alcun contatto tra il vero Andrea Bonafede e Tumbarello dal 2019 in poi. In più, la segretaria del medico ha escluso di averlo mai visto in ambulatorio negli ultimi 17 anni. A ritirare esami e prescrizioni era un altro Andrea Bonafede, cugino del primo, finito agli arresti con l’accusa di favoreggiamento e procurata inosservanza della pena.
È nel novembre del 2020 che il boss di Castelvetrano viene sottoposto al primo intervento, grazie alle indicazioni mediche di Tumbarello. Ma il medico sostiene di
non essere stato a conoscenza della vera identità del suo assistito: questo ha detto oggi ai magistrati, in un interrogatorio durato pochi minuti. Il medico ha sostenuto di aver appreso che a Bonafede era stato diagnosticato il tumore e di essersi limitato, senza visitarlo, a prescrivergli terapie e accertamenti che poi gli avrebbe fatto avere tramite il cugino omonimo. Ha anche sostenuto che Bonafede non voleva far sapere in giro di essersi ammalato, ecco perché non si recava personalmente all’ambulatorio. L’unica ammissione di Tumbarello è relativa al racconto di Antonio Vaccarino, ex sindaco di Castelvetrano che nel 2012 aveva raccontato in aula, durante un processo, di essersi rivolto al medico per incontrare Salvatore Messina Denaro, fratello del superlatitante. Grazie a quell’incontro tra il 2004 e il 2006 Vaccarino instaurò, su input del Sisde, una corrispondenza col boss di Castelvetrano, firmandosi Svetonio.
Una difesa breve e generica anche quella di Andrea Bonafede junior, cugino omonimo del Bonafede che ha prestato l’identità a Messina Denaro. Era lui, dipendente comunale di Campobello, secondo quanto ricostruito dall’accusa, a ritirare le prescrizioni per il superlatitante dallo studio medico di Tumbarello. L’ultima volta proprio il giorno in cui Messina Denaro è stato arrestato a Palermo, mentre era in attesa di sottoporsi ad un trattamento di chemioterapia alla clinica La Maddalena. Bonafede junior ha sostenuto solo di aver seguito le richieste del cugino, che si era ammalato e non voleva recarsi personalmente allo studio di Tumbarello.
Continuano invece le indagini dei Ros, che in questi giorni hanno passato al vaglio i telefoni del capomafia ma anche quelli del suo autista, Giovanni Luppino, e di Bonafede. Disposto anche il sequestro dei device in uso al primario del reparto di oncologia dell’Uoc di Trapani, Filippo Zerilli, che ieri in una lettera aperta ha scritto di non ricordare di avere conosciuto Andrea Bonafede/Matteo Messina Denaro, che in agenda risulta una solo visita (avvenuta con mascherina) e che nessun ricovero è avvenuto presso il suo reparto per un periodo più lungo di un giorno. Intanto proseguono senza sosta le indagini per risalire alla rete di protezione che ha permesso la latitanza del boss per trent’anni. E, secondo fonti interne, sono molti gli elementi acquisiti dagli investigatori in queste settimane.