La procura indaga per omicidio colposo a carico di ignoti, ma anche la mamma del piccolo ha sporto denuncia – scrive il Corriere della Sera – contro l’ospedale Pertini, dove il suo bambino è morto nella notte tra il 7 e l’8 gennaio, due giorni dopo essere nato. Una tragedia che ha sollevato polemiche sull’assistenza delle neomamme negli ospedali dopo il parto e sulla pratica del rooming in (ovvero di lasciare il neonato insieme alla mamma in stanza fin da subito), e che sui social ha sollecitato migliaia di donne a raccontare il proprio ricordo sui giorni di degenza. Testimonianze raccolte anche da ilfattoquotidiano.it. La madre del neonato deceduto, 30 anni, ha raccontato di essersi addormentata nel letto insieme al piccolo e di averlo dunque schiacciato col suo corpo. A svegliarla, quando era ormai troppo tardi, sono state le infermiere. Lei, però, sostiene di avere chiesto più volte al personale ospedaliero di portare il piccolo al nido, perché stremata dal travaglio e dal parto, in modo da potere riposare. Una richiesta che, ha detto, è sempre caduta nel vuoto.

E ora dalla denuncia emerge che, al contrario di quanto raccomandato dal protocollo del rooming in – ovvero di riporre il bambino nella sua culla se, in sostanza, non si rimane sveglie -, è stato il personale a dirle di tenere con lei il bimbo nel letto. “Ero distrutta per la stanchezza del lungo travaglio e ho chiesto consiglio a medici e infermieri: mio figlio piangeva spesso e io non sapevo che cosa fare, come calmarlo. Mi è stato suggerito dal personale di turno che, se il bambino avesse pianto, sarebbe stato opportuno tenerlo a letto con me”, si legge nella denuncia, come riporta il Corriere. E per lei è stato proprio quel consiglio ad avere innescato la tragedia: “Il consiglio, abbinato alla pregressa stanchezza, ha posto mio figlio di fronte ad un rischio che si è purtroppo concretizzato”.

Nella denuncia, poi, la mamma racconta inoltre di essere stata contattata dal Pertini il 13 gennaio, ovvero cinque giorni dopo la morte del piccolo. Al telefono il pediatra le aveva chiesto perché lei e il bimbo non si fossero presentati alla visita di controllo. Una chiamata che la donna definisce “sconcertante”. Tre ore dopo arriva un’altra telefonata dall’ospedale, questa volta di scuse. E infine, sempre nella denuncia, la donna racconta un altro episodio: il 6 gennaio il padre del piccolo e marito della signora suona in reparto per potere fare visita alla sua famiglia. Gli risponde un infermiere: gli dice che la moglie sarebbe potuta scendere da sola, qualora il piccolo stesse dormendo. Ma se così avesse fatto, avrebbe lasciato il bimbo “incustodito”, dice la donna, in contrasto con quanto prevede il protocollo del rooming in. Infine, scrive ancora il Corriere, dal documento emerge un’ulteriore ricostruzione degli ultimi minuti di vita del bimbo, finora mai emersa: all’una di notte dell’8 gennaio “la donna racconta di essere stata svegliata, senza preavviso, dal personale sanitario al fine di prelevare il bambino per svolgere l’esame relativo al livello di «iperbilirubinemia neonatale», il cosiddetto ittero, facendo un prelievo di sangue. Il piccolo viene riportato in camera dopo circa un quarto d’ora. La puerpera si addormenta con il figlio in braccio ma pochi minuti più tardi viene scossa con forza dell’infermiera di turno: «Abbiamo portato il piccolo in rianimazione»”. Poi, la tragedia.

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