Speciale Sanremo 2023

Sanremo 2023, il ritorno di Paolo Vallesi (ma dov’era finito?): tra “Persone inutili” e “Forza della vita”, eccolo sul palco dell’Ariston coi Cugini di Campagna

Quintessenza dell’ordinarietà esistenziale, ma poetica sempre vibrante e vibrata, Vallesi ha fatto dello spegnimento delle luci e dei riflettori (otto album in trent'anni) un carburante ecologico di sopravvivenza

Quando toccherai/Il fondo con le dita/A un tratto sentiraiLa forza della vita”. Potete pensarla come volete, ma questa quartina spiritual malinconica è una delle strofe della musica leggera italiana più cantata negli ultimi trent’anni. Scomparso dai radar sì, ma con una certa classe. Paolo Vallesi e La (sua) Forza della vita in duetto speciale vintage, o giù di lì, con I Cugini di Campagna che l’Anima Mia, anzi loro, la devono agli amarcord di Fazio, altrimenti era tutto un Watussi e Pinne, fucile e occhiali. Fiorentino dolente, piegato sul pianoforte, un Cocciante meno cotonato ma con tanti bei riccioletti da compagno delle superiori che somiglia a Luca Carboni, Vallesi sbocciò in pieni novanta. C’era chi sceglieva L’uomo ragno e chi si aggrappava alla forza della vita. La musica è bella perché è varia. Vallesi, peraltro, era ottimo terzino sinistro nell’allora lanciatissima nazionale cantanti, mica solo un suonatore triste di spleen tragici esistenzialisti. Gli amici più grandi, tra l’altro, sono rimasti proprio i boss pop di quegli anni che coi tacchetti ci sapevano anche fare: Gianni Morandi ed Enrico Ruggeri oggi a duettare nell’ultimo album vallesiano, Io e noi. Tornando però allo spleen, quello bello tosto, roba che Tenco avrebbe invidiato.

Vallesi si afferma a Sanremo, Nuove proposte, nel 1990 con un brano che probabilmente fa tutt’uno con la sua allure filosofica dell’epoca: Le persone inutili. Qualcuno dice poi che se l’è cercata. Modello Marco Masini, fiorentino pure lui. “C’è anche un’altra umanità/Dietro a sé non lascerà/Leggi e monumenti/Gente destinata a perdere/E nessuno canterà/I suoi fallimenti”. Insomma, i perdenti dimenticati ancor prima di iniziare. Via le pistole dalle tempie, please. Vallesi in pochi mesi mette insieme prima la botta che spezza le gambe poi il colpo di reni che spiazza decenni di psicanalisi. La forza della vita che ti trascina su a respirare di nuovo. Il ragazzo comunque sfonda. E si allarga. Soprattutto in Spagna, dove fallimento e rinascita in forma di canzone spopolano. “Ho una compagna di vita che fin dall’infanzia mi consola, mi aiuta, mi soddisfa e mi fa felice. Si chiama musica”, eccolo là. “Da ragazzo, timido quale ero, benché mi relazionassi piuttosto bene e facilmente con gli altri, avevo sempre un po’ di pudore nel farlo; anche per questo motivo la musica è sempre stata per me uno strumento con cui creare un rapporto con le altre persone oltre che per esternare emozioni”, raccontava nella sua biografia edita da Bertoni. Quintessenza dell’ordinarietà esistenziale, ma poetica sempre vibrante e vibrata, Vallesi ha fatto dello spegnimento delle luci e dei riflettori (otto album in trent’anni) un carburante ecologico di sopravvivenza. Meglio trottare costante ai 50 orari (pardon, ai 30) che non correre sparato ai 150 che poi la benzina finisce in un amen. Se siete fermi all’immagine dei novanta oggi non lo riconoscerete subito. Somiglia più a Zarrillo e in una foto con Masini si confondono come fossero gemelli. Anche se Vallesi tutto può essere stato nella vita e nella musica, ma mai un vaffan**lo.