Alla prima apertura di sipario del 73° Festival di Sanremo, Roberto Benigni ha citato in maniera sintetica le origini della gara canora la cui ideazione sarebbe da attribuire a tal Amilcare Rambaldi, fioraio della Riviera, che per dare impulso ai propri affari dopo gli anni del conflitto mondiale, s’inventò un concorso per cantanti. Alle parole del Premio Oscar Benigni è partito subito l’applauso dell’Ariston – e ci mancherebbe –, ma le cose andarono diversamente e, per amore della verità e della cronaca, è bene raccontarle nella maniera corretta.
Infatti se a Sanremo son tutti convinti che il Festival sia nato lì, a Viareggio, in Toscana, alle parole di Benigni sono stati in tanti a sobbalzare sulla sedia. Soprattutto in Versilia. Perché in effetti la prima edizione del “Festival nazionale della canzone italiana” ebbe il suo battesimo alla “Capannina” del Marco Polo, il locale del quartiere di Viareggio la cui direzione nella stagione estiva del 1948 era stata affidata a un giovane imprenditore teatrale, Sergio Bernardini, lo stesso che fino alla fine degli anni Settanta avrebbe portato in Versilia le stelle più brillanti dello spettacolo.
Nello specifico, fu su proposta del giornalista e paroliere Aldo Valleroni – nato nel 1920 sulle rive del Lago di Massaciuccoli caro a Puccini e autore, tra l’altro di canzoni come Una rotonda sul mare di Fred Bongusto e Mi va di cantare interpretata nel 1968 da Louis Armstromg proprio a Sanremo – che nell’aprile del 1948 Bernardini e Alberto Sargentini (che allora era a capo del comitato che organizzava il Carnevale di Viareggio) concepirono la manifestazione che di fatto nacque la sera del 25 agosto dello stesso anno nel locale di Viareggio. Scrisse nel 1979 lo stesso Valleroni nel libro Versilia anni ruggenti a proposito di quella irripetibile serata: “Il pubblico, numeroso ed entusiasta, applaudì lungamente tutte le canzoni presentate evidente segno che il festival aveva raggiunto subito lo scopo che si prefiggeva”.
Il festival si ripeté anche durante l’estate del 1949, ma il rigido e piovoso inverno del 1950 impedì al Carnevale di Viareggio di metter da parte i fondi necessari per la terza edizione del festival, che non si tenne mai. E fu proprio in questo momento di indecisione che si fece avanti Pier Busseti, factotum del Casinò di Sanremo che in pochi mesi riuscì concretamente a “traslare” il festival dalla Versilia alla Riviera di Ponente, con la complicità della Rai che già nel gennaio del 1951 aveva inserito il festival tra i suoi programmi, diventandone, di fatto, l’organizzatrice. Alle parole di Benigni, come scritto, hanno reagito in tanti a Viareggio, a cominciare dal sindaco Giorgio Del Ghingaro che ha scritto una lettera al direttore artistico del festival, Amadeus, rivendicando la primogenitura della gara canora, raccontando i fatti, facendo nomi e cognomi, e augurando tutto il meglio alla trasmissione. Solo una puntualizzazione “per rispetto delle tradizioni, amore di polemica irriverente in pieno spirito di Carnevale, e un pizzico di vanità” ha scritto il primo cittadino di Viareggio. E ovviamente la cosa finisce qui. Di nuovo quindi la verità finisce vittima della fama e soppesata dall’autorevolezza di chi l’afferma. Insomma anche stavolta c’era tutta l’intenzione di far valere la regola che.. “è vero.. l’ha detto la tv!”. Invece non è così perché capita che anche i “piccoli diavoli” si sbaglino. Volutamente?