A notte fonda, i consiglieri regionali siciliani si tengono stretto l’aumento di stipendio. Complice il voto segreto, i politici dell’Ars bocciano l’emendamento che avrebbe dovuto abrogare l’adeguamento automatico delle indennità agli indici Istat sull’inflazione. E l’opposizione di Sala d’Ercole esplode, tra le polemiche, i sospetti e le accuse incrociate.
Rinunciamo, anzi no – Tra voti e marce indietro, le ultime 48 ore a Palazzo dei Normanni sono state surreali. L’altro ieri è stato approvato il bilancio interno dell’Assemblea regionale siciliana, tagliando la spesa complessiva di mezzo milione ma prevedendo, allo stesso tempo, una crescita del capitolo destinato alle indennità dei consiglieri regionali, a causa di una legge del 2014 che prevede l’adeguamento automatico agli indici Istat relativi al costo della vita. Nessuno batte ciglio, né si scandalizza, né propone modifiche: il bilancio viene approvato senza particolari oppisizioni. Ma la notizia finisce sui giornali e iniziano i distinguo e le polemiche: i big romani di Fratelli d’Italia manifestano il loro disappunto ai dirigenti siciliani, mentre il Movimento 5 stelle all’Ars si accorge dell’aumento e promette di un “auto-taglio” degli stipendi. Nella notte tra giovedì e venerdì, però, all’assemblea arriva un emendamento, presentato dall’ex sindaco di Messina Cateno De Luca, che propone l’abrogazione della norma sull’adeguamento automatico. Ma in Aula ecco il duplice colpo di scena: nonostante gli impegni delle ore precedenti, la proposta viene bocciata con voto segreto. Mentre i consiglieri del gruppo di De Luca, gli stessi che avevano firmato l’emendamento, si astengono e fanno mancare i voti che sarebbero bastati per farlo passare.
De Luca contro De Luca – Ce n’è abbastanza per fare esplodere la polemica: le forze di opposizione, in particolare, si scambiano accuse violentissime attraverso comunicati stampa e post su Facebook. “All’Ars va in scena la farsa con lo show di Cateno De Luca, che prima inneggia alla correttezza sua e dei suoi, e poi non vota, assieme ai deputati dei suoi gruppi, l’emendamento che avrebbe stoppato gli aumenti Istat, salvando di fatto l’aumento degli stipendi”, l’affondo del capogruppo M5s Antonio De Luca. “È evidente a questo punto che l’azione era solo a scopo propagandistico e non mirava assolutamente a bloccare gli aumenti delle retribuzioni. Questa votazione perlomeno è servita a fargli buttare la maschera, speriamo serva anche ad aprire gli occhi ai siciliani”, attacca. L’ex sindaco di Messina replica con toni molto coloriti: “Non avete detto che questo emendamento era mio. Voi invece volevate fottervi i soldi, dando la colpa agli altri come sempre. L’emendamento che abbiamo presentato noi, nessuno ha avuto il coraggio di presentarlo. E voi vi siete trovati spiazzati. Sapevamo che avrebbero chiesto il voto segreto e nel segreto dell’urna si sono messi d’accordo una parte della maggioranza e una parte dell’opposizione. Noi non abbiamo votato per evitare di essere mischiati in questa merda… Ma prima di depositare quell’emendamento, abbiamo depositato un disegno di legge che abroga la norma che prevede l’aumento Istat. Oggi chiederemo al presidente dell’Ars di calendarizzarlo. E voglio proprio vedere come va a finire”. De Luca accusa poi i 5 stelle di avere “inciuciato” con la maggioranza, citando il precedente dell’elezione del vicepresidente vicario dell’Ars, Nuccio Di Paola: “Lui da mesi sapeva dell’aumento degli stipendi, però stava in silenzio. Se li voleva intascare e dire che la colpa era degli altri”.
I difensori dell’aumento – E così, in una Sicilia che non riesce a star dietro a tutte le emergenze, l’Assemblea regionale ha impiegato circa due ore per discutere sul taglio delle indennità. E dire che poco prima in Aula era arrivata una notizia che avrebbe dovuto far pensare. L’assessore all’Economia Marco Falcone, infatti, ha informato i consiglieri di una lettera inviata dal Commissario dello Stato Ignazio Portelli con la quale si richiamava a una maggiore prudenza sulle spese previste nella legge di stabilità. Una situazione così allarmante da costringere il governo a un taglio orizzontale tra il tre e il dieci per cento delle spese previste nelle varie tabelle e nell’articolato della legge. Ma il monito non ha spaventato i consiglieri. Uno dei big siciliani del Pd, Antonello Cracolici, ha anzi rivendicato la bontà di quell’aumento ricordando che l’adeguamento dei trattamenti economici per i consiglieri c’è anche in altre Regioni, citando il Lazio, il Trentino-Alto Adige, l’Umbria e la Sardegna. “Da 48 ore questo Parlamento subisce attacchi ingiustificati per un automatismo previsto da una legge di nove anni fa. Sono un uomo libero e non mi vergogno di dire che sono contro l’abolizione della norma e difendo l’autonomia di questa Assemblea”, ha detto. Sulla stessa scia si sono schierati pubblicamente anche due assessori del governo Schifani (Mimmo Turano della Lega e Roberto Di Mauro del Mpa) e il capogruppo della Dc di Totò Cuffaro, Carmelo Pace. S’erano invece espressi a favore della cancellazione dell’automatismo i deputati del M5s e anche, rispondendo a un input giunto da Roma, il capogruppo di FdI Giorgio Assenza (anche se il presidente dell’Ars Gaetano Galvagno, anche lui meloniano, ha smentito ingerenze).
Micciché: “Ci considerano lo schifo, ora basta!” – A chiedere il voto segreto sulla proposta di abrogazione della legge è stato il coordinatore siciliano di Forza Italia Gianfranco Micciché, intervenendo alla fine della discussione: “Non è la prima volta che Roma interferisce, in questo caso chiedendo la cancellazione di questa norma: basta”, ha tuonato. “Siamo considerati lo schifo del Paese, qualsiasi cosa facciamo. Basta. Con l’indennità da parlamentare arrivo comodamente a fine mese e chiedo scusa a chi purtroppo non ci arriva. Ma non ho ville, non ho yacht e non rubo, si è montato un polverone su un automatismo. Avrei evitato di chiedere il voto segreto, purtroppo però in quest’aula ci sono colleghi che hanno paura della demagogia”. E i colleghi, protetti dal voto segreto, hanno deciso: teniamoci stretto l’aumento.