Quando ho fatto la birra in casa per la prima volta vivevo in una casetta di legno nella campagna sabina. Ho iniziato con l’attrezzatura minima: una pentola e una latta di estratto di malto. Ancora mi ricordo, dopo quindici anni, la spasmodica attesa per la partenza della fermentazione e poi la felicità nel sentire le bolle di anidride carbonica che fuggivano dal tappo del secchio di plastica. Portai agli amici quella mia prima birra quasi fosse una sacra reliquia: peccato che appena ci incontrammo in un bar della Capitale, tutto passò in secondo piano contro la rivelazione che uno di loro si stava separando.

Ho avuto questo flashback un paio di settimane fa a Firenze quando, all’interno della rassegna “Birraio dell’anno”, si è celebrata la prima edizione del “Fermento Birra Homebrewing Contest”. Il concorso è stato organizzato da Francesco Antonelli e Angelo Ruggiero, autori del manuale Fare la birra in casa, fondamentale per chi vuole affacciarsi alla produzione domestica con l’ausilio delle più recenti innovazioni tecniche e riflessioni teoriche.

Padre del blog Brewing Bad, Antonelli mi spiega come è cambiato il panorama in questi ultimi dieci anni: “Oltre al prevedibile miglioramento nella disponibilità e nella qualità degli ingredienti e all’evoluzione delle attrezzature a disposizione dei birrai casalinghi, c’è stata una progressiva proliferazione delle fonti informative, molte delle quali di grande qualità come blog di appassionati, canali YouTube, webinar di produttori di malti e lieviti, podcast e libri tematici. Per non parlare dei concorsi dedicati agli homebrewer che ogni anno, insieme al miglioramento qualitativo del settore della birra artigianale in generale, alzano gli standard di riferimento e il livello di consapevolezza dei produttori casalinghi nei confronti degli stili e della birra di qualità.”

Antonelli è una delle due anime e voci, assieme a Daniele Iuppariello, di un podcast interamente dedicato all’argomento. Daniele ne ripercorre l’origine: “Mi fa strano ricordare come è nato Mash Out! – il podcast di birra e homebrewing col punto esclamativo – dopo più di due anni e più di 80 episodi pubblicati: Frank, il meticoloso e accademico e io, anarchico e sperimentale, ci siamo conosciuti virtualmente anni fa e ci siamo sempre detti di fare qualcosa insieme. Dopo estenuanti mesi abbiamo trovato la quadra del cerchio: un podcast che fa sintesi e sviscera tutti gli aspetti dell’homebrewing in maniera chiara e divertente da ascoltare e riascoltare.”

A volte succede che a forza di bollire, fermentare e imbottigliare sorga l’idea che quell’attività dei fine settimana possa diventare un mestiere vero e proprio. Non nella declinazione velleitaria e senza fondamento che spesso ci colpisce, noi aspiranti stregoni tra malto e luppolo (“Prima o poi lo apro, il mio birrificio!”), ma come risultato di un percorso professionalizzante serio. Come dimostrano i risultati dell’ultima edizione di “Birraio dell’Anno”: è stato infatti incoronato miglior produttore artigianale del 2022 Marco Valeriani di Alder, già vincitore in altre due passate edizioni, che proprio in casa ha iniziato a produrre. Nella categoria delle nuove promesse “Birraio Emergente” ha trionfato Mirko Giorgi, alla guida di Shire: guarda caso, anche lui partito come homebrewer.

Il già citato Ruggiero, che oltre a essere autore e homebrewer è anche il mastro birraio di “Lieviteria”, mi racconta la sua esperienza personale: “Quando ho cominciato non sapevo che mi sarebbe piaciuto, ma come tanti ci ho preso gusto, studiando e conoscendo gli stili, le tradizioni e le innovazioni moderne. In molti casi il confronto reciproco, i concorsi a tema e i buoni risultati fanno crescere la voglia di mettersi in gioco e negli anni hanno spinto molti homebrewer a fare il salto e diventare birrai, spesso mettendosi sulle spalle un’impresa da zero o, come nel mio caso, sposando un progetto. Non è uno scherzo, ma per molti è quasi inevitabile se si vive visceralmente questo hobby. Vivo il mondo della birra con entrambe le vesti ed è evidente che un homebrewer è libero di fare ciò che vuole, mentre un birraio deve badare alla gestione aziendale, alle vendite e a tanto altro. Ma nelle difficoltà spesso si getta il cuore oltre l’ostacolo e chi è capace arriva a raccogliere i frutti facendo emozionare qualcuno con le proprie birre: ciò che accomuna homebrewer e professionisti.”

Secondo Microbirrifici.org, gli impianti operativi in Italia a fine 2020 erano poco più di mille, tra brewpub e birrifici. Risulta arduo dimensionare un fenomeno fuori dai radar ufficiali come l’homebrewing: confrontando gli iscritti ai principali gruppi in tema sui social potremmo azzardare una forbice di birrai casalinghi tra i 20 e i 30mila. Cifre che sono la base per distruggere sul nascere ogni tentativo di deduzione fallace: la maggioranza dei birrai oggi professionisti sono stati homebrewers, ergo, ogni homebrewer può e deve diventare birraio. Altri numeri e tendenze, infine, ci raccontano di una realtà in continua trasformazione: i principali siti e-commerce specializzati in attrezzature e materiali per la birra in casa hanno registrato un calo delle vendite significativo nel 2022, fino al 30%. Tra le cause certamente l’aumento indiscriminato dei prezzi, ma anche il raffreddamento fisiologico della lunga onda di entusiasmo per il fai da te nata ai tempi del lockdown.

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