Con lo scontro commerciale che ha conosciuto un’impennata già durante l’amministrazione Trump, il tentativo di riavvicinamento, al momento fallito, per arrivare a una mediazione sul conflitto ucraino e la guerra strategica nell’Indo-pacifico, adesso le tensioni tra le due più importanti potenze mondiali, Cina e Stati Uniti, rischiano di conoscere un altro picco. Con un nuovo campo di battaglia: il ‘near space’. Tensioni rinfocolate dall’abbattimento del pallone-spia cinese avvistato sul South Carolina e che hanno dato vita a uno scambio di accuse e tentativi di umiliazioni reciproche in campo diplomatico. Il tutto caratterizzato anche dal mistero delle ultime ore: tre “oggetti non identificati” abbattuti nel fine settimana sui cieli dell’Alaska, al confine con il Canada e sul lago Huron.
Questi ultimi tre casi, sui quali Washington si è affrettata a precisare che “non ci sono segnali che si tratti di attività extraterrestri“, hanno portato il livello di allerta in America a un nuovo stadio. Non se ne conoscono, al momento, né i meccanismi di funzionamento, né la provenienza. Solo che hanno forme e dimensioni ben diverse dal pallone-spia agganciato dai sistemi di Difesa Usa e abbattuto sopra l’Atlantico ed è quindi al momento molto difficile stabilire se effettivamente si tratti di mezzi guidati da Pechino. Se questo venisse dimostrato, si tratterebbe di uno smacco pesante per Washington e un’importante dimostrazione di forza da parte della Repubblica Popolare che da anni porta avanti un intenso programma di sorveglianza globale. Già nel 2018, ad esempio, gli Stati Uniti avevano individuato 274 casi documentati di spionaggio cinese in tutto il mondo e con diverse metodologie. Oggi, con l’individuazione di palloni-spia e l’ipotesi di una regia cinese dietro ai nuovi oggetti non identificati, Pechino dimostrerebbe di aver compiuto un salto di qualità senza precedenti rispetto ai competitor. Lo spionaggio, però, non è unilaterale. Anche Pechino, per la prima volta, ha risposto alle dichiarazioni arrivate da Washington dicendo che solo nel 2022 i palloni aerostatici statunitensi hanno sorvolato illegalmente la Cina più di dieci volte senza alcuna approvazione da parte delle autorità locali. Una ricostruzione che, però, viene respinta dalla Casa Bianca: accuse “false”, dicono.
La guerra di spie tra la Repubblica Popolare e gli States, quindi, è aperta già da anni e le prime conseguenze potrebbero palesarsi proprio riguardo al conflitto in Ucraina. Dopo la dichiarazione di “amicizia senza limiti” nei confronti della Russia in occasione dell’inaugurazione delle Olimpiadi Invernali di Pechino, col senno di poi avventata pure per Xi Jinping, la Cina ha poi ridimensionato il proprio sostegno a Mosca, appoggiando le recriminazioni della Federazione riguardo l’espansione a est della Nato, stando però attenta a non diventare mai parte attiva nel conflitto in corso nel Paese di Volodymyr Zelensky. Tanto che nei mesi scorsi si è pensato anche a Pechino come possibile mediatore tra le parti, vista l’influenza esercitata su Mosca e il sostegno dato a quest’ultima dal punto di vista economico, in primis sull’export di materie prime. Ma le nuove tensioni nell’Indo-pacifico, con gli Stati Uniti che stanno portando avanti una strategia fortemente anti-cinese, e questi ultimi casi di spionaggio sembrano allontanare la possibilità di far sedere Pechino a un tavolo con Mosca, Kiev e la Nato. Al contrario: il campo di battaglia ucraino potrebbe diventare un’altra carta in mano alla Repubblica Popolare nel gioco di ricatti innescato con Washington.