Si ferma il gioco, il computer traccia la linea e nel giro di pochi secondi arriva il verdetto: fuorigioco o no, la tecnologia non può sbagliare. Troppo bello e trasparente per il pallone. E infatti il calcio (non solo quello italiano) per una volta che ha una regola chiara la vuole cambiare. Nelle ultime settimane si è aperto il dibattito sul cosiddetto “SOAT” (Semi-Automated Offside Technology), ovvero il fuorigioco semiautomatico: la posizione della palla e dei calciatori viene calcolata in tempo quasi reale dal sistema di realtà virtuale ricavato con le immagini delle telecamere presenti nello stadio. Un meccanismo pressoché infallibile che ha eliminato il concetto di arbitrarietà, e quindi quasi del tutto l’errore umano, almeno per quel che riguarda la regola del fuorigioco. Bene, si dirà. Invece no: pure il fuorigioco semiautomatico diventa fonte di polemica. Prima è stata la volta del gol annullato a Lautaro nel derby, poi, ieri, durante Juventus-Fiorentina, è toccato a Vlahovic e Castrovilli, tutti molto simili, cancellati dalla tecnologia, sempre per questioni di centimetri o proprio millimetri, tra recriminazioni reciproche. Poco da dire: anche se solo per un pezzettino di naso o di ginocchio, o un capello come dice Allegri, i giocatori erano oltre la linea. Ma siccome non si può negare l’evidenza (qualche tifoso riesce a fare pure quello), ecco che pur di lamentarsi ci si appella allo spirito del gioco, al fatto che non sarebbe calcio annullare un gol per così poco. Certo, meglio convalidarlo ingiustamente per l’errore o la sudditanza di qualche guardalinee, come accadeva prima.
La regola per come è concepita oggi è pressoché perfetta: potrà essere rigida ma ha il merito di essere oggettiva, non prestarsi in alcun modo alle interpretazioni (e distorsioni) arbitrali. Eppure c’è chi la vorrebbe cambiare. Non sono solo chiacchiere da bar: proprio negli ultimi giorni la FederCalcio ha annunciato di continuare il test di una nuova regola proposta dalla Fifa, che prevede la segnalazione del fuorigioco solo nel caso in cui ci sia una separazione visiva, la cosiddetta “luce”, tra attaccante e difensore, in nome della spettacolarità del gioco. Ci sarebbero insomma solo fuorigioco netti, e non più millimetrici. Questo dovrebbe servire a fermare meno il gioco ed aumentare le occasioni. In realtà è solo il modo migliore per minare una delle poche certezze conquistate dal pallone.
La Figc è all’avanguardia nella sperimentazione tecnica, e questo è uno dei (rari) meriti della nostra Federazione, da sempre in prima linea nell’innovazione, già dai tempi di Tavecchio (l’Italia fu la prima a provare il Var in una gara amichevole internazionale), e adesso con Gravina. Nuovo però non è necessariamente bello e bisogna anche riflettere su come si cambia: la nuova regola del fuorigioco è una delle tante proposte bislacche lanciate dal consigliere della Fifa, Arsene Wenger (ricordate il Mondiale ogni due anni?), e non fa altro che riesumare un vecchio concetto, quello di “luce”, superato vent’anni fa proprio perché generava troppa confusione.
Oggi la tecnologia di permette di stabilire senza margine di errore se un giocatore è oltre la fatidica linea, stoppando sul nascere le polemiche. È chiaro che il SOAT verrebbe utilizzato anche per applicare la nuova regola ma non sarebbe lo stesso: innanzitutto perché il concetto di luce è di per sé più aleatorio; ma diventerebbe totalmente aleatorio senza l’impiego della tecnologia, che non potrà mai essere disponibile su ogni campo di ogni categoria, finendo per generare un calcio di Serie A e uno di Serie B, mentre almeno nello spirito e nelle regole del gioco il pallone dovrebbe cercare di essere universale. Pur di far polemica, ce la prendiamo coi millimetri. Ma perché sminuirne l’importanza. Per un millimetro un bel tiro può andare dentro o fuori, la palla oltrepassare o meno la linea (la Goal-line technology è stata una grande conquista, perché non dovrebbe valere anche per il SOAT), e un giocatore finire in fuorigioco. In fondo, è proprio questo il bello del calcio.