Tanto per cominciare si può subito notare come per le fregature più grandi, quelle che peseranno sulle persone più semplici, vengano usati spesso, specialmente nei notiziari, termini il cui significato non è immediatamente compreso nella sua interezza da chi ascolta. L’autonomia, per esempio, che tutti sanno cos’è, più o meno, ma forse non pensano subito che in realtà non è uguale per tutti. Per esempio: l’autonomia nelle caserme: quella dei colonnelli è un tantino diversa da quella della truppa. Così ne approfittano, anche nei telegiornali.

Quando annunciano che è stato approvato il decreto per “l’autonomia differenziata”, la maggior parte delle persone pensa sicuramente a qualcosa del genere, del tutto naturale.

Ma se poi, mettendo a fuoco la notizia, sentirà che riguarda le nostre regioni, i più attenti cominceranno a chiedersi qualcosa, e magari cominceranno anche a capire che non si tratta delle solite banalità. Dicono che si tratta di una cosa che gli italiani aspettano da 75 anni perché è scritto nella Costituzione. Oppure, se l’intervistato è Roberto Calderoli, col suo viso rubizzo e accattivante (dev’essere anche un “sensitivo”, perché è apparso come d’incanto nella mia televisione accesa proprio mentre scrivo questo pezzo!) risponderà con molta cognizione di causa (l’ha scritta lui!) per precisare che l’autonomia regionale a cui lui sta lavorando non vuol dividere nessuno, anzi, vuole dare finalmente quel servizio che tutti gli italiani aspettano da troppo tempo. Così per fare un facile esempio ha proseguito con il caso della richiesta di una nuova carta d’identità, che in alcune città danno in due-tre giorni mentre altrove ce ne vogliono molti di più.

Volevo prenderlo al volo per dirgli che avevo già sentito il ministro Brunetta fare quell’esempio diversi anni fa e nulla è cambiato, ma lui (ovviamente) è andato avanti a parlare d’altro sollecitato dall’intervistatrice tv. Ma comunque, proprio con quell’esempio sarebbe stato facile contestargli che con l’autonomia differenziata diventerebbe ancor più difficile dare a tutti la stessa velocità o qualità dei servizi. E lo si vede già ora, specialmente nei servizi sanitari, con liste d’attesa di molti mesi (che nelle regioni povere andrebbero persino ad aumentare).

Comunque, se fosse stato davvero lì nel mio studio, invece che in televisione, mi avrebbe subito risposto che per rimediare al problema della mia contestazione verranno attivati i “Lep”. Cosa sono ‘sti “Lep”, però, nessuno lo sa, salvo (forse) coloro che lavorano già nella Pubblica Amministrazione.

Io l’ho imparato pochi giorni fa leggendo un articolo del costituzionalista Michele Ainis, che traduce l’acronimo con “Livelli Essenziali delle Prestazioni”. Ma Ainis non fa solo la traduzione, spiega anche alcuni interessanti dettagli: essi andranno definiti “[…] nell’ambito degli stanziamenti di bilancio a legislazione vigente” (legge n.197 2022). “Si tratterà perciò di livelli minimi, senza maggiori investimenti, lasciando a stecchetto i poveri (le Regioni del sud), ma permettendo d’ingrassare ai ricchi”.

Facile dunque prevedere (lo dice lo stesso Ainis) che il tutto si svolgerà sotto l’attenta “cura” del furbo Calderoli, che nel suo stesso decreto ministeriale prevede una procedura verticistica racchiusa nel rapporto tra gli esecutivi (governo nazionale e giunte regionali). E il Parlamento? E le Parti sociali? Qualcuno potrebbe chiedersi.

Ainis descrive sinteticamente l’accurato percorso (disegnato da Calderoli) di chi deve seguire l’iter per l’approvazione (che è aperto a tutti per la discussione, a nessuno invece, tranne quelli della “procedura verticistica” di cui sopra, per l’approvazione e la successiva gestione. Landini (Cgil) ha già definito questa riforma “una scelta sciagurata, perché divide il nostro paese e non supera il divario territoriale, né le disuguaglianze”.

Leggendolo, mi immagino che Calderoli si sia fatto una fragorosa risata pensando (in lumbard): “Che pirla quel Landini l’ha gnanca capì che l’e quel che vorum num!” (che sciocco quel Landini non ha neanche capito che è proprio quello che vogliamo noi da anni!). Io però ho l’impressione che non l’abbia capito nemmeno Giorgia Meloni, perché se davvero lascia fare a Calderoli di testa sua (l’artefice del “Porcellum”) firmerà anzitempo la sua rovina.

Io penso davvero che gli italiani, che stavolta hanno votato in massa la Meloni deliziati dalle sue promesse e dalle sue certezze, se non smetterà subito di sostenere queste astrusità politiche e sociali, non arriverà (politicamente) nemmeno a fine anno. Ma se veramente i tre moschettieri del presidenzialismo padano riusciranno a mantenere il loro giuramento di Pontida, di stare insieme per cinque anni (fino a fine legislatura), a quel punto i suoi elettori avranno già spostato altrove le loro simpatie, e non basterà cambiar nome al partito (da Fratelli d’Italia a Fratelli Separati d’Italia, nda), deve scegliere chi vuole servire. Se vuole servire gli italiani (specialmente quelli che l’hanno votata) deve mettere a rischio subito la sua poltrona e fermare subito lo “spezzatino che solo i leghisti vogliono dell’Italia”, altrimenti perderà tutto, come è già capitato ad altri anche recentemente.

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