In un ipotetico libro sui misteri e i luoghi oscuri del calcio italiano, uno specifico capitolo andrebbe dedicato a Massimo Ferrero e alla vampirizzazione della Sampdoria, società progressivamente svuotata delle proprie risorse fino a arrivare a un passo dal baratro. Lo spettro della penalizzazione in classifica sembra essere stato temporaneamente evitato grazie all’intervento dei giocatori, che hanno deciso di spalmare il saldo della parte variabile dei propri compensi nei prossimi mesi, permettendo alla società di procedere con il pagamento delle altre pendenze relative alle mensilità del trimestre ottobre-dicembre 2022. Con quali soldi non è dato sapersi, visto che la famiglia Ferrero non ha mai investito un solo euro nel club. La definizione perfetta del personaggio l’ha offerta nel dicembre 2021 il quotidiano tedesco Süddeutsche Zeitung titolando così un profilo approfondito dell’azionista di maggioranza della Samp: Mittellos die Welt kaufen, traducibile come lo “squattrinato che compra il mondo”.

Per una comprensione più efficace della situazione finanziaria della Sampdoria, ilfattoquotidiano.it ha contattato Roberto Albisetti, esperto di questioni societarie, docente universitario di finanza e per 22 anni dirigente della IFC, la società finanziaria del World Bank Group. “La società è ostaggio di un azionista insolvente e oggi chi comanda sono le banche, che vogliono minimizzare le perdite per i prestiti al debitore in crisi. La sventura di Ferrero si abbatte per proprietà transitiva sulla Sampdoria. Il grosso problema è la commistione delle attività private del signor Ferrero, tutte in difficoltà, con la sopravvivenza finanziaria asfittica della Sampdoria che dura da quattro anni. Ci vuole un deus ex machina che venga, si tappi il naso e ci metta i soldi”.

L’ultimo bilancio non in perdita dei doriani risale al 2018, chiuso con un utile di 12 milioni. Poi si è passati a -13 milioni (2019), -14.3 (2020), -24 (2021) fino a i -25 stimati per il 2022. In questo periodo si è assistito all’incremento sia del passivo (180 milioni nel 2018, 205 nel 2021) che dell’indebitamento a breve, ovvero di tutti quei debiti da pagare entro 12 mesi (136 milioni nel 2019, 174 nel 2021, con stima di 200 milioni per il 2022), a fronte di una struttura patrimoniale rimasta pressoché immutata (45 milioni nel 2018, 49 nel 2022). Una sproporzione insostenibile senza un adeguato intervento della proprietà attraverso una ricapitalizzazione. Ma i soldi i Ferrero se li sono sempre fatti prestare, come mostrato dalla voce riguardante i debiti verso le banche, passati dai 9 milioni nel 2018 agli oltre 71 del 2021, e verso altri finanziatori (16 milioni nel 2018, 23 nel 2021).

Nel mezzo c’è stato il Covid-19, che se da un lato ha fatto crollare la grande fonte di ricavi della Samp, ovvero il player trading (75 milioni di ricavi nel 2018, 6 nel 2021), dall’altro ha permesso a Ferrero e alla società di respirare grazie all’accesso ad agevolazioni e misure di sostegno messe in atto dallo stato. Su tutte il prestito SACE (Sezione speciale per l’Assicurazione del Credito all’Esportazione), ovvero un prestito garantito dallo Stato alle banche, con il primo destinato a subentrare al debitore nel caso di insolvenza di quest’ultimo, e quindi privo di rischio per le banche. La Sampdoria ha chiesto e ottenuto oltre 65 milioni di euro di finanziamento assistiti da garanzia SACE, ma questa nuova iniezione di denaro proveniente dall’esterno ha portato l’indebitamento finanziario netto a oltre 90 milioni di euro, superiore sia al valore del fatturato netto che al valore della produzione. Un esito non sorprendente quando l’unica strategia è quella di pagare i debiti facendo altri debiti.

La parola ostaggio non è stata usata a caso da Albisetti. Oltre alle ingenti passività sopra citate, già di per sé poco attraenti per un potenziale investitore, c’è anche una governance debole, rappresentata dai tre Consigli di ammistrazione cambiati negli ultimi quattro anni e composti in buona parte da persone di diretta emanazione della proprietà (Ferrero e il su commercialista Gianluca Vidal), e soprattutto la citata interrelazione tra i crediti del mondo imprenditoriale di Ferrero e della Sampdoria. Quest’ultimo, cruciale punto merita una spiegazione. Nel bilancio 2021 è presente una voce che qualsiasi investitore osserverà con molta attenzione, ed è quella relativa ai rapporti con parti correlate. Nel 2020 è stato creato un da Vidal un trust, denominato Rosan, per gestire i rischi di insolvenza personali di Ferrero, togliendo le quote della Sampdoria dalla Holding Max, di proprietà della famiglia, per “isolare” la Samp da qualsiasi eventuale procedimento in capo alla holding. Ma nel Rosan trust sono confluite le quote della holding Sport e Spettacolo, la scatola che deteneva in origine il club, che alla prima voce riguarda, appunto, il pacchetto azionario di maggioranza della Samp, e alla seconda le società cinematografiche di Ferrero, tra le quali c’è la Eleven Finance, attualmente in default e a un passo dall’iter fallimentare. Questo significa che gli introiti del pacchetto azionario della Samp potrebbero andare a soddisfare i creditori della “parte correlata”, ovvero Eleven Finance. Investire soldi con il rischio che una parte venga utilizzata per tappare i buchi di un’altra società non appare propriamente allettante.

L’occasione persa in casa Sampdoria è stata il rifiuto di Ferrero di vendere al fondo patrocinato da Gianluca Vialli che aveva messo sul tavolo 70 milioni di euro, più l’accollo dei debiti. Una cifra che però l’attuale proprietario doriano aveva reputato insufficiente. Ma senza un nuovo azionista disposto a capitalizzare, i creditori (leggi le banche) non accetteranno alcuna ristrutturazione del debito, perché il loro obiettivo è minimizzare le perdite vendendo gli unici assets rimasti, ovvero i calciatori, né sono interessati a diventare proprietari del club. La proposta di Ferrero di dare in pegno le azioni della Sampdoria per ottenere un nuovo prestito è, secondo Albisetti, “fantasiosa, perché per la controparte è un rischio troppo alto e la reputazione del signor Ferrero pesa. Senza contare che le azioni date in garanzia oggi valgono una frazione rispetto all’anno scorso. I creditori delle sue società insolventi e quelli della Samp non gli daranno più credito, anche garantito dalle azioni. Molti di loro vogliono prendersi a basso prezzo gli immobili delle sue due società, che pensava di mantenere quiete con la promessa dei proventi della vendita della Samp”.

In questa storia piena di ombre, cominciata con una cessione dove di fatto aveva pagato il venditore – la famiglia Garrone – e non il compratore (Ferrero aveva ricevuto il club con un’eredità di 65 milioni tra debiti azzerati, soldi per la gestione e fidejussioni), c’è poi il capitolo che riguarda l’immobilismo di Lega Serie A e Federcalcio, tra controlli blandi e interventi di verifica una volta che lo spolpamento della società era in atto, mascherato attraverso la pratica dei books cooking, ovvero l’aggiustamento dei conti per non far risultare perdite superiori a un terzo dei patrimonio. Invece non è mai stata avviata nessuna ispezione contabile esterna, preferendo la tradizionale politica delle deroghe, utile solo nel rimandare un epilogo che sembrava già scritto da quando, nel 2016, Ferrero aveva patteggiato una condanna a 22 mesi per il fallimento della compagnia aerea Livingston. La conclusione è amara. “Da tifoso della squadra blucerchiata – conclude Albisetti – dico che nessuno ci regalerà il salvataggio della Sampdoria, perché dal 2019 nessuno è riuscito a convincere Ferrero a farsi da parte per salvare il prestigio della società. Pecunia docet. Per questo ho sempre detto e ribadito che, obtorto collo, qualcosa sul tavolo deve rimanere anche per il signor Ferrero”. Lo “squattrinato” che tiene in ostaggio una società di Serie A storica, dal valore intangibile altissimo, e che nessuno si è preoccupato di fermare.

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