Una tigre mansueta passeggia su una tastiera di un pianoforte: la sua livrea è composta da pentagrammi e note. È l’immagine grafica scelta per la quarantaduesima edizione del Bologna Festival, iniziativa che, come ricorda l’assessore regionale Mauro Felicori, nasce per volontà della borghesia illuminata del capoluogo emiliano. Il segno grafico della tigre, animale da bestiario esotico, centra perfettamente un programma dedicato in prevalenza alla musica barocca che, fra sacro e profano, si nutriva di fantasie e simboli che si riscontrano anche nell’arte dai dipinti allegorici, ai codici miniati fino alle narrazioni bibliche. Una tigre, si potrebbe dire, che si muove libera nel contesto della sala da concerto e che senza organizzazioni come Bologna Festival sarebbe ingabbiata in qualche triste recesso.
Sempre l’assessore Felicori ha ricordato come in Italia manchi una politica culturale che faccia rinascere l’interesse per un’arte come la musica classica che ci costringe a un ascolto profondo che produce una trasformazione nello spirito e nell’intelletto umano. Non ci sono dibattiti sulla Cultura e si dà per scontato che la tigre musicale debba essere osservata con distante reverenza: quando si arriverà a parlare di musica con lo stesso impegno e preoccupazione con cui si parla di politiche industriali? Eppure la musica è un’industria culturale fra le più belle, può essere vista come realtà produttiva in grado di generare ricchezza interiore ed economica.
Lo conferma Maddalena da Lisca, sovrintendente e direttore artistico del festival, quando sostiene che l’imprenditoria culturale non è un miraggio: Bologna Festival ha un bilancio economico come una normale azienda imprenditoriale. La parte economica deve sostenere la parte culturale: questo è l’ovvio obiettivo del Bologna Festival ma potrebbe essere un paradigma valido anche per le realtà culturali pubbliche.
Attraverso una rete di aziende che finanziano il progetto, non solo con il sostegno economico ma con attenzione riguardo tutte le fasi produttive e artistiche, è possibile una selezione ragionata di una rassegna annuale che porta i migliori talenti e intelligenze musicali internazionali dando lustro alla città che le ospita. Parliamo quest’anno di 72 appuntamenti fra concerti, seminari e laboratori, con nomi come Jordi Savall, che dall’attaccamento alle proprie radici culturali è stato in grado di valorizzare la musica antica della Catalogna portandola sui palchi mondiali più importanti o producendo cataloghi di musica di ampiezza precedentemente inedita. In questo caso declinerà in musica la preghiera dello Stabat Mater, tema ricorrente nelle pagine musicali da secoli. Oppure il concerto di Angela Hewitt, la pianista canadese devota a Bach, per la prima volta in città, che aprirà il suo repertorio sul palco all’amatissimo Domenico Scarlatti e a Mozart. Mozart presente anche nel concerto della storica Academy of St. Martin in the Fields, con il concerto per pianoforte kv 414 e il primo concerto op. 11 di Chopin, eseguito dal coreano Seong-Jin Cho, che nel 2015 ha vinto il premio pianistico dedicato al grande virtuoso e compositore polacco.
Una stagione in cui sembra prevalere la spiritualità matematica del barocco, con proposizioni filologiche come quella della Orchestre du Champes-Elysée, con il classicismo di Haydn e di Beethoven riportati alla timbrica e all’esecuzione dell’epoca in cui componevano e si esibivano. Ci sarà un tour-de-force entusiasmante e originale che metterà in scena l’integrale della musica da camera di Schumann progettata dalla violinista Isabelle Faust: un’intera domenica dalle 12 a mezzanotte, passata in una sala da concerto ad ascoltare la musica dell’intellettuale dell’era romantica. E lo spazio dedicato ai giovani talenti, allo scontro-incontro fra musica antica e contemporanea, con l’obiettivo di mostrare come fra i due linguaggi esistano recuperi e consonanze inimmaginabili.
E infine un’amica del festival, la pianista argentina Martha Argherich, che terrà a battesimo la Peace Orchestra Project, composta da musicisti fra i 18 e 25 anni provenienti da tutto il mondo per testimoniare passione e solidarietà fra i popoli. Un appello che ad alcuni risulterà generico ma che la tragedia delle guerre in corso dimostra che l’obiettivo cogente della Pace può passare attraverso il linguaggio universale della musica e la collaborazione che si esprime nei diversi ruoli dell’orchestra.
Per scoprire le date e l’intero, composito programma si rimanda al sito www.bolognafestival.it