L'invasione russa ha sconvolto le operazioni di Radio Free Europe e ha evidenziato l'importanza della sua missione, il traffico verso i siti di Radio Free Europe ha raggiunto picchi da 70 milioni di persone.
Sembravano tutti destinati alla pensione i simboli della Guerra Fredda dopo la caduta del Muro di Berlino nel 1989. I B-52, il Check-Point Charlie, il Ponte delle Spie sul fiume Havel alla periferia di Berlino. Invece la guerra della Russia in Ucraina ha dato nuova vita a un emblema di quegli anni. Radio Free Europe (Radio Liberty), una rete di notizie originariamente nata come operazione della Cia all’inizio della Guerra Fredda, sta vivendo una rinascita e affronta nuove sfide. La sua storia comincia settanta anni fa in Portogallo. Dove nelle campagne a nord della foce del Tago, viene eretto un centro tecnologico sui terreni di una enorme fattoria quasi 200 ettari: l’Herdade de Nossa Senhora da Glória. È lo spazio più adatto per installare grandi antenne con l’obiettivo di trasmettere, attraverso le onde corte, la propaganda occidentale ai Paesi del “blocco orientale” in accordo con il dittatore António de Oliveira Salazar. Una complessa operazione dove ingegneri portoghesi e americani lavoravano a quegli impianti necessari alle trasmissioni di un’organizzazione di notizie chiamata “Radio Free Europe”. Su Netflix una serie ne romanza un periodo. “Glória” è ambientata nel 1968, un anno decisamente cruciale. Quella stazione radio trasmetteva notizie e messaggi anticomunisti nelle lingue di varie repubbliche sovietiche, ma questa era solo una parte della sua missione iniziale: era soprattutto una copertura della Cia. Un’operazione segreta dell’intelligence Usa che cercava di penetrare la “cortina di ferro” e fomentare il dissenso anticomunista in quella che allora era la Cecoslovacchia, in Polonia, Romania, Bulgaria e Ungheria.
La Cia smise di finanziare Radio Free Europe nel 1971 quando il suo vero scopo venne rivelato. Da allora, Radio Free Europe è finanziata dal Congresso degli Stati Uniti e gode di indipendenza editoriale. L’organizzazione ha ora sede a Praga invece che a Monaco, e sta crescendo, aprendo nuovi uffici questo mese a Riga, in Lettonia, per ospitare gran parte del suo personale che ora è naturalmente focalizzato soprattutto sulla Russia. Negli uffici di Praga, i cancelli alti, gli uomini della security, le telecamere di sicurezza, le bandiere a stelle e strisce, lasciano pochi dubbi ai visitatori pochi dubbi: è un avamposto americano. Questo grande cubo grigio di marmo, che sorge alla sommità della collina che ospita il cimitero ebraico dove è sepolto Franz Kafka, ospita una moderna redazione che raggiunge milioni di persone ogni settimana.
Gli anni delle onde corte sembrano lontani e oggi Radio Free Europe è solo in parte un’emittente radiofonica, sebbene in alcune regioni le onde radio siano ancora per alcuni l’unico modo di accedere alle notizie. La maggior parte del suo pubblico di lingua russa trova i suoi reportage online, soprattutto attraverso le piattaforme dei social media. Secondo l’ufficio per le relazioni esterne di RFE una media di 40 milioni di persone alla settimana seguono i suoi programmi e canali, trasmessi in 27 lingue e 23 Paesi “dove la libertà dei media è limitata o dove una stampa professionale non si è sviluppata completamente”.
L’invasione russa dell’Ucraina ha sconvolto le operazioni di Radio Free Europe e ha evidenziato l’importanza della sua missione, il traffico verso i siti di Radio Free Europe ha raggiunto picchi da 70 milioni di persone. Pochi giorni dopo dell’invasione dell’Ucraina lo scorso anno RFE ha dovuto rapidamente evacuare giornalisti e tecnici da Mosca e trasferirli a Praga. “La sfida che stiamo affrontando ora con l’invasione dell’Ucraina è solo l’ultima in ordine d tempo”, ha raccontato Jamie Fly, presidente e amministratore delegato dell’emittente, durante un incontro con colleghi europei. “Siamo sempre più sotto pressione quando operiamo in queste situazioni, e sempre più spesso veniamo buttati fuori con le buone o con le cattive”. L’Afghanistan dei Talebani, la Bielorussia di Lukashenko e da ultimo l’autoritario Kirghizistan, per citarne alcuni.
Il moltiplicarsi degli ascolti e dei contatti online obbliga gli ingegneri di RFE a una partita a scacchi continua per aggirare la censura e i divieti in Russia e altrove e continui tentativi di hackeraggio. Dall’inizio della guerra in Ucraina gli spettatori di “Current Time”, il principale canale in lingua russa è più che triplicato su Facebook e quadruplicato su YouTube. Naturalmente RFE ha incoraggiato il suo pubblico a utilizzare il VPN per continuare a seguire il suo giornalismo. E mentre la sua copertura della guerra in Ucraina resta un nodo cruciale delle sue offerte, il servizio più distintivo dell’organizzazione restano i suoi programmi specifici per regione trasmessi nella lingua locale, compresi quelli incentrati su aree russe remote come la Cecenia e il Tatarstan.