Un focolaio di malattia da virus di Marburg è stato scoperto in Guinea Equatoriale, come confermato dal Paese africano. Finora si conta un decesso accertato e altri 8 sospetti tra i 25 casi di questa febbre emorragica virale, che appartiene alla “famiglia” di Ebola. In seguito alla scoperta, l’Organizzazione mondiale della Sanità ha convocato una riunione urgente per decidere come affrontare e limitare la possibile diffusione del virus, per il quale non esistono farmaci né vaccini appositi ed efficaci.
Le autorità sanitarie della Guinea Equatoriale hanno fatto analizzare i campioni nel laboratorio di riferimento dell’Institut Pasteur in Senegal, scoprendo l’insorgere della malattia che provoca febbre, affaticamento, vomito e diarrea con tracce di sangue con un tasso di letalità che arriva fino all’88%. Nel distretto interessato dal focolaio, quello di Kie-Ntem, che confina con il Camerun e il Gabon, l’Oms ha inviato esperti di epidemiologia e alcune équipe specializzate nella gestione e prevenzione delle infezioni. E sta inoltre provvedendo alla spedizione di laboratori mobili per l’analisi di campioni e di kit protettivi per 500 operatori sanitari.
Il ministero della Salute ha dichiarato un allarme sanitario anche nel distretto di Mongomo e messo in quarantena 4.300 persone. Quello scoperto in Guinea Equatoriale è uno dei più grandi focolai degli ultimi dieci anni, superando i 18 casi rintracciati in Uganda nel 2012. La più grande epidemia si è invece verificata in Angola tra il 2004 e il 2005 quando furono accertati 252 casi che provocarono 227 vittime. “Il Marburg è altamente infettivo. Grazie all’azione rapida e decisiva delle autorità della Guinea Equatoriale nel confermare la malattia, la risposta all’emergenza può entrare rapidamente a pieno regime, in modo da salvare vite umane e fermare il virus il prima possibile”, ha detto il direttore regionale dell’Oms per l’Africa, Matshidiso Moeti.
Il tasso di letalità, come spiega l’Istituto superiore della sanità, si aggira attorno al 50%, variando in un range che va dal 24 al 88 per cento in base alla gestione terapeutica del caso e dal ceppo virale. Nei casi letali il decesso avviene tra gli 8 e i 16 giorni dall’esordio ed è attribuibile alla disidratazione, emorragie interne e insufficienza multiorgano. I focolai si sviluppano solitamente per la frequentazioni di ambienti come caverne e miniere, popolati da pipistrelli.
La trasmissione interumana avviene tramite il contatto diretto – pelle lesa o mucose di occhi, naso e bocca – con sangue o altri fluidi corporei (urina, saliva, feci, vomito, sperma) di un soggetto infetto o tramite contatto indiretto con superfici o oggetti contaminati come vestiti, lenzuola o attrezzature mediche. Attualmente non sono disponibili trattamenti antivirali specifici né vaccini per la prevenzione di malattia da virus di Marbug e il trattamento consiste in una terapia di supporto con mantenimento dell’idratazione e degli elettroliti, trasfusioni ematiche e ossigenoterapia.