Valerio Del Grosso e Paolo Pirino, condannati in primo grado a 27 e 25 anni di carcere, hanno chiesto e ottenuto il rinvio rifiutandosi di salire sulla camionetta della Polizia Penitenziaria. Nelle prossime udienze arriveranno in tribunale con un'ambulanza. La rabbia dei genitori: "È una sofferenza e qui si parla di cavilli"
“Siamo claustrofobici”. Con questa motivazione Valerio Del Grosso e Paolo Pirino, condannati in primo grado a 27 e 25 anni di carcere per l’omicidio di Luca Sacchi, si sono rifiutati di salire a bordo della camionetta della Polizia Penitenziaria. E l’udienza del processo è saltata perché la Corte d’Assise d’Appello di Roma, su richieste delle difese, ha deciso di aggiornare il procedimento. Una iniziativa che ha, però, scatenato la reazione del padre di Sacchi, Alfonso: ” Quando hanno ucciso mio figlio quei due erano in una Smart che è molto più piccola di un camionetta per il trasporto detenuti ora soffrono di claustrofobia, ma perché all’epoca viaggiavano in una Smart in due?”.
“Per un genitore è sempre un’agonia essere qui – ha detto il papà del persona trainer ucciso con un colpo di pistola alla testa – È una sofferenza e qui si parla di cavilli: non posso non pensare che quando hanno ucciso mio figlio quei due erano in una Smart che è molto più piccola di un camionetta”. I giudici hanno fissato una nuova udienza al prossimo 23 febbraio dopo avere preso atto che i due imputati, uno dei quali (Del Grosso) reo confesso, hanno deciso di non salire a bordo del mezzo per raggiungere piazzale Clodio dal carcere di Rebibbia temendo una crisi claustrofobica. Per la prossima udienza i due arriveranno nella cittadella giudiziaria a bordo di una ambulanza.
La madre di Sacchi, Tina Galati, lasciando il tribunale, ha aggiunto: “Io soffro di attacchi di panico, da quando è morto mio figlio soffro di tachicardia e non sento più da un orecchio, eppure sono qui perché sono la mamma. Ma non si può allungare sempre questa tortura, non ce la faccio più. Voglio che finisca questo processo per poter stare sola con il mio dolore”. Oltre ai due nel procedimento sono imputati anche Marcello De Propris, condannato in primo grado a 25 anni, per aver fornito loro la pistola, e la fidanzata della vittima, Anastasiya Kylemnyk, a cui sono stati inflitti 3 anni per violazione della legge sugli stupefacenti.
L’omicidio di Sacchi – per quanto ricostruito finora – si è consumato nell’ambito di una trattativa intercorsa tra Luca Princi, amico di Sacchi e condannato a 3 anni in via definitiva per violazione della legge sulla droga, e un gruppo di pusher del quartiere San Basilio. Princi avrebbe infatti messo nello zainetto che quella notte Kylemnyk aveva con sé i 70mila euro necessari all’acquisto di droga. Denaro e sostanza stupefacente mai trovate. Anche per questo la pubblico ministero Giulia Guccione nel corso della requisitoria nel processo di primo grado ha affermato di non sapere perché Sacchi è stato ucciso. “Il motivo a me ad oggi sfugge. Lo zaino era nelle mani di Pirino. Il grilletto è stato premuto da Valerio Del Grosso con gratuita violenza… non c’era motivo”, affermò in aula.