Due arresti e un filo rosso che porta alla Locride. È stato risolto, secondo la tesi degli inquirenti, l’omicidio di Walter Albi, l’architetto assassinato l’1 agosto 2022 in un bar di Pescara mentre era in compagnia dell’ex calciatore Luca Cavallito. La procura di Pescara ha chiesto e ottenuto l’arresto di Natale Ursino, calabrese residente nel Teramano, e di Mimmo Nobile, pluripregiudicato pescarese. Il primo sarebbe il mandante, mentre Nobile è ritenuto il killer entrato in azione per freddare Albi e Cavallito. Una mattanza portata a segno solo a metà. Dietro l’agguato, stando all’inchiesta della Squadra Mobile di Pescara, ci sarebbe una storia di affari e debiti non saldati che si intreccia con la volontà di Ursino di affermare il proprio nome nel territorio abruzzese.
Le indagini, svolte nell’arco di circa quattro mesi, si sono concluse grazie ad una complessa ricostruzione di dati informatici, telefonici e di tabulati. Ma anche per le dichiarazioni rilasciate dal ferito. “Il movente – hanno spiegato gli investigatori – lascia trasparire un quadro articolato, integrato da ingenti affari economici illeciti, prestiti di denaro non onorati, impegni non mantenuti e operazioni transoceaniche”, il tutto sullo sfondo di un quadro mafioso. L’aspetto ritenuto particolarmente grave, e per il quale dell’inchiesta è stata informata anche la Dda, è il legame negli affari tra la ‘ndrangheta e un certo ambiente pescarese.
L’impianto accusatorio ruota attorno a soldi che Ursino, ritenuto legato alla ‘ndrina Ursino di Locri, avrebbe prestato ad Albi: un finanziamento per alcuni affari in realtà mai partiti, comprese delle case galleggianti sul lungomare. Il presunto mandante avrebbe conosciuto in carcere, molti anni fa, un esponente della Banda Battestini, nota gang criminale di Pescara attiva negli Anni ottanta, che lo avrebbe messo in contatto con Nobile per ampliare i propri giri in Abruzzo. Armi, droga, ma non solo.
Per questo Nobile fa incontrare Ursino e Cavallito, che a sua volta presenta il calabrese ad Albi. L’architetto non naviga in buone acque a causa di un investimento andato malissimo che lo costringe a una perdita mensile di circa 5mila euro. Cifra che lo ha portato a indebitarsi. Un “rosso” che si amplia e porta Ursino a prestare una cifra vicina ai 10mila euro. Albi però non è in grado di restituire la somma. Per questo è disposto a svolgere alcuni lavori per lui e a coinvolgerlo in un appalto per alcune case galleggianti a Pescara. Promesse mai concretizzatesi che fanno maturare l’omicidio, sempre stando all’impianto accusatorio. Tra le altre cose, Albi, in possesso di una patente nautica, avrebbe dovuto occuparsi di un viaggio transoceanico dal Sud America con un carico, si presume, di cocaina. Incarico per il quale sarebbe stato pagato profumatamente, ma che non avrebbe mai sostenuto.
È per questo che Ursino ordina a Nobile di entrare in azione: del resto è lui ad avergli presentato Albi e Cavallito ed è lui a dover “risolvere” il problema. L’agguato avrebbe dovuto consumarsi già il 27 luglio ma l’appuntamento salta. Quattro giorni più tardi, i due vengono nuovamente attirati con una scusa nel bar del Parco. Sono seduti al tavolo e attendono l’arrivo di qualcuno. L’uomo che entra nel dehor e apre il fuoco – secondo la procura – è Nobile. Esplode quattro colpi di pistola uccidendo Albi ma Cavallito sopravvive all’agguato. Il pregiudicato fa fuoco con un’arma rubata a una guardia giurata nel corso di una rapina all’Agroalimentare di Cepagatti l’11 luglio, per la quale lo stesso Nobile è indagato. A Ursino come presunto mandante della trappola gli inquirenti sono giunti leggendo i messaggi scambiati fra i tre. “Sì, sto arrivando”, avrebbe risposto Ursino il quale, però, era in realtà molto lontano da lì. Al suo posto arrivò il killer.