di Gionata Borin
I dati sull’affluenza alle urne di queste elezioni regionali parlano chiaro: il primo partito resta quello dell’astensionismo; segno di una continua sfiducia dei cittadini nei confronti dei partiti, della politica in generale e delle Istituzioni Regionali in particolare, viste (in parte a ragione) come dei piccoli feudi centralisti, dei veri e propri carrozzoni di sperpero e malagestione di denaro pubblico.
Il centrodestra conquista il Lazio e si riconferma alla guida della Lombardia: nonostante i disastri della gestione Covid di Fontana e Gallera, disvelatori del falso mito dell’eccellenza della sanità lombarda. Nonostante un rodato e consolidato sistema politico-affaristico più che trentennale, volto a favorire l’interesse privato a discapito dei servizi pubblici. Nonostante i casi di corruzione politica e d’infiltrazioni e penetrazioni mafiose.
Due vittorie elettorali, da parte della destra, dovute alla base e a quello zoccolo duro fidelizzato per ragioni ideologiche e questioni d’interesse, più che per merito della propria classe dirigente. Questo rispetto ad un elettorato di area centrosinistra sempre più deluso e diviso tra le sue varie componenti.
Tralascio di commentare l’esito delle elezioni in Lazio, dove, a prescindere da quali siano le effettive cause della sconfitta, è un dato oggettivo che il centrosinistra si è di fatto lasciato imporre da Carlo Calenda la candidatura della classica figura impresentabile come Alessio D’Amato: reato di truffa aggravata prescritto in sede penale e una condanna per gli stessi fatti, da parte della Corte dei Conti, a risarcire 275mila euro per danno erariale.
In Lombardia, sono dell’idea che gli elettori abbiano invece perso l’occasione per voltare pagina: preferendo chi, come Attilio Fontana, deteneva un conto in Svizzera regolarizzato con lo scudo fiscale, e un’oggettiva situazione di conflitto d’interesse nella fornitura dei camici in piena pandemia; rispetto a chi, come Pierfrancesco Majorino, ha cercato di valorizzare i beni confiscati alle mafie, e avrebbe portato l’illustre ed integerrimo ex magistrato di Mani Pulite Gherardo Colombo ai vertici regionali, col compito di occuparsi di cultura della legalità, di trasparenza e rispetto delle regole.
Segno tangibile di quanto, su questi temi, ci sia ancora molto da sensibilizzare e rendere consapevole non solo la politica, ma anche i cittadini e la società civile.