Il messaggio è chiaro: il governo non gradirebbe un'eventuale condanna del fondatore di Forza Italia. E Meloni, pur essendo in carica da ottobre, ha scelto di recapitarlo poche ore prima della decisione. Un caso senza precedenti di ingerenza sul potere giudiziario, seppure esercitata in modo del tutto legittimo. Scorrendo le agenzie di stampa, però, è come se non fosse successo nulla: nessun politico dell'opposizione commenta la vicenda o solleva domande
La notizia politicamente è una bomba: alla vigilia della sentenza di primo grado, il governo di centrodestra revoca la costituzione di parte civile nel processo Ruby-ter in corso a Milano, rinunciando a chiedere a Silvio Berlusconi dieci milioni di euro di danno d’immagine per il “discredito planetario” arrecato all’Italia. Giorgia Meloni, tramite una nota di palazzo Chigi, accusa l’esecutivo Gentiloni, che nel 2017 era entrato nel procedimento, di aver fatto una scelta “politica”, di cui è necessaria una “rivalutazione” da parte del nuovo governo, “espressione diretta della volontà popolare“. Il messaggio è chiaro: il governo non gradirebbe un’eventuale condanna del fondatore di Forza Italia. E Meloni, pur essendo in carica da ottobre, ha scelto di recapitarlo poche ore prima della decisione. Un caso senza precedenti di ingerenza sul potere giudiziario, seppure esercitata in modo del tutto legittimo: appellandosi al popolo, il centrodestra sceglie di schierarsi dalla parte del suo azionista (imputato di gravi reati) e contro i magistrati, rinnegando peraltro il lavoro svolto fino a ieri dall’avvocata dello Stato Gabriella Vanadia, che ha seguito le udienze e si è associata all’accusa nelle conclusioni, parlando di “lesione della credibilità e dell’immagine dell’amministrazione”. E lo fa poche ore dopo che Berlusconi aveva (di nuovo) messo in imbarazzo la maggioranza con un attacco pubblico al presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
Scorrendo le agenzie di stampa, però, è come se non fosse successo nulla. Nessun politico dell’opposizione commenta la vicenda, solleva domande o critica l’iniziativa. Gli esponenti del Pd sono ancora tutti impegnati a commentare le elezioni regionali, addossando agli altri le colpe della disfatta, o a posizionarsi in vista delle primarie. Anche dal Movimento 5 stelle, un partito che tra le sue stelle polari ha la difesa della magistratura, silenzio quasi assoluto: parla solo una deputata, Anna Laura Orrico, che sui social accusa Meloni di “pugno duro con i poveri e aiutini ai potenti”. Tace anche l’Associazione nazionale magistrati. Insomma, i tempi delle manifestazioni di piazza contro le leggi ad personam e gli attacchi della destra ai giudici sembrano lontani secoli. Gli unici loquaci sul caso sono i due capigruppo parlamentari di Forza Italia: “Un atto di buonsenso che ci soddisfa e che rimedia ad una scelta discutibile fatta da un governo precedente. Proseguire su una strada oppositiva sarebbe stato incomprensibile”, commenta Alessandro Cattaneo. “Siamo soddisfatti e felici”, festeggia invece Licia Ronzulli: “Mi sarei stupita del contrario, cioè che il governo fosse parte civile in un processo in cui c’è una parte del governo”. La giustizia come una questione privata. E a quasi tutti va bene così.