Politica

“Che voto a fare? Tanto fanno quello che gli pare”. L’ho sentito al mercato e capisco il perché

di Pietro Francesco Maria De Sarlo

Poco prima del voto delle ultime regionali uno degli argomenti in cima alle discussioni politiche è stata l’Autonomia Differenziata. Il presupposto della riforma, almeno quello ufficiale perché quello reale è il più becero secessionismo strisciante, è che le Regioni essendo più vicine ai cittadini ne conoscono meglio le esigenze e i bisogni.

Accade però che alle elezioni regionali di quelle che sono tra le regioni più importanti di Italia, Lombardia e Lazio, si presentino rispettivamente al voto il 41,68% e il 37,2%. Mi pare quindi che i cittadini tutta questa fiducia nelle amministrazioni locali e quindi sulla importanza di scegliere chi debba guidarle non ce l’abbiano, o per lo meno che assegnino maggiore importanza alle politiche dove in Lombardia votò il 70,9% e nel Lazio il 64,34%.

Magari qualche riflessione anche su questa ultima scellerata riforma, che segue tutte quelle nate e pasciute negli ultimi 30 anni come la svendita del patrimonio pubblico e la cancellazione di diritti e welfare e che hanno rovinato il Paese, andrebbe fatta perché è uno di quei temi che genera sfiducia, almeno in chi conosce i contenuti di questa riforma, nei politici e nel sistema politico che sembra votato più a peggiorare le cose che a migliorarle.

Mi è capitato di orecchiare in uno dei mercati rionali più popolari di Roma, il sabato delle elezioni, frammenti di conversazione il cui succo era: non vado a votare perché poi tanto fanno quello che gli pare.

E anche qui, a partire dal Colle, il disinteresse per quello che pensano i cittadini è sconcertante. Perdonate se ripeto ancora una volta che tutto potevano pensare i cittadini che nel 2018 votarono per il M5S tranne che trovarsi Mario Draghi al governo che è l’emblema, del peggio per alcuni e del meglio per altri, di quello che è successo nel governo dell’economia negli ultimi 30 anni in Italia. Chi votò per il M5S pensava, a torto o ragione, che Mario Draghi fosse con il suo carico di responsabilità alla guida del Tesoro e della Bce il peggio delle di quello che potevano esprimere le burocrazie italiane ed europee.

Certamente il Pd in qualche modo ha retto alle ultime Regionali, pur avendo perso quasi 200.000 voti rispetto alle politiche d’autunno e avendo raggranellato il 7% circa dei consensi degli aventi diritto, perché in qualche modo gli apparati riescono comunque a fare da diga garantendo interessi spiccioli di aree di elettori.

Ma sono e saranno quegli stessi apparati che impediranno ogni rifondazione credibile del Pd in specie se si affideranno al renziano Bonaccini, ascaro di tutte le politiche fatte in passato dal Pd in chiave anti sociale e di destra liberista. Anche qui se si è elettori di quel partito un qualche ‘sentiment’ di sinistra si dovrebbe avere e dopo un decennio in cui il Pd si è peritato con pervicacia a cancellare tutto o quasi quello che in economia è di sinistra rafforza il ‘tanto poi fanno quello che gli pare’.

E fanno anche quello che gli pare sull’invio di armi in Ucraina e sull’appiattimento alle direttive americane sulla guerra, e certamente la sottolineatura di Benigni a Sanremo sul passaggio della Costituzione in cui l’Italia ‘ripudia la guerra’ davanti ad un estasiato Mattarella qualche disorientamento lo provoca.

E nel ‘fanno quello che gli pare’ c’è anche il costante richiamo a ‘lo chiede l’Europa’, dalla farine di grillo alle auto elettrice al Mes e alla approvazione delle manovre economiche. Non è proprio così ma così pare all’elettorato, ossia che ci sia una cessione di sovranità senza alcun contropotere italiano sulle burocrazie europee per cui: tanto fanno quello che gli pare.

Però forse la spiegazione vera la dà Calenda: sbagliano gli elettori. Non tanto perché rifiutano di andare a votare ma perché non capiscono la immensa grandezza sua e di Renzi. Però il sospetto è che Calenda esprima solo quello che si pensa nelle segrete stanze e in tutte le istituzioni che contano.

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