L’Aula della Camera ha approvato il decreto legge Ong con 187 voti a favore, 139 contrari e 3 astenuti. Il testo che sancisce una stretta sugli interventi delle organizzazioni non governative nel Mediterraneo, ora dovrà passare all’esame del Senato. Ieri Montecitorio aveva approvato la fiducia e 65 parlamentari tedeschi avevano scritto una lettera ai colleghi italiani per chiedere modifiche al testo: “Siamo preoccupati”, hanno scritto.

Oggi a protestare sono state le stesse organizzazioni non governative. “Dai primi di gennaio 2023, la ricerca e il soccorso non governativi sono stati illegalmente limitati da un decreto del governo italiano”, ha dichiarato la legale Mirka Schafer della ong tedesca Sos Humanity, che gestisce la nave Humanity 1. “Oggi il Parlamento italiano ha votato per trasformare il decreto in legge. Le nuove norme e l’assegnazione di porti lontani per i soccorsi dalle difficoltà in mare stanno ostacolando le navi di soccorso nelle loro operazioni di salvataggio, di conseguenza, ancora più persone moriranno sulla rotta migratoria più letale del mondo. La nuova legge viola il diritto internazionale ed europeo. Chiediamo quindi alla Commissione europea, in qualità di custode della legge, di agire contro queste violazioni della legge da parte di uno Stato membro dell’Ue”. Ha protestato anche Medici senza frontiere: “Esiste un problema: non c’è più da Mare Nostrum un sistema di ricerca e soccorso in mare proattivo e adeguato”, ha dichiarato Juan Matias Gil. “Il decreto del governo non interviene su questa lacuna, ma ha come obiettivo limitare la capacità di soccorso delle navi umanitarie. A rimetterci non sono tanto le ong, ma le persone che affrontano la rotta migratoria più letale al mondo. E l’ultima tragedia di oggi ne è tristemente la prova. Serve quanto prima un sistema che assicuri alle persone canali legali e sicuri verso l’Europa e un sistema di soccorso europeo per evitare inaccettabili morti e sofferenze. Nel frattempo occorre non ostacolare l’azione di chi salva vite in mare”. Infine, è intervenuta anche Rossella Miccio, presidente di Emergency: “Le ong sono in mare per fare l’unica cosa sensata: salvare vite. Lo facciamo supplendo alla mancata responsabilità degli Stati, che ha trasformato il Mediterraneo in un cimitero. Le morti in mare sono la diretta conseguenza di scelte politiche”.

Intanto c’è stato l’ennesimo naufragio al largo delle coste della Libia. Un barcone con a bordo circa 80 persone è naufragato nelle acque libiche poco dopo essere partito, ieri, da Qasr Al-Akhyar, una località a circa 75 chilometri dalla capitale, Tripoli. L’obiettivo, come sempre, era l’Europa. Finora, stando a quanto riportato dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni, sono stati recuperati 11 corpi dalla Mezzaluna Rossa libica e dalla polizia locale, di cui dieci uomini e una donna. Ma il tragico bilancio è destinato a salire. L’agenzia, che fa parte delle Nazioni Unite, ha anche affermato che i “sette sopravvissuti sono tornati sulle coste libiche e sono attualmente in ospedale, in condizioni estremamente complicate”. In totale, quindi, sono ancora 62 i dispersi: sono “presumibilmente morti”, secondo l’Oim. Proprio ieri mattina la nave Ocean Viking ha soccorso 84 persone, tra cui 58 minori non accompagnati, da un gommone sovraffollato in acque internazionali al largo della Libia. “Molti sopravvissuti soffrono di disidratazione e ipotermia“, ha riferito l’Ong marsigliese. “Le persone continuano a partire dalla Libia perché la situazione è così instabile, le violenze sono così forti che decidono di farlo a prescindere dalla presenza o meno di salvataggi in mare”, spiega Di Giacomo. “Purtroppo – conclude il portavoce dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni – continuiamo a vedere questa dinamica per cui si scambia spesso la presenza di navi in mare come un pull factor, mentre in realtà esiste solo un fattore di spinta: le violenze di cui i migranti sono ancora vittime in Libia. Finché non si farà di più per salvare vite purtroppo questi naufragi continueranno”.

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