Niente proroga a Dazn e Sky per i diritti tv del campionato: se la Serie A vorrà continuare a trasmettere le sue partite sulle due emittenti, dovrà farlo tramite una nuova gara, e un nuovo contratto. Alla fine il tira e molla sull’ennesima proposta di Lotito in Parlamento si è concluso con un nulla di fatto: l’emendamento al decreto Milleproroghe si è arenato tra i dubbi del Quirinale e soprattutto del governo (cioè del ministro Abodi), e alla fine è stato cassato.
La proposta prevedeva essenzialmente di modificare la Legge Melandri che regola la vendita dei diritti tv, in modo da poter cambiare la durata del contratto dagli attuali tre a cinque anni. Non solo per il futuro, però, come già chiesto e ottenuto per la vendita dei diritti all’estero, ma a livello nazionale anche retroattivamente, per i contratti già in essere. Gli attuali accordi con Dazn e Sky scadono alla fine della prossima stagione (2023-2024), con l’emendamento Lotito avrebbero potuto essere allungati alle stesse condizioni per altri due campionati (fino al giugno 2026). Sostanzialmente un paracadute, un piano B nel caso in cui al prossimo bando non arrivino offerte all’altezza delle aspettative della Lega.
L’attivissimo Lotito in Senato sta interpretando con spregiudicatezza il ruolo di lobbista del pallone. Dopo essere riuscito a infilare in manovra il “salva-Serie A” (dove aveva già proposto una prima volta la proroga), adesso si dedica ai diritti tv, vero tema caldo dei prossimi mesi per il calcio italiano, che su questa partita si gioca letteralmente la sopravvivenza. Ma si è dovuto scontrare col governo, che dopo i dubbi filtrati a mezzo stampa dal Quirinale è arrivato addirittura a presentare un contro-emendamento soppressivo per cancellare la proposta che era già stata approvata in Commissione.
Tanta contrarietà all’interno della stessa maggioranza di cui Lotito (eletto con Forza Italia) fa parte, potrebbe apparire sorprendente. In fondo, l’emendamento aveva zero oneri per lo Stato ed era chiaramente una proroga, quindi non si può dire nemmeno non fosse pertinente al provvedimento (semmai si può discutere sulla sua liceità ai termini degli obblighi di concorrenza sul mercato). Per di più è una battaglia anche abbastanza inutile, perché ovviamente la proroga non sarebbe stata automatica, doveva comunque passare da un’indagine di mercato per accertare la mancanza di offerte migliorative, e poi ottenere il consenso di Dazn e Sky, che però a quel punto, dopo un bando andato a vuoto e in posizione di forza, difficilmente potrebbero avere interesse a rinnovare un vecchio contratto per loro sfavorevole, perché troppo oneroso (per Dazn) o poco soddisfacente (per Sky).
Il lodo-Lotito, insomma, aveva fatto i conti senza l’oste, ma pur bocciato ci dice comunque due cose. La prima è che nei palazzi del potere prosegue lo scontro tra Lotito, che in Parlamento si atteggia a ministro del pallone, e Andrea Abodi, che ministro lo sarebbe e non ama vedersi continuamente scavalcato dalle iniziative personali del senatore-patron. Uno stato di conflittualità che, comunque finiscano le singole battaglie, non fa bene al sistema. Il secondo dato di fatto è la grande preoccupazione in vista del prossimo bando dei diritti tv. L’esperienza di Dazn è stata tutt’altro che entusiasmante, il mercato è saturo e senza l’arrivo di nuovi player (si parla tanto di Amazon, ma se ne parlava pure tre anni fa) c’è il rischio concreto di un’asta al ribasso: nel 2019 l’amministratore delegato della Lega calcio, Luigi De Siervo, riuscì a tirare fuori dal cilindro il coniglio di Tim, partner strategico dell’offerta faraonica di Dazn, ora proverà a ripetere la magia ma non è detto gli riesca un’altra volta. La Serie A teme seriamente di fermarsi bel al di sotto del famoso miliardo a stagione che manda avanti il carrozzone.
Così Lotito (e con lui più di un presidente) ha pensato come ultima spiaggia di prolungare l’attuale contratto, in attesa di tempi migliori, e infatti l’emendamento era stato salutato con favore dal presidente della Lega, Lorenzo Casini (la cui vicinanza a Lotito non è mistero), ma anche da Urbano Cairo. Senza una modifica normativa, però, non si può fare e il governo non ha voluto scorciatoie: al massimo una riforma della legge sui diritti tv potrebbe rientrare in un provvedimento di sistema a cui lavora il ministro Abodi, ma difficilmente sarà pronto in tempo per essere sfruttato subito. Il prossimo bando per la Serie A sarà un salto nel vuoto. Senza nemmeno il paracadute.
Twitter: @lVendemiale