L'annuncio del coordinamento dei Comitati di redazione del gruppo di proprietà di John Elkann al termine di un incontro con l'amministratore delegato Maurizio Scanavino. L'ad ha ammesso che l'azienda è pronta "a valutare offerte in base a quanto e chi". Pronte "iniziative di protesta" dei giornalisti. L'editoriale replica ai Cdr: "Inutile allarmismo"
Gedi è pronta a vendere i suoi quotidiani, compresi la Repubblica e La Stampa. È quanto sostiene il coordinamento dei Comitati di redazione del gruppo di proprietà di John Elkann al termine di un incontro con l’amministratore delegato Maurizio Scanavino annunciando: “Siamo tutti in vendita”. Anche i pezzi pregiati dell’informazione di Gedi, quindi, sono sul mercato. “Ieri, a distanza di soli due mesi da quando l’amministratore delegato del Gruppo Gedi, Maurizio Scanavino, aveva sottolineato come l’assetto dei giornali del gruppo, dai locali ai nazionali, rappresentasse il ‘perimetro di riferimento dell’azienda’, è stato comunicato che si valutano proposte di vendita di singole testate o gruppi di esse”, spiegano i Cdr dopo l’incontro con l’azienda che era stato richiesto dopo le voci di trattative, non smentite, per l’acquisizione delle storiche testate del Nordest – il Mattino di Padova, La Nuova di Venezia, la Tribuna di Treviso, il Corriere delle Alpi, Il Messaggero Veneto e Il Piccolo – più la Gazzetta di Mantova.
Scanavino, come riporta il comunicato del coordinamento dei Cdr, ha negato trattative in corso, ma ha ammesso che l’azienda è pronta “a valutare offerte in base a quanto e chi”. Un “principio”, sottolinea il coordinamento del sindacato interno di Gedi, che “può essere esteso anche a La Stampa, la Repubblica, Il Secolo XIX, la Provincia Pavese, la Sentinella del Canavese, le radio, sulla cui possibile vendita l’amministratore delegato non si è espresso”. L’amministratore delegato, come si legge nel comunicato, ha risposto: “Mi rifiuto di parlare di perimetro”. Insomma, puntualizzano i sindacalisti: “Il perimetro non esiste più, di fatto”. Al duro comunicato delle rappresentanze dei giornalisti è seguita una replica dell’azienda che parla di “interpretazione capziosa” delle risposte e sostiene: “Non siamo ‘tutti in vendita’”, confermando lo scontro in atto tra le varie funzioni aziendali già dalla presentazione della riorganizzazione del lavoro.
Annunciando “iniziative di protesta”, i Cdr ripotano che il “repentino cambio di strategia da dicembre a febbraio” è stato “imputato ai dati di chiusura di bilancio” e l’azienda “ha affermato di voler proseguire nel percorso di potenziamento dell’informazione digitale e dei contenuti di intrattenimento, avviato negli ultimi anni con tutte le testate”. Ma si chiedono: “È lecito domandarsi, fino a quando?”. Quindi l’attacco a Gedi: “La logica del vantaggio economico si è rapidamente sostituita a quella dell’interesse per i territori, il presidio informativo di questi, il valore sociale dell’informazione per la quale tutti i giornalisti lavorano quotidianamente anche affrontando da tempo sfide e incognite di una non facile transizione digitale – scrivono – Non possiamo accettare che tutto l’impegno profuso in questi anni di lavoro sia oggi messo sul mercato con tanta leggerezza. Stupisce e ferisce che la storia delle testate e il loro rapporto con la cronaca, la gente, le imprese sia interessante solo fino a quando non arriva l’offerta giusta per venderlo”.
“Affermazioni come quelle contenute nel comunicato pubblicato sono inutilmente allarmiste, contrarie alla verità e ingenerose – continua l’editore – rispetto ai numerosi progetti innovativi realizzati negli ultimi anni, in tutte le aree del Gruppo, che hanno sempre al centro la qualità del lavoro giornalistico e la professionalità di chi scrive per le nostre testate”. E assicura “la prosecuzione della sua strategia di sviluppo, volta a rafforzare il Gruppo attraverso iniziative ambiziose e lungimiranti”.